TE LO DO IO IL “QUID”! IL BANANA PAGATORE CONVOCA PER IL 16 NOVEMBRE IL CONSIGLIO NAZIONALE PDL PER ANTICIPARE LA RESA DEI CONTI CON ALFANO


Ugo Magri per "La Stampa"

Berlusconi ha apposto la sua firma sotto un foglio, che gli ha allungato il fido Verdini, dove convoca a Roma il Consiglio nazionale del partito. Si terrà non più l'8 dicembre, in contemporanea con le primarie del Pd, ma molto prima, cioè tra 9 giorni esatti, il 16 di novembre. Nel foglio di convocazione si specifica che l'adunata servirà ad ammainare la bandiera del Pdl e a issare in sua vece quella di Forza Italia. Detta così, sembrerebbe quasi un adempimento legale, un obbligo burocratico imposto dal cambio di nome. E invece si tratta, politicamente parlando, di un serio azzardo del Cavaliere.

SILVIO BERLUSCONI E ANGELINO ALFANO

Perché il gioco delle date colloca questa kermesse proprio a ridosso di due appuntamenti parlamentari molto speciali: la discussione in Senato della manovra economica (legge di stabilità) e soprattutto il voto a Palazzo Madama sulla decadenza del Cavaliere, fissato per il 27 del mese nonostante le battaglie di Schifani per piegare il presidente Grasso. Impossibile che di larghe intese non se ne parli.

Anzi, tutto fa immaginare che il raduno chiarirà una volta per tutte la posizione del partito rispetto al governo: continuerà a sostenerlo? Tenterà di farlo cadere? La convocazione del Gran Consiglio berlusconiano avrà l'effetto di mettere un termine al balletto crisi-non crisi. E visto che, su 800 consiglieri, oltre 600 hanno sottoscritto le posizioni «lealiste», la convocazione suona come un ultimatum quasi provocatorio per Alfano e per gli altri«innovatori», come amano definirsi: se si arriverà alla conta, l'esito sembra scontato.

alfano berlusconi adn x

Per la cronaca, il Cavaliere è giunto alla sua decisione dopo un pranzo con i più determinati tra i supporter. Intorno al desco c'erano Verdini, Bondi, il capo dei «lealisti» Fitto. Poi si sono aggiunti Matteoli e Gasparri. Sul finire è piombato pure il senatore Minzolini, e insomma non c'è da stupirsi se la firma del padrone di casa non si sia fatta desiderare.

Paradossalmente, i più cauti sono stati proprio i «super-falchi», che forse troppi voltafaccia hanno subito da parte del Capo. Prima di fargli sottoscrivere la convocazione, più volte e solennemente Verdini ha chiesto a Berlusconi: «Sei proprio sicuro? Non è che magari cambi idea? Pensaci bene, in quanto poi sarà impossibile ritornare indietro...».

ALFANO BERLUSCONI GIOVANARDI

Subito sono circolate voci di scissione inevitabile, di reazioni furenti nel campo alfaniano. Si è sostenuto che difficilmente le colombe saranno talmente ingenue da presentarsi a un consesso dove gli avversari le attendono con appetito. Tra le ipotesi, in effetti, c'è pure quella che l'appuntamento venga disertato. Però prudenza insegna che con Berlusconi non si può mai sapere.

Tanto nel suo accampamento quanto in quello avversario i più avveduti sostenevano a sera che l'addio (se di addio alla fine si tratterà) sarà di certo un «long goodbye», un tormentato congedo. In nove giorni possono starci ancora infinite capriole, e magari già oggi riprenderanno i contatti tra Silvio e Angelino che ieri si sono sentiti 30 secondi, il tempo di informare il vice-premier della determinazione assunta, e stop.

SCHIFANI E AZZOLLINI
LA CONDANNA DI BERLUSCONI PELLEGRINAGGIO A PALAZZO GRAZIOLI RENATO SCHIFANI

La linea del Piave su cui si attesta Alfano si chiama «stabilità». Su tutto accetta di negoziare, tranne che sulla tenuta del governo. Una trentina di senatori sono pronti a fare muro in difesa di Letta e delle larghe intese. Una volta scartata la crisi con un atto solenne del partito, non ci vorrà molto a intendersi (questo dicono i suoi) sulle poltrone di partito. Resta in campo l'ipotesi dei due coordinatori, uno scelto da Alfano e l'altro dal Cavaliere, per evitare scherzetti reciproci. Oggi potrebbe essere il giorno buono per conoscere la mozione degli «innovatori», elaborata a più mani da Quagliariello, da Sacconi, da Formigoni e dallo stesso Alfano. Statuirà appunto che il governo non si tocca, che nel centrodestra serve democrazia, e che il leader deve restare Silvio. Proprio così. Col risultato paradossale che, se scissione alla fine sarà, verrà celebrata proprio nel nome del Cavaliere.

AUGUSTO MINZOLINI
MINZOLINI QUAGLIARIELLO