TOLLERANZA O FOLLIA? IN DANIMARCA PARTE LA REHAB PER COMBATTENTI JIHADISTI PENTITI E IL PROGRAMMA DI SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE CHE HANNO PARENTI ANCORA ARRUOLATI IN SIRIA


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IN DANIMARCA PARTE LA RIHAB PER JIHADISTI

Un innovativo programma di riabilitazione offre ai musulmani danesi in Siria una via d’uscita dalle zone di conflitto e il ritorno a una vita normale, senza minaccia di persecuzione.

 

L’iniziativa è nata a Aarhus, la seconda città più popolosa di Danimarca, e offre un trattamento per ferite da arma da fuoco e il supporto psicologico a combattenti pentiti e volontari traumatizzati. L’assistenza prevede la rieducazione e l’inserimento nel mondo del lavoro. Inoltre fornisce sostegno alle famiglie di chi è in Siria, le mette in contatto via Skype e crea mediazione con agenzie governative, consolati, intelligence. Tutto pronto per quando i loro parenti decideranno di far ritorno a casa.

 

E’ un approccio alternativo alle misure correnti adottate dalla Gran Bretagna, che accoglie i sospettati rimpatriati con l’arresto, l’accusa di terrorismo e la confisca dei passaporti.

 

La Danimarca il posto piu tranquillo del mondo

Steffen Nielsen, consulente per la prevenzione del crimine a Aarhus, apprezza il fatto che le autorità danesi abbiano scelto un piano così pacato, che già sta servendo a 15 persone tornate dalla Siria: «Li accogliamo quando tornano a casa. A differenza dell’Inghilterra dove puoi essere imprigionato per una settimana prima che capiscano chi sei. Noi invece diciamo: «Avete bisogno di aiuto? Molti ragazzi che rientrano hanno sperimentato una perdita dell’innocenza e del credo morale. Pensavano di andare in Siria per una buona causa, invece lì hanno visto decapitare donne e bambini, hanno visto stupri e omicidi, hanno sofferto di diarrea per via dell’acqua non potabile. Non è la grande battaglia che immaginavano».

 

Secondo l’intelligence danese, dal 2011, circa 100 persone hanno raggiunto la Siria, e almeno 15 sono morte. A giugno ha comunicato che un numero significativo di danesi ha acquistato strumenti militari per sferrare attacchi terroristici. Circa 30 provengono dalla città di Aarhus.

 

sostenitori di isis festeggiano in siria

Ma Nielsen non è convinto che le 100 persone volate in Siria siano tutte combattenti. Tra quelle tornate, molte raccontano di aver intrapreso il viaggio per motivi umanitari. Aggiunge: «Noi non perdiamo tempo a combattere un’ideologia. Non cerchiamo di estirpare il pensiero jihadista. Chi vuole sognare il califfato islamico è il benvenuto, ma non può usare metodi contrari al codice penale. A differenza di altri, noi crediamo nell’inclusione. C’è sempre la porta aperta per chi vuole essere un membro della nostra società. Non lo facciamo perché siamo brave persone, ma perché siamo convinti che il metodo funzioni».

 

isis in siria

Oussama El Saadi, capo della moschea Grimhojvej, è lieto dell’approccio scelto dalle autorità locali: «E’ la strada giusta non condannarli e non farli sentire come se avessero fatto una cosa terribile, dando così l’opportunità di rivedere quella scelta».

 

Mehdi Mozaffari, esperto islamista alla Aarhus University, concorda: «E’ positivo ogni sforzo per tenere i ragazzi fuori dalla guerra e dal terrorismo. Ma niente garantisce che questa iniziativa sarà un successo».