TOGLITI I GOOGLE GLASS – DOMANI L’EUROPARLAMENTO DOVREBBE APPROVARE UNA MOZIONE CONTRO LO STRAPOTERE PUBBLICITARIO SUL WEB, MA RENZIE È SCHIERATO CON IL GIGANTE USA – LO SCARSO IMPEGNO DELL’ITALIA COME PRESIDENTE DI TURNO

Il leader Spd Martin Schulz definisce lo strapotere di Google “non consono alla democrazia”. In questi mesi, Renzi non ha fatto nulla per mettere all’ordine del giorno le tre questioni poste dal caso Google e dagli altri giganti del web: il rispetto della privacy, la regolamentazione antitrust e le tasse…

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Marco Lillo per il "Fatto quotidiano"

 

matteo renzi koala matteo renzi koala

L’ultimo dato diffuso ieri allo Iab forum di Milano (il più autorevole appuntamento sul mondo digitale) sul mercato della pubblicità dovrebbe suonare la sveglia per i politici italiani: sul fatturato totale del mercato pubblicitario pari a 7 miliardi di euro, ben due miliardi di euro saranno realizzati on line. La pubblicità sul web cresce dell'11,1 per cento rispetto al miliardo e 800 milioni del 2013 ma quello che impressiona è la quota di mercato stimata di Google pari al 55 per cento.

 

Il gigante di Mountain View fatturerà in Italia nel 2014 un miliardo e 100 milioni di euro umiliando con i suoi tassi di crescita le concessionarie di pubblicità tradizionali. La pubblicità raccolta da tutti i giornali tradizionali era pari a un miliardo e 933 milioni di euro nel 2007. Nel 2013 si è fermata a 822 milioni di euro, ben sotto il fatturato italiano (fiscalmente realizzato in Irlanda) di Google.

 

LA TELEVISIONE tiene ma sente il fiato sul collo del web: nel 2014 ben 300 milioni di euro saranno spesi per spot video non sulla tv tradizionale ma on line. Di fronte a queste stime Matteo Renzi dovrebbe togliersi gli occhiali di Google, indossati in California, per guardare la realtà con occhi europei. Mentre il nostro premier bloccava la Google tax e sorrideva alla Silicon Valley, il leader Spd Martin Schulz definiva lo strapotere di Google “non consono alla democrazia”.

schulz martin official portrait schulz martin official portrait

 

L'Italia è il presidente di turno dell’Unione europea e Francesco Boccia invoca da luglio su twitter: “Web Tax priorità del semestre di presidenza Ue”. In realtà Renzi non ha fatto nulla per mettere all'ordine del giorno le tre questioni centrali poste da Google e dagli altri giganti del web: il rispetto della privacy, la regolamentazione antitrust e le tasse.

 

Il paradosso italiano è che i due leader più popolari, Matteo Renzi e Beppe Grillo, sono schierati con Google. Chissà come si schiereranno domani quando l’Europarlamento dovrebbe approvare una mozione per chiedere che l'attività del motore di ricerca (Google come gli altri) e la vendita di pubblicità siano divise da una muraglia cinese. La divisione rallenterebbe il metabolismo che ha permesso a Googe di incamerare informazioni sui navigatori per crescere come un mostro inarrestabile nella vendita di pubblicità sul web.

 

Grazie alle informazioni sui gusti di chi sceglie il suo motore di ricerca, la società californiana è in grado di fatturare miliardi di euro vendendo agli investitori messaggi spalmati su tanti siti diversi e ‘mirati’ a un certo gruppo di destinatari, selezionato in funzione dei dati personali raccolti.

 

Il vantaggio competitivo sulla pubblicità tradizionale, garantito dalla ‘profilazione’ dei navigatori, è evidente. Le altre concessionarie lottano con Google con gli occhi bendati e offrono spazi su un solo sito che può essere letto da chiunque. Google invece può offrire la profilazione del destinatario grazie ai cookies, al motore di ricerca e alle altre funzioni offerte gratis a chi apre un account google sullo smartphone, iPad o pc portatile.

BEPPE GRILLO ALL'INCONTRO CINQUESTELLE DEL CIRCO MASSIMO BEPPE GRILLO ALL'INCONTRO CINQUESTELLE DEL CIRCO MASSIMO

 

La forza di Google, oltre all’ottimizzazione fiscale, è proprio quella di consegnare all’inserzionista il suo target grazie alla potenza del suo algoritmo segreto. Il ministro della giustizia tedesco aveva chiesto maggiore trasparenza sull’algoritmo mentre in Italia è in corso una battaglia legale con la nostra Autorità Garante delle Comunicazioni. La Agcom, spalleggiata dalla Federazione Italiana Editori di Giornali, è in lite davanti al Tar per obbligare la società americana a rivelare almeno il fatturato realizzato in Italia.

 

Il gigante di Mountain View si rifiuta di divulgare il dato probabilmente perché teme le manovre fiscali e antitrust invocate dagli editori tradizionali. L’accerchiamento è transnazionale e va da Rupert Murdoch al gruppo tedesco Axel Springer fino a Carlo de Benedetti in Italia. Proprio la News Corp di Murdoch a settembre ha chiesto alla Commissione Europea di intervenire con più forza contro Google, definita una ‘piattaforma per la pirateria’.

 

Le ragioni degli editori sono quelle del portafoglio: in dieci anni, le copie vendute in Italia in edicola si sono dimezzate. Gli editori speravano di compensare le perdite con gli incassi pubblicitari delle versioni on line ma il travaso tra carta e web si è fermato. Nel 2013-2014 la raccolta pubblicitaria delle concessionarie tradizionali sul web non cresce più. Il sistema dei vasi comunicanti tra perdite della carta e crescita del web non funziona più perché in mezzo si è inserita l’idrovora di Google .

 

Google Google

INVECE DI COMPRARE spazi sul sito di un quotidiano come un tempo compravano una pagina, le aziende preferiscono comprare contatti profilati. Perché pagare un quotidiano se posso raggiungere il mio potenziale cliente grazie a Google o a un’altra società che garantisce di raggiungere il mio cliente potenziale mediante più siti?

 

Così in pochi anni Google ha sfondato il miliardo di fatturato schiacciando le aziende editoriali tradizionali. Il problema è che Google non paga le tasse e non assume in Italia come accade nella filiera dell’informazione. Il motore di ricerca fa soldi proponendo contenuti prodotti dagli editori che intanto perdono ricavi. Questo circolo vizioso sta strangolando le aziende editoriali e potrebbe danneggiare nel lungo periodo la qualità dell’informazione e del dibattito pubblico. Le risorse destinate a produrre contenuti creativi, come le inchieste giornalistiche, le notizie e le analisi originali, diminuiscono.

 

sede google mountain view sede google mountain view

Quello che sta accadendo sotto i nostri occhi è una trasformazione enorme della società dell’informazione. Un fenomeno che non ha nulla da invidiare al conflitto di interesse di Berlusconi, al finanziamento pubblico dei giornali, al potere della Fiat sui grandi quotidiani del nord o allo strapotere dei grandi inserzionisti. Eppure mentre questi vizi dell’informazione sono stati discussi ovunque il dibattito pubblico su Google latita. Il problema è che gli oppositori sono spesso poco presentabili per i loro trascorsi.

 

Quando si leggono gli strali di Fedele Confalonieri contro la Google tax o la difesa accorata della privacy e della democrazia da parte di Murdoch viene naturale nutrire qualche riserva. La simpatia per i giganti del web come Google rispetto agli editori tradizionali nasce da fattori oggettivi: la gratuità, l’infinita possibilità di scelta e l’interattività. Il lettore ha la sensazione di essere messo al centro della scena mentre in passato era trattato come lo spettatore pagante di uno spettacolo del quale non era protagonista. Così chiunque segnali i rischi dello strapotere di Google diventa un nemico della libera rete e un difensore del vecchio regime dei media.

SEDE GOOGLE SEDE GOOGLE

 

Quando Grillo e Renzi si schierano con Google sono convinti di cavalcare l’onda della modernità mentre il loro ruolo gli imporrebbe di governarla. La produzione di informazioni richiede professionalità, tempo e soldi. Nel mondo della carta i costi erano ripagati dalla vendita delle copie e dalla pubblicità. Nel mondo di Internet nessuno è disposto a pagare le informazioni e uno scoop può essere copiato e riproposto in pochi minuti da qualcuno più abile a spiare i lettori per vendere pubblicità mirata.

 

Gli editori tradizionali hanno cominciato anche loro a ‘profilare’ i lettori ma il loro mestiere resta pur sempre quello di vendere informazioni al lettore non quello di prendere informazioni sul lettore per poi rivenderle. Il fenomeno è rapidissimo: oggi Google controlla più del 50 per cento della pubblicità on line in Italia. In pochi anni il libero mercato farà il suo corso e chi cerca notizie per informare (facendosi pagare direttamente o indirettamente con la pubblicità) sarà sconfitto.

 

Nel mondo di Google vincerà chi finge di informare il lettore mentre invece spia la sua vita per poi venderla chiavi in mano a chi vuole vendergli i suoi prodotti. Tra pochi anni il lettore-cittadino pagante sarà solo un navigatore-consumatore da spiare gratis. I giornali saranno finalmente ‘morti’, come grida Grillo, ma non è detto che sarà un mondo migliore.

 

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