LA MEJO ARTE IN COUNTRYSIDE - A DUE ORE DA LONDRA, NEL NORFOLK, C’E’ IL COMPLESSO DI “HOUGHTON HALL”: UN EDIFICIO NOBILIARE DIVENUTO, GRAZIE A LORD E LADY CHORMONDELEY, UN PICCOLO SCRIGNO DI ISTALLAZIONI DI ARTE CONTEMPORANEA IN SALSA ARISTOCRATICA - E IN CORSO C'È UNA ESPOSIZIONE TEMPORANEA DI DAMIEN HIRST CURATA DA MARIO CODOGNATO

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ANTONIO RIELLO ANTONIO RIELLO

Antonio Riello per Dagospia

 

DAMIEN HIRST AT HOUGHTON HALL

COLOUR SPACE PAINTINGS AND OUTDOOR SCULPTURES

Houghton Hall, King's Lynn, Norfolk, PE31 6UE

Fino al 15 Luglio 2018

 

HOUGHTON HALL HOUGHTON HALL

Siamo nel Norfolk, nel Nord-Est dell'Inghilterra, a meno di due ore di auto da Londra. Il complesso di Houghton Hall è formato da un imponente e austero edificio nobiliare, immancabili enormi stalle, chiesetta in stile neogotico (St. Martin Church) e piccolo villaggio pittoresco (per lavoranti e servitù varia). Il tutto immerso in un incantevole parco secolare che si stende a perdita d'occhio e calza perfettamente le aspettative che in genere si hanno del countryside britannico.

Lord And Lady HOUGHTON HALL Lord And Lady HOUGHTON HALL

 

Gli attuali padroni di casa, Lord and Lady Chormondeley sono degli affabili e simpatici aristocratici con una genuina passione per l'Arte Contemporanea. Nel corso degli ultimi anni hanno fatto realizzare una ragguardevole serie di installazioni all'aperto, tutte pensate apposta per questo luogo. Alcune parti della proprietà sono aperte al pubblico in alcuni mesi dell'anno (in genere a pagamento).

 

HOUGHTON HALL HOUGHTON HALL

Sembra che i visitatori non manchino affatto. Gli artisti nazionali sono certamente i più numerosi (effetto Brexit anche qui?). Rachel Witheread, con il suo inconfondibile stile, ha realizzato in cemento "Houghton Hut" direttamente ispirato ai tradizionali fienili inglesi.  Stepehn Cox, in un delizioso boschetto di betulle, con "Interior Space" suggerisce atmosfere claustrofobiche a metà tra bunker e monumento funebre. Ci sono ben tre lavori di Richard Long che sembra amare particolarmente questo posto.

HOUGHTON HALL HOUGHTON HALL

 

I suoi lavori sono sempre affascinanti, misteriosi e "sostenibili" però alla fine si assomigliano tutti parecchio. Forse qui uno solo bastava, probabilmente il maestoso "Full Moon Circle". Philip King realizza una colorata (gialla e rossa) scultura metallica che ricorda quasi un dipinto di Mirò.  Anya Gallaccio con "Sybil Hedge" gioca molto bene con le storiche strutture del grande giardino georgiano.

 

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L'americano James Turrell da sempre realizza le sue opere come se fossero delle case-osservatori per vedere il cielo in modi inconsueti ed estranianti. Incorniciando, nelle postazioni che costruisce, con molta abilità e semplicità porzioni di cielo ha inventato una sorta di "minimalismo astronomico" assolutamente unico. "Skyspace Seldom Seen" è il titolo della sua potente installazione all'estremità orientale del giardino.

 

Un artista cinese (almeno uno) non dovrebbe comunque mai mancare oggigiorno in una collezione seria e rispettabile. E infatti eccolo qua: Zhan Wang con "Scholar Rock", una scultura eclatante, lucidissima e cromata. Ma per una sua certa autoreferenzialità formale forse non all'altezza delle altre opere presenti, tutte coerentemente in armonia con l'ambiente.

 

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All'interno di un grande orto-giardino vittoriano dotato di alte mura degne di una fortezza (i ladri di primizie sono evidentemente un male antico...) ci sono altre installazioni, tra cui la quarta di Richard Long (!). Dulcis in fundo comunque l'opera dotata di un incredibile effetto "stupore" è proprio qui dentro: una fontana che spara acqua e fuoco allo stesso tempo: "Waterflame". Una realizzazione di un ingegnere-artista danese di nome Jeppe Hein: non so se sia un capolavoro ma è comunque una cosa assolutamente da vedere. Una metafora non banale di quella che potremmo chiamare una "apparente impossibilità".

 

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Oltre a tutto ciò ad Houghton Hall c'è in corso una esposizione temporanea di Damien Hirst curata da Mario Codognato. Hirst è un artista un po' inflazionato rispetto al quale, in particolare negli ultimi anni, qualche volta affiora qualche legittima perplessità. Dimentichiamole le perplessità, almeno stavolta. La mostra è molto interessante sotto tutti i punti di vista.

 

Una parte di essa interagisce intimamente con l'interno dell'edificio che fu progettato, in collaborazione, da due archistars del '700,  James Gibbs e Colen Campbell. Le stanze mostrano tutto lo status e il gusto del più celebre dei suoi proprietari Sir Robert Walpole (per lungo tempo primo ministro del Regno Unito).

 

Tanti quadri su tela con i celebri punti colorati di Hirst (stavolta tutti fatti a mano e fitti-fitti per combinare pattern astratti) dialogano, tra vizio e virtù, con carte da parati, mobilio e stravaganti decori d'epoca. Un ineffabile, strano ed instabile equilibrio avvolge il tutto. A molti autorevoli curatori non è piaciuto molto, personalmente la trovo una sfida affascinante e artisticamente molto ben gestita.

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Ci sono anche alcune sue installazioni cinetiche come "What Goes Up Must Come A ping pong ball floats supported by a jet of air from a hairdryer" (1994) o "Space, Time, Form, Matter, Substance, Change and Motion" (più recente) che è stata piazzata nel suntuoso salone principale. All'esterno campeggiano "Myth" (un cavallo alato, 2010) e "Legend" (un unicorno, 2011). Perfetto dialogo con l'architettura esistente e felicissima realizzazione. Sembra che siano sempre state qui.

 

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Altre enormi sculturone in bronzo colorato degli anni 2005/2006 spuntano qua e là tra i prati: "Temple", "The Virgin Mother", "Sensation". La più riuscita di tutte, "Charity" (2002), però si trova nella zona delle stalle dove si staglia su una grande struttura di mattoni. Forse l'opera più riuscita e meglio ambientata. Notevolissima e cinica nella maniera giusta.

Damine Hirst è e rimane un grande "spacciatore" di meraviglie. Come fantasia e capacità di stupire probabilmente ancora imbattibile. Emerge chiaro che il suo modo di lavorare è in ogni caso molto legato alle pratiche degli  anni Novanta (gli anni d'oro infatti dell' "Hirstismo").

 

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Le sue ingegnose e solide variazioni sul tema (accompagnate da una più che generosa produzione in termini di quantità) lo tengono abbastanza lontano dalla fluttuante, ibrida e indefinibile realtà creativa dell'ultimo decennio. Il suo essere un traduttore abilissimo del "Pop" si scontra insomma con la forte tendenza di oggi che cerca recuperare elementi ed atmosfere piuttosto in accordo allo stile "Fluxus".

 

L' interminabile e silenzioso duello tra la Wharol e Beuys, risalente agli anni Sessanta, sembra al momento volgere a favore di quest'ultimo. Ma il vento inarrestabile e capriccioso del Vintage potrebbe presto riportare in auge il rivale. Ad Hirst alla fine basterà solo aspettare un po' per ritornare di nuovo "super-cool".

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