“TEMPI INTERESSANTI” PER LA BIENNALE DI VENEZIA - PANZA: MIGRANTI E NUOVE DIVISIONI, ECCO COME SARA’ LA NUOVA EDIZIONE CURATA DAL DIRETTORE DELLA HAYWARD GALLERY DI LONDRA RALPH RUGOFF CHE VERRÀ INAUGURATA L' 11 MAGGIO - 79 ARTISTI E 90 PADIGLIONI NAZIONALI, CON ALGERIA, GHANA, MADAGASCAR E MALESIA PRESENTI PER LA PRIMA VOLTA. NON CI SARÀ IL VATICANO

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Pierluigi Panza per il “Corriere della Sera”

 

rugoff biennale rugoff biennale

«La Biennale è come un orologio che misura il tempo ogni due anni. Rifugiati, migranti, nuove divisioni nazionali, ineguaglianza nella distribuzione del benessere sono i tempi che oggi batte questo orologio». Così Ralph Rugoff, direttore della Hayward Gallery di Londra, presenta la sua Biennale d' arte che si inaugurerà a Venezia l' 11 maggio (fino al 24 novembre). Saranno esposti 79 artisti da ogni parte del mondo e 90 saranno i Padiglioni nazionali, con Algeria, Ghana, Madagascar e Malesia presenti per la prima volta. Non ci sarà il Vaticano. Il Padiglione Italia sarà curato da Milovan Farronato. Ci saranno 21 eventi fuori Biennale e due eventi speciali: uno a Forte Marghera e l' altro in accordo con il Victoria and Albert Museum dedicato alla riflessione sul materiale d' archivio (con un ricordo di Felicita Bevilacqua La Masa, che sostenne molte Biennali).

 

Complessivamente sono 43 donne - dalla polacca Maria Loboda alla nigeriana Njideka Akunyili Crosby - e 38 uomini gli artisti esposti (compresi quelli nei due eventi speciali): «È solo un caso», dicono, non una ricercata concessione alla ultra-parità di genere. Il titolo di questa 58ª esposizione internazionale è May You Live In Interesting Times e si presenta volutamente ambiguo.

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«Può essere un richiamo che suona come sfidante e minaccioso, ma anche un invito a vedere la contemporaneità nella sua complessità, oltre il conformismo e la paura. L' arte deve essere una sfida alla semplificazione in atto oggi», spiega Paolo Baratta, giunto ai vent' anni di presidenza della Biennale. «Oggi come nella prima esposizione, la Biennale è uno spazio aperto. Penso che le vie delle identità locali siano ambigue, così come quelle delle mode; meglio proseguire nell' apertura, nella rivoluzione permanente, nella ricerca degli ultimi cercando di operare libere scelte senza farsi condizionare dal mercato e dal mainstream».

 

L' aumento dei visitatori ha consentito di ridurre la pratica di sostegno finanziario; la metà del pubblico della Biennale ha meno di ventisei anni. Il curatore-direttore Ralph Rugoff, 62 anni, ha seguito queste linee esponendo gli artisti (sono la metà rispetto al 2015, ma ciascuno con più opere) in due sezioni «per creare una sorta di identità splittata»: la prima all' Arsenale, l' altra ai Giardini. Tra i temi sviluppati: muri, confini, realtà alternative, identità divise, città dentro la città.

 

rugoff baratta rugoff baratta

«Sono partito - dice Rugoff come omaggio all' Italia - dal libro Opera aperta di Umberto Eco riletto nell' epoca dei social media, in cui l' informazione è parcellizzata, apparentemente vicina a noi, ma in realtà informa di meno e non ha più una lingua comune. Il paradosso è la disinformazione nel momento della massima potenziale informazione. L' arte è l' opportunità di uscire da tutto ciò per vivere in modo non settario».

 

Perché questo titolo? «È come un anatema cinese, ma è una frase inventata; l' hanno usata nei loro discorsi Chamberlain, Kennedy e Hillary Clinton. Nasce quasi come una fake news: ora spetta all' arte di mostrarne il senso e i punti di vista, senza temi specifici».

 

Alcuni degli artisti e delle opere in mostra sottendono il tradizionale «impegno» di denuncia che dagli anni Settanta l' arte ha avocato a sé e la Biennale fatto proprio. Korakrit Arunanondchai confronta con tre schermi situazioni estreme vicine alla morte (come quella dei 13 ragazzini thailandesi intrappolati nella grotta); Dominique González-Foerster mostra un paesaggio marziano come metafora dell' oggi; Liu Wei propone Microworld , installazione che rivela le strutture subatomiche. C' è anche un muro messicano ricostruito come scultura proposto da Teresa Margolles: «Non è quello di Trump - ci si precipita a specificare - ma quello di fronte al quale sono stati assassinati giovani spacciatori».

 

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C' è molto uso della fotografia, ci sono anche pittura e collage, tutto nel segno dell' ibridazione. E nella pittura? Avery Singer usa le mani per stratificare lo spray e immagini provenienti dai vari media; Henry Taylor si interroga sui crimini (ovviamente americani): quasi un neoespressionismo. Nella sezione principale solo due italiani, donne: Ludovica Carbotta e Lara Favaretto.

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