VOLETE CHE L'ITALIA SI TRASFORMI IN UN QUARTIERINO DI FURBETTI TOSCANI? - IL REFERENDUM SARA’, DI FATTO, DI UN VOTO SUL GOVERNO. LO AMMETTE LO STESSO RENZI: “SE VINCE IL NO VADO A CASA” - FORSE SARA' SUFFICIENTE CHE PERDA ROMA E MILANO PER RISPEDIRLO AL BAR DI RIGNANO A GIOCARE A FLIPPER CON CARRAI E BOSCHI

Matteo Renzi a Firenze (con qualche contestazione) avvia la campagna referendaria: il suo obiettivo sono “10 mila comitati per il sì e una gigantesca campagna porta a porta…”

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Massimo Franco per il “Corriere della Sera

 

L' inizio della campagna referendaria da parte di Matteo Renzi è istruttiva soprattutto per capire quali saranno i toni della mobilitazione e le sue implicazioni. Il premier l' ha aperta nella sua Firenze, in una sala gremita, con qualche contestazione che l' ha costretto a entrare da una porta laterale.

 

E ha confermato che si tratterà, di fatto, di un voto sulla sua persona. Dei contenuti della riforma sulla quale si voterà a ottobre, per ora si parla poco. Prevale la parola d' ordine dell'«Italia del sì» opposta all'«Italia del no»: slogan efficace, nel quale il Senato è solo una delle poste in gioco.

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Quella vera, velata per motivi comprensibili, sono le elezioni politiche, che si dovrebbero tenere nel 2018 ma potrebbero precipitare nel 2017. I «10 mila comitati per il sì» che Renzi si pone come obiettivo; e «una gigantesca campagna porta a porta»; la voglia di «scovare l' Italia» governativa e portarla alle urne: sembrano tappe di una prova generale alla fine della quale si intravedono urne diverse da quelle referendarie. Se l' operazione riesce, vorrà dire che l' Italia si riconosce nel premier.

 

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In caso contrario, «vado a casa», ribadisce lui, perché «la rottamazione riguarda tutti».

Insomma, non sono previsti pareggi. Mentre si indovina una spaccatura che rischia di prescindere dal merito delle riforme sulle quali ci si dovrà pronunciare. Renzi dice di essere sicuro di vincere.

 

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Le opposizioni cominciano a sperare che perda. E la macchina dei sondaggi è in fermento: i meccanismi tendono non solo a fotografare l' orientamento degli elettori, ma anche a plasmarlo. Stavolta non sarà necessaria la percentuale del 50 per cento più uno dei votanti perché la consultazione sia valida, e questo acuisce l' incertezza.

 

Il governo può contare sul fatto di avere approvato riforme promesse e non realizzate per circa un trentennio: non è poco. Il cambio in sé fa premio sul contenuto, definito «non perfetto» dagli stessi proponenti; e bollato come un brutto pasticcio da chi li contrasta. Il fronte degli oppositori è eterogeneo, per non dire contraddittorio.

 

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Per paradosso, tuttavia, la politicizzazione del referendum potrebbe provocare una mobilitazione del «no» ugualmente insidiosa. L' elemento che accomuna M5S, Lega, FI, frammenti del Pd e sinistra radicale, è l' ostilità contro il premier.

 

La chiave della vittoria o della sconfitta sarà dunque la capacità di mobilitare un' Italia spaventata dalla crisi e disillusa. Dice qualcosa l' alta percentuale di indecisi che emerge da ogni rilevazione. Le sacche dell' astensione potrebbero diventare un alibi e delegittimare o comunque indebolire sia il «sì» che il «no».

 

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Anche se stavolta nessuno invita a disertare le urne, come ha fatto il Pd nel caso del referendum sulle trivellazioni di poche settimane fa, fallito per mancanza di quorum. E di mezzo, va ricordato, ci sono le Amministrative di giugno: un' altra parziale ma importante verifica degli umori del Paese.

 

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