ROSSA DI RIMPIANTO – DOPO LE STOCCATE DI MARCHIONNE VETTEL TRIONFA IN BRASILE E METTE IN CASSAFORTE IL SECONDO POSTO IRIDATO – “UNA VITTORIA DI PIRRO? NO, UN SOLLIEVO”, DICE IL TEDESCO. RESTA L’AMAREZZA PER QUELLO CHE LA FERRARI AVREBBE POTUTO FARE SE NON SI FOSSE ARENATA IN ASIA…

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Flavio Vanetti per il Corriere della Sera

 

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Centocinque giorni dopo il successo di Budapest, in una fase in cui il Mondiale ancora gli sorrideva e lo candidava al titolo, Sebastian Vettel ritrova in Brasile la via della vittoria, la imbocca e, soprattutto, la percorre fino in fondo, resistendo al caldo (anche 60 gradi sull' asfalto) e alla muta dei rivali all' inseguimento.

 

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Tra questi c' è Lewis Hamilton che dalla pit lane risale, cosa peraltro già riuscita a Sebastian in Canada e in Malesia, fino al quarto posto seminando in 71 giri da qualifica tutto il suo talento e la fame che sgorgava dall' orgoglio ferito: «Chi era quello andato a muro in qualifica? Non io». Alle spalle di Vettel chiudono Valtteri Bottas, poleman subito sfrattato dalla posizione privilegiata, e Kimi Raikkonen, che ritrova il podio di Interlagos a distanza di dieci anni da quel 2007 nel quale, con il primo posto, diventava il re della F1. Altra storia, per lui e il Cavallino.

 

 

vettel hamilton vettel hamilton

Ma il muro difensivo eretto contro Hamilton resta una delle prove migliori di Iceman nell' annata. «Abbiamo onorato la Scuderia», commenta Maurizio Arrivabene, anche se lo sguardo arcigno del team principal tradisce il rimpianto per quello che la Rossa avrebbe potuto essere se non si fosse arenata in Asia. In compenso, c' è una riflessione di Vettel che sa di liberazione: «La sensazione è di sollievo» ammette. Se è vero che Sergio Marchionne non gli ha lesinato appunti, ecco una risposta al presidente.

Partenza-blitz, quella di Seb.

Straordinaria, precisa, decisa.

 

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Bottas ingabbiato in un implacabile contenimento lungo la «esse» in discesa intitolata a Senna, quindi la fuga verso il quinto trionfo stagionale, il numero 47 della carriera e l' ottavo da quando è al Cavallino: la parte più importante del golpe ai danni della Mercedes nasce in una ventina di secondi e in qualche centinaio di metri, anche se è riduttivo confinarlo nel perimetro dello start. Subito dopo, infatti, c' è il rischio-safety car, uscita per il tamponamento di Grosjean a Ocon (prima fesseria dei piloti della Haas: in sequenza arriverà pure quella del recidivo Magnussen, contro Ricciardo e Vandoorne): ma la reazione di Vettel è imperiosa, acceleratore a martello e nessuna chance per gli inseguitori.

 

Eppure lo scacco matto era ancora lontano. Andava colto tra i giri 26 e 27, in occasione dell' unico pit stop del Gp. Provava a piazzarlo Bottas, con l' undercut, ma lo acciuffava Vettel, uscito di nuovo davanti al finlandese (mentre Hamilton era provvisoriamente in testa) per una questione di pochi metri e dopo una mossa da campione nell' approccio alla pit lane: per guadagnare metri e tempo, Seb tagliava la curva d' ingresso al limite della linea bianca, evitando però di superarla con tutte le quattro ruote.

 

VETTEL MARCHIONNE VETTEL MARCHIONNE

Anche i dettagli hanno fatto la differenza per cementare il secondo posto nel Mondiale (22 punti su Bottas, ma ad Abu Dhabi meglio non distrarsi), per esibirsi nei donuts, i testacoda di felicità, per unirsi con gioia alla festa tributata da Interlagos a Massa al passo d' addio, per abbinare un volto finalmente sereno al «grazie ragazzi, forza Ferrari» pronunciato via radio. È una vittoria di Pirro che lascia amarezza, hanno chiesto i soliti inglesi a Vettel?

 

La risposta è no. «Lascia la consapevolezza del lavoro svolto da tutti dopo un 2016 sotto tono.

Saremo più forti nel 2018 ma anche nel futuro, per fare sì che il team torni a dominare».

 

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