IL NECROLOGIO DEI GIUSTI – CON LUIGI NECCO SE NE VA UNO DEI PILASTRI DI “90° MINUTO” E DEL CALCIO IN TV DELLA RAI – FORMIDABILI LE SUE BATTUTE STORICHE DA SPAGHETTI WESTERN: “SAN GENNARO PERDONA, MARADONA NO" - DELLO SPORT AMAVA DIRE CHE “NON GLIENE FOTTEVA NIENTE”, ESSENDO NATO GIORNALISTA DI CRONACA – FU IMPALLINATO DALLA CAMORRA PER I SUOI SERVIZI…- VIDEO

-

Condividi questo articolo


 

Marco Giusti per Dagospia

 

necco maradona necco maradona

Con Luigi Necco se ne va uno dei pilastri di “90° minuto” e del calcio in tv della Rai. Napoletano verace, classe 1934, fu uno dei pilastri del programma di Paolo Valenti fin dalla prima edizione del 1976 senza Maurizio Barendson, prendendo a Napoli il posto di Mario De Nitto che era passato a Rai Due. Grosso, simpatico, con gli occhialoni alla Verdone, con la battuta sempre preparata, accompagnava quasi tutte le partite di Napoli e, in parte anche da Avellino.

 

Fu il primo a far funzionare il pubblico dentro il collegamento, cioè il pubblico, presentissimo dietro di lui, stava zitto fino al momento finale quando si scatenava sul saluto di Necco a Valenti. Nei primi anni del colore si esibiva con una sciarpa rossa che alla fine dovrà togliersi. Dello sport amava dire che “non gliene fotteva niente”, essendo nato giornalista di cronaca, attivo anche nel giornalismo archelogico.

 

necco necco

Grandi, comunque, le sue battute storiche da spaghetti western: “San Gennaro perdona, Maradona no”, “Napoli chiama (e fa il numero tre con le dita) e Milano non risponde”. Bei tempi. Fu l’unico giornalista di “90° minuto” che sia stato impallinato per i suoi servizi. Nel 1981 disse che Antonio Sibilia, presidente dell’Avellino, guidava la squadra con metodi camorristici. A questo punto si mosse, per dargli una lezione, la vera camorra. Non Cutulo, sembra, che non voleva che si toccasse la stampa, e soprattutto Necco, che era un idolo a Napoli. Lo presero assieme al collega Emanuele Giacoia mentre uscivano da un ristorante. “Erano in tre, spararono cinque colpi, due in pieno nella gamba, uno mi prese di striscio”. Intervistato a caldo, sul letto dell’ospedale, Necco trovò le forze per dire che da quel giorno ci si sarebbe dovuti schierare da una parte o dall’altra e lui si era schierato dalla parte giusta.

 

Il presidente dell’Avellino, Sibilia, uno dei maggiori sospettati, allora, del fattaccio, al riguardo dichiarò un accorato ma non così convincente: “Chi? Io? Chillo, Gigi è amico mio. Quando mai!”. Ma sembra che sulla macchina di Necco qualcuno avesse scritto la terribile frase: “Tu volevi fare ’o criticone”. Necco rimase fermo all’ospedale per 25 giorni. Quando uscì, andò a “Domenica In” dove gli fecero trovare il giocatore dell’Avellino Juary per ristabilire i buoni rapporti con la squadra. Necco è stato attivo giornalista anche al di fuori dello sport. Lo troviamo a Rai Tre nel programma “Parlato semplice” e nel 1997 come conduttore di un’edizione di “Mi manda Rai Tre”, ma non funzionò benissimo e venne rimpiazzato da Piero Marrazzo.

necco necco

 

Nel 1997 si presentò capolista alle elezioni in Campania con i DS e venne eletto consigliere comunale a Napoli.

Si è sempre prestato al gioco in questi ultimi vent’anni dopo la scomparsa di 90° minuto. Lo ritroviamo, ad esempio, in un bellissimo sketch con neri Marcoré che fa Dino Zoff in “Convenscion” (Rai Tre, 1999).

Alla fine di 90 minuto scrisse una lettera al “Mattino” di Napoli, in data 8 agosto 2005, dove racconta il suo percorso sportivo:

 

“E così noi dodici, tredici pupazzoni di Novantesimo minuto, ci sfottevano e senza saperlo davamo un’autentica fotografia del tifo ai tempi di Van Basten, Gullit, Rijard. Ci ero arrivato per caso dopo anni e anni di altro. La Rai si spaccò, Barendson il fondatore andò da una parte, Valenti dall’altra e gli toccò la trasmissione. Fino a quel momento da Napoli aveva parlato De Nitto, ma da quella spaccatura spuntai io. Che chiesi di fare i collegamenti sempre dallo stadio. Risposero allarmati: “Ma ci sono i guaglioni!”. “E noi faremo vedere i guaglioni” replicai. Si aggrappavano alla rete che divideva il nostro spazio, aspettavano muti che io finissi di parlare, poi scoppiavano in un trascinante “Forza Napoli”. Qualcuno di quei ragazzini l’ho rivisto soldato. Buffoneschi o soltanto buffi, i pupazzoni di Valenti cominciarono a volersi bene. Ridevamo per l’affanno di Giannini, che non riusciva mai a concludere un commento, per Tonino Carino che provava gli interventi dinanzi allo specchio, come una poesia da recitare a scuola, per le giacche di Castellotti e per le difficoltà di Bubba diviso tra Genoa e Sampdoria. Avevo anch’io i miei guai tra Napoli e Avellino.

Necco Necco

 

Nel novembre 1981 la camorra che aveva messo le mani sulla ricostruzione mi ricordò la sua incancellabile presenza con qualche pallottola nelle gambe. Ma lasciai l’Avellino solo cinque anni dopo, per umanissime ragioni di avvicendamento. Ebbi più tempo per dedicarmi alla passione napoletana, giunsero gli inviati per verificare se era vero che indossavo le mutande del Milan, Non ebbero conferme. Morì Valenti. Volevo mollare, ma la banda mi disse: “Resta”. Tornammo a giocare, a sfotterci, Vasino sfornava, il Napoli vinceva, Maradona segnava. Il Sud cavalcava insieme con il Napoli, per la prima volta. Entravo nelle carceri, nei tribunali, nelle caserme, eravamo tutto un popolo senza barriere, ma non avevo nemmeno la tessera di giornalista sportivo. Ero riuscito a mettere insieme la popolarità con la necessità di far bene anche il resto del mio lavoro. Ma un brutto giorno squalificarono Maradona. E senza aver preso droghe squalificarono anche me. Il mondo era cambiato. Gullit, Van basten, Rijkard non c’erano più. Fu una Caporetto per tutti i pupazzoni, vinsero gli impiegati d’ordine. Scoprii il tesoro di Troia nel profondo della Russia ghiacciata e affamata. Un giorno un appassionato di archelogia, Michele, mi portò in un paesino dell’Alto Adige. Sulla tomba di Paolo Valenti, Oggi so perché.

necco-2 necco-2 Luigi Necco Luigi Necco

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT - SULLA SCENA POLITICA, FITTA DI SCAPPATI DI CASA, MANCAVANO SOLO LORO: FASCINA E GALLIANI - L’ANTICO “CONDOR” DEL CAVALIERE È DIVENTATO LO CHAPERON POLITICO DELLA “VEDOVA INCONSOLABILE”, CON IL CONTORNO DEI SECOLARI AMICI DELLA BUONANIMA DI SILVIO, CONFALONIERI E DELL’UTRI - IN OGNI USCITA PUBBLICA, I DUE SONO INSEPARABILI. DEL RESTO, SI CONOSCONO, E BENE. LA SCALATA DELLA “MARIA GODETTI” CALABRO-NAPOLETANA ALL’INTERNO DELL’INNER CIRCLE BERLUSCONIANO AVVENNE GRAZIE A GALLIANI, ALL’EPOCA BOSS DEL MILAN - ORA È CHIARO CHE A TAJANI HA SEMPRE FREGATO POCO DI COSA COMBINA IL DUPLEX FASCINA-GALLIANI. FINO ALLO SCORSA SETTIMANA ALLORCHÉ È ESPLOSA FORZA ITALIA AL COMUNE DI MILANO, DIETRO LA QUALE CI SAREBBERO LE UNGHIE DELLA FASCINA, CHE HA MANTENUTO UN OTTIMO RAPPORTO CON MARINA, VEDI IL DUELLO CONTINUO CON IL FRATELLO PIER SILVIO CHE VUOLE FAR SLOGGIARE LA “VEDOVA INCONSOLABILE” DALLA COSTOSISSIMA MAGIONE DI ARCORE - VIDEO

FLASH! - A TORINO, PER IL DOPO PALENZONA ALLA PRESIDENZA DI CRT, SI STANNO SONDANDO LE ISTITUZIONI SUL NOME DI MICHELE VIETTI, MAGISTRATO EX-CSM, OGGI DISOCCUPATO. UN NOME CHE È GRADITO AL SINDACO DI TORINO, STEFANO LORUSSO, CHE NON HA MAI SOPPORTATO LA PRESENZA E SOPRATTUTTO LA DISUBBIDIENZA DI PALENZONA - A DAR VOCE ALLA CANDIDATURA DI VIETTI C'È LA DI LUI CONSORTE, CATERINA BIMA, CHE RICOPRE IL RUOLO DI VICE PRESIDENTE DI CRT ED È STATA TRA GLI OPPOSITORI DELLA GESTIONE PALENZONA...

DAGOREPORT - CONTINUA L’IMBROGLIO-SCHLEIN: ELLY RINCULA SUL NOME NEL SIMBOLO DANDO LA COLPA A BONACCINI (SIC!) E SI RIMANGIA ''CAPOLISTA OVUNQUE": LO SARA' SOLO AL CENTRO E NELLE ISOLE - ALLA DIREZIONE NAZIONALE DEL PD DI IERI LA SVALVOLATA MULTIGENDER HA PERSO LA MAGGIORANZA DEL PARTITO. I VENTI DI RIVOLTA INVESTONO TUTTE LE VARIE ANIME DEL PD - ELLY SI È RIMBOCCATA LA LAPIDE QUANDO HA DETTO: O IL MIO NOME NEL SIMBOLO O MI METTETE CAPOLISTA IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. DI TALE PROPOSTA, LA ZARINA DEL PD NE AVEVA PARLATO SOLO CON BONACCINI. IL PRESIDENTE DEL PD HA ACCONSENTITO IN CAMBIO DELLA CANDIDATURA NEL SUD DEL RAS DELLE PREFERENZE, RAFFAELE “LELLO” TOPO, FIGLIO DELL’AUTISTA DI GAVA, CHE OVVIAMENTE FA PARTE DELLA SUA CORRENTE (AH! I CACICCHI…) - ALLA FINE VICINO A SCHLEIN RESTANO SOLO IN DUE, IL MULTI-TRASFORMISTA ZINGAR-ELLY E FRANCESCO BOCCIA, IL VERO ARTEFICE DEL SISTEMA PUGLIA, GARANTE DI DECARO ED EMILIANO - ANCHE SE ALLE EUROPEE IL PD GALLEGGERA' AL 20%, SINESTR-ELLY DOVRA' FARE LE VALIGIE...

DAGOREPORT: 100 SCALFARI MENO UNO - NON È SOLTANTO TELE-MELONI A CENSURARE GLI SCRITTORI: C'E' ANCHE IL GRUPPO GEDI – IL LIBRO SUL CENTENARIO DI SCALFARI CURATO DA SIMONE VIOLA, NIPOTE DI EUGENIO, IN EDICOLA INSIEME A ‘’REPUBBLICA’’, SQUADERNA CENTO INTERVENTI DI ALTRETTANTI TESTIMONIAL, TRANNE QUELLO INNOCUO E DEL TUTTO PERSONALE DI GIOVANNI VALENTINI, EX DIRETTORE DELL’ESPRESSO - LE SUE CRITICHE, MANIFESTATE SUL "FATTO QUOTIDIANO" SULL’OPERAZIONE “STAMPUBBLICA” E POI NEL SUO LIBRO SULLA PRESA DI POSSESSO DEL GIORNALE DA PARTE DI ELKANN, GLI VALGONO L’OSTRACISMO E LA DAMNATIO MEMORIAE – IL TESTO CENSURATO…