ÖZIL DIVENTA L’EROE DEI FANATICI DI ALLAH – IL CALCIATORE TEDESCO DI ORIGINE TURCA NON CANTA L’INNO MA RECITA IL CORANO, LASCIA LA NAZIONALE E ACCUSA LA GERMANIA DI RAZZISMO. I SALAFITI TEDESCHI LO HANNO ELETTO A LORO NUOVO IDOLO E INTANTO IL NUMERO DEGLI ISLAMISTI IN GERMANIA CONTINUA AD AUMENTARE…

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Stefano Piazza per Libero Quotidiano

 

Il caso del giocatore tedesco-turco Mezut Özil che ha dato l' addio alla nazionale dopo l' eliminazione al primo turno dei mondiali continua a far discutere. Le prime polemiche arrivarono per il fatto che il calciatore non canta l' inno nazionale tedesco prima delle partite («In quei momenti recito il Corano», affermò);

 

poi nel maggio scorso il trequartista dell' Arsenal, che da tempo ha un rendimento sul campo non all' altezza delle sua qualità tecniche, si fece fotografare insieme al presidente turco Erdogan. Con lui c' erano altri due giocatori tedeschi di origini turche, Ilkay Gündogan e Cenk Tosun che all' hotel Four Season di Londra oltre alle foto, gli regalarono una maglia dei loro rispettivi club con dedica.

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Mancava circa un mese ai mondiali russi e Mezut Özil il più rappresentativo dei tre calciatori, venne subito pesantemente criticato per essersi prestato a una operazione di propaganda elettorale del leader e padrone assoluto della Turchia. A far da cornice alla vicenda, i pessimi rapporti tra i rispettivi governi con la Germania furente per gli «imam spioni» scoperti e fuggiti prima di essere arrestati, e le decine di casi di intolleranza e di antisemitismo che vedono protagonisti estremisti turchi coperti dal DITIB (Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion), la più grande organizzazione islamica turco-tedesca della Germania.

 

LA COPERTINA DI DER SPIEGEL SUL CASO DI MESUT OZIL LA COPERTINA DI DER SPIEGEL SUL CASO DI MESUT OZIL

Mezut Özil alle critiche rispose: «Sebbene i media tedeschi abbiano rappresentato uno scenario diverso, la verità è che non incontrare il Presidente sarebbe stata una mancanza di rispetto per i miei antenati i quali sarebbero orgogliosi di chi sono oggi». Il caso con l' inizio dei mondiali russi parve sgonfiarsi ma era solo una pausa; con l' eliminazione della «Mannschaft» per mano della Corea del Sud, per Mezut Özil che fu tra i peggiori in campo, ricominciarono le polemiche fino alla sua decisione di abbandonare la nazionale con una dichiarazione «sono tedesco quando vinciamo, immigrato quando perdiamo».

 

Özil ha rincarato la dose accusando la Federcalcio di «razzismo e mancanza di rispetto». La vicenda ha suggerito allo scrittore tedesco di origine turca Ali Can di iniziare una campagna chiamata #MeTwo, che si ispira al noto movimento femminista #MeToo. Ali Can ha spiegato che la parola Two, (due) si riferisce al fatto che molti cittadini tedeschi si identificano culturalmente sia con la Germania che con il Paese di origine. Erdogan la pensa così: «Integratevi nel Paese che vi ospita, ma non fatevi assimilare, perché l' assimilazione è come un crimine contro l' umanità».

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L' iniziativa dello scrittore sta facendo discutere ma la domanda è legittima; fino a quattro anni fa la nazionale tedesca campione del mondo veniva lodata per il suo multiculturalismo e l' integrazione tra culture diverse. È possibile che oggi sia già tutto finito? Alla vicenda del calciatore che non fa mistero della sua devozione all' islam si interessano e molto, i salafiti tedeschi che lo hanno eletto come loro nuovo idolo. Di Mezut Özil e della sua rinuncia alla nazionale parla in continuazione ai suoi 300.000 amici su Facebook, il predicatore salafita Perre Vogel-Abu Hamza.

 

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Mentre i media si occupano di #MeTwo e di Özil, l' Ufficio federale della protezione della Costituzione (BfV) ha presentato alla stampa il rapporto annuale. Il BfV stima che il numero degli islamisti in Germania sia aumentato nel corso del 2017 arrivando a 25.810 rispetto ai 24.425 del 2016. 11.000 sono salafiti, 10.000 gli estremisti turchi di Millî Görüs, ci sono i 1.040 membri dei Fratelli Musulmani, 950 di Hezbollah e 320 di Hamas. La Germania è un paese pronto ad esplodere.

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