GIAN ARTURO FERRARI SGOMMA SUL TAR DEL LAZIO: ‘UN PORTO DELLE NEBBIE CHE BOCCIA I DIRETTORI STRANIERI. PERFETTO ESEMPIO DI SADISMO BUROCRATICO: INVECE DI LIMITARSI A BLOCCARE O RALLENTARE LE RIFORME, LA LASCIA PARTIRE, NE FA INTRAVEDERE I BENEFICI E POI, SUL PIÙ BELLO, NE TOGLIE UN TASSELLO PER FAR CROLLARE L’INTERO EDIFICIO. E LÌ IL PIACERE DEI BUROCRATI DIVENTA PEDAGOGICO: COSÌ IMPARATE’

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Gian Arturo Ferrari per il “Corriere della Sera

 

gian arturo ferrari gian arturo ferrari

Il sadismo burocratico è una recente innovazione nell' armamentario, già di per sé variegato, di cui si avvale il movimento anti-riformistico nel nostro Paese. Invece di limitarsi a bloccare, impedire, ostacolare o, più subdolamente, a rallentare, insabbiare, impantanare, il sadismo burocratico consiste nel lasciar partire una riforma, nel farne intravedere i benefici (o addirittura a lasciare che si inizi a goderne) e poi, sul più bello, nel toglierne un tassello, non importa quanto minuscolo, ma comunque bastevole a far crollare l' intero edificio.

 

Il piacere che se ne ricava è di natura pedagogica: la favola insegna che riformatori (nel nostro caso il ministro) e riformati (i direttori di museo, specie se, vade retro, stranieri) sono tali a loro rischio e pericolo. E, soprattutto, che le riforme, grandi o piccole, è bene non farle. Meglio: non pensarci neanche.

 

gian arturo ferrari gian arturo ferrari

Il caso di cui si parla è naturalmente quello del Tar del Lazio (impareggiabile porto delle nebbie) che ha bocciato cinque nomine di direttori di musei, uno dei quali straniero, facendo così saltare l' intero impianto della riforma del 2015, che prevedeva venti nomine di cui sette straniere.

 

Il pertugio in cui infilare il cuneo è stato individuato non nel fatto che la legge precedente vietava, ma che non prevedeva esplicitamente la possibilità di affidare la direzione dei musei a cittadini pudicamente definiti «non italiani». Per non dire, con maggiore rozzezza ma anche con salviniana chiarezza, «stranieri». Così di fronte a quella parte di mondo, esigua ma assai influente, che si occupa di cultura, che apprezza la cultura, che cioè ha senno e gusto, abbiamo rimediato una vera e propria figura da chiodi.

 

Come non ha mancato di notare, giustamente sconsolato, il ministro Franceschini. Giacché all' evidenza della mediocre gestione, nel passato, di molti nostri musei e siti archeologici e alla conclamata volontà di non cambiare, di non migliorare, a nessun costo, abbiamo aggiunto anche il provincialismo, l' angustia mentale, la puzza di chiuso di questa grottesca cacciata degli stranieri.

tar tribunale amministrativo regionale del lazio tar tribunale amministrativo regionale del lazio

 

Ora, bisogna ricordare e sottolineare che la parola «straniero» quando si parla di cultura non solo non ha alcun senso né alcuna legittimità sotto il profilo della comune decenza, ma che propriamente non esiste. Le opere d' arte, come tutte le creazioni della mente umana, non hanno passaporti, né cittadinanza. E coloro che se ne occupano professionalmente godono di riflesso di una sorta di extraterritorialità, appartengono intimamente a qualcosa che non ha confini, meritano di essere considerati per questa loro caratteristica e non per le coordinate geografiche del luogo in cui hanno avuto la ventura di nascere.

 

Fuori d' Italia, per nostra fortuna e vergogna, la speciale condizione della cultura e di tutto quanto è a essa connesso viene pacificamente riconosciuta. Nessuno si scandalizza e nessuno presenta ricorsi, ma tutti guardano con favore, si ritengono onorati se una personalità non di quel Paese viene a dirigere un' importante istituzione culturale. È un omaggio implicito al proprio patrimonio materiale e spirituale, alla propria storia.

Christian Greco museo egizio torino Christian Greco museo egizio torino

 

Non si tratta solo di una questione formale, è un aspetto sostanziale. Molto spesso l' adesione di uno studioso al proprio oggetto o alle circostanze della propria formazione è tale che la cittadinanza originaria passa in secondo piano rispetto alla patria di elezione. Che cos' era Bernard Berenson? Americano o italiano?

 

O lituano, per via della propria origine? Distinzioni oziose. Ho la fortuna di essere amico personale di Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, il secondo al mondo dopo quello del Cairo. Museo che egli ha completamente rinnovato, facendone non solo una meta frequentatissima, ma un centro di studi e di vita culturale con pochi eguali nel nostro Paese. Greco è vicentino di origine, ma si è formato all' Università di Pavia, grazie al fatto di essere alunno del Collegio Ghislieri.

 

Ma a Pavia non c' era modo di approfondire gli studi di egittologia ed egli decise quindi di proseguirli a Leida, in Olanda, il più importante centro europeo in questo settore. Doveva però mantenersi agli studi e pensò di insegnare latino e greco nei licei olandesi. A questo scopo imparò la lingua olandese.

Berenson Bernard Berenson Berenson Bernard Berenson

 

Arrivò a Torino dopo essere stato per diversi anni direttore del Museo di Leida, il terzo al mondo dopo Il Cairo e Torino. Che cos' è Greco, italiano od olandese? A che Paese appartiene, a quello della sua prima formazione o a quello in cui è diventato quello che è oggi? Forse a tutti e due, forse a nessuno. L' Italia è uno strano luogo dove convivono i giudici del Tar del Lazio e i Christian Greco. A voi - a noi - la scelta.

 

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