1- L’ESTABLISHMENT USA HA APERTO IL DOSSIER DELLA SUCCESSIONE DEL CAVALIERE LA PRESENZA IN ITALIA DELL’OBAMIANO JOHN PODESTA IN TUTTE LE FESTE DEL CENTROSINISTRA - IL VIAGGIO IN AMERICA DI FINE MAGGIO DI NAPOLITANO (CONSEGNATI DOSSIER PRURIGINOSI SU GHEDDAFI E PUTIN?) - AVVISATE BERLUSCONI CHE UNO DEGLI UOMINI PIÙ ASCOLTATI IN ASSOLUTO DA OBAMA È IL FINANZIERE-SPECULATORE GEORGE SOROS - 2 – COME LA DINASTIA DEGLI AGNELLI TIENE D’OCCHIO IL SUO “SALVATORE” MARPIONNE - 3 – IL CORRIERE DEI POTERI FORTI (BAZOLI E GERONZI) PONE UNA LAPIDE AL FUTURO DI ESUBERANCE PROFUMO E MUCCHETTI FA DIETROFRONT SU GHEDDAFI: \"QUALE REPUTAZIONE SI PUÒ ASSEGNARE A UN FONDO SOVRANO CHE NON PUBBLICA IL BILANCIO, NON HA UN SITO ONLINE ED È AGLI ULTIMI POSTI DELLE CLASSIFICHE SULL’OSSERVANZA DEI PRINCIPI SU CUI L’OCSE MISURA L’ACCOUNTABILITY DEI FONDI SOVRANI\"

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1 - L\'ESTABLISHMENT USA HA APERTO IL DOSSIER DELLA SUCCESSIONE DEL CAVALIERE - LA PRESENZA IN ITALIA DI JOHN PODESTA - IL VIAGGIO IN AMERICA DI FINE MAGGIO DI NAPOLITANO (DOSSIER PRURIGINOSI SU GHEDDAFI E PUTIN?) - AVVISATE BERLUSCONI CHE UNO DEGLI UOMINI PIÙ ASCOLTATI IN ASSOLUTO DA OBAMA È IL FINANZIERE-SPECULATORE GEORGE SOROS
Qualcuno si è chiesto che cosa pensano a Washington e alla Casa Bianca della crisi politica italiana?, e qual è il giudizio che i collaboratori di Obama danno del Cavaliere e di Fini che continua a sfregiarlo togliendogli la ribalta?

casacasa bianca

Non sono domande facili ma qualcosa si può intuire cercando di raccapezzarsi tra quelli che sono i consiglieri segreti del presidente \"giovane, bello e abbronzato\". Nelle loro mani c\'è un piccolo cannocchiale che cerca di vedere se la nave di Berlusconi oltre ad essere pericolosamente inclinata, è in procinto di affondare.

Al di là degli apprezzamenti formali di Obama, l\'establishment Usa ha aperto il dossier della successione del Cavaliere e l\'attenzione è diventata più forte dopo il viaggio in America di fine maggio di Giorgio Napolitano. Senza alcuna prova si è favoleggiata intorno a questa missione ed è circolata la voce che l\'Amministrazione democratica avrebbe riempito le valige del Presidente della Repubblica con dossier pruriginosi sugli affari di Berlusconi con il beduino Gheddafi e l\'amico Putin.

NapolitanoNapolitano e Obama

Sono autentiche sciocchezze anche se non è un mistero che agli occhi degli americani il business sulle armi e sull\'energia con la Libia e con la Russia suonano striduli. In realtà ci sono almeno due personaggi del mondo democratico che da Washington e New York seguono con interesse particolare l\'evoluzione del nostro Paese.

Il primo è il giurista e politico John Podesta, nato a Chicago 61 anni fa da una madre di origine greca e un padre italoamericano. Di lui Dagospia ha già segnalato la presenza in Italia verso la fine di agosto quando si è incontrato con Massimo D\'Alema per un seminario della Fondazione ItalianiEuropei.

Ma non è stato questo soltanto l\'incontro dell\'uomo che durante l\'Amministrazione Clinton sedeva sulla poltrona di Capo di Gabinetto e adesso è presidente del Center for American Progress, il think-tank di orientamento liberal dove si un pool di cervelli studia la geopolitica.

VOLEMOSEVOLEMOSE BENE TRA GHEDDAFI E BERLUSCONI

Podesta è rimasto in Italia parecchi giorni, ha partecipato alla festa del Partito Democratico a Genova, ha fatto un salto a Venezia per vederne le meraviglie, poi ha raccolto le forze ed è arrivato fino a Labro, il paesino in provincia di Terni dove Francesco Rutelli ha organizzato la Festa della sua creatura \"Alleanza per l\'Italia\". E bisognava vedere con quale gioia Cicciobello ha accolto il collaboratore di Clinton di cui all\'università di Georgetown e nell\'anticamera di Obama sono in molti ad apprezzare l\'intelligenza.

SlvioSlvio Berlusconi e Vladimir Putin

Sembrano lontani anni luce gli anni in cui i palazzi del potere romano venivano battuti in lungo e in largo dai cervelli dell\'American Enterprise Institute, il laboratorio dei conservatori americani dove fianco a fianco hanno lavorato i vari Luttwack, Michael Novak, il supereaganiano Kagan, e l\'amico di Giuliano Ferrara, Michael Leeden.

Adesso sono i cervelli democratici a tener d\'occhio le quotazioni di Berlusconi e tra questi, oltre a Podesta, vale la pena di segnalare che uno degli uomini più ascoltati in assoluto da Barack Obama è il finanziere ungherese-americano George Soros.

Il personaggio si porta addosso la fama di grande speculatore, un\'immagine che nel settembre \'92 è esplosa quando Soros vendette allo scoperto più di 10 miliardi di dollari in sterline e la Banca d\'Inghilterra fu costretta a svalutare e a far uscire la sua moneta dallo Sme. Da quell\'operazione \"l\'uomo che distrusse la Banca d\'Inghilterra\" mise in tasca più di 1 miliardo di dollari ma cercò di riscattarsi buttandosi nella filantropia e appoggiando un altro think-tank importante come il Council on Foreign Relations.

JohnJohn Podesta

La stampa italiana lo ha perso di vista; soltanto un paio di anni fa il suo nome è spuntato fuori in modo del tutto gratuito per l\'acquisto della Roma. In realtà il finanziere ha continuato a giocare su due tavoli: quello dell\'economia con il suo Fondo Quantum che l\'anno scorso - come scrive oggi il \"Sole 24 Ore\" - è cresciuto del 29% facendogli guadagnare 3,3 miliardi.

johnjohn podesta con obama

E sempre sul \"Sole\" si legge che in questi giorni ha donato 100 milioni di dollari a un\'organizzazione per la difesa dei diritti umani (Human Rights Watch) mettendosi in gara per la beneficienza con Bill Gates e Warren Buffett.

In realtà oltre agli interessi finanziari e alla solidarietà (dove opera attraverso l\'Open Society Institute insieme alla bella attrice Angelina Jolie), Soros a quanto risulta tiene d\'occhio il caos sotto le stelle italiane. E questo suo interesse non va affatto trascurato perché l\'uomo che ha appoggiato Solidarnosc e finanziato movimenti in Ucraina, Georgia e Bielorussia, potrebbe menare qualche colpetto a sorpresa durante una campagna elettorale con l\'Italia nel mirino degli speculatori.

GEORGEGEORGE SOROS

2 - COME LA DINASTIA DEGLI AGNELLI TIENE D\'OCCHIO IL SUO \"SALVATORE\" MARPIONNE
Nel pomeriggio si riunirà il Consiglio di Presidenza di Confindustria dove ieri si è preso atto della decisione di Federmeccanica sulla disdetta del contratto nazionale siglato con i sindacati il 20 gennaio 2008.

Ai piani alti di viale dell\'Astronomia non c\'è agitazione, ed è molto probabile che i membri del Consiglio si rallegrino con Emma Marcegaglia per il premio che ieri è stato assegnato al fratello Antonio da \"Metal Bullettin\" come miglior manager dell\'anno nell\'acciaio. Forse qualcuno riderà sotto i baffi per le dichiarazioni rilasciate ieri dal presidente di Federmeccanica Pierluigi Ceccardi (titolare di un\'azienda di Mantova) che con notevole faccia tosta ha dichiarato che \"Fiat non ha spinto per niente nel recesso del contratto e l\'accelerazione che abbiamo imposto è per tutelare le esigenze delle aziende metal meccaniche e di 1 milione di lavoratori che da esse dipendono\".

MARCEGAGLIAMARCEGAGLIA

La svolta imposta da Marpionne apre un capitolo importante nella storia centenaria di Confindustria, ma di questo si parlerà soprattutto nelle due giornate organizzate a Genova sul tema della competitività.

Sarebbe interessante capire con quale stato d\'animo la rottura è vissuta a Torino non solo dentro la Fiat ma anche nella Sacra Famiglia degli Agnelli. Finora la danza l\'ha menata con determinazione assoluta il manager dal pullover sgualcito che con i suoi ultimatum ha fatto capire di non accettare il ricatto continuo di Cgil e Fiom.

MARCHIONNEMARCHIONNE

Nessuno tra gli eredi e i familiari dell\'Avvocato ha la forza e la capacità di spiegare al figlio del carabiniere Concezio che dopo la svolta di ieri qualche pericolo di conflitto sociale potrebbe anche rendere caldo l\'autunno. E anche qualche membro del Consiglio di amministrazione di Fiat allontana questo spauracchio. È il caso ad esempio di Gian Maria Gros Pietro, l\'economista dalla cravatta rosa che siede come indipendente nel Consiglio della società automobilistica.

Ieri sera ad esempio l\'ineffabile Gros Pietro si è sperticato a \"Sky Tg 24\" sulla bontà del modello Usa. Ha detto che durante la sua visita agli stabilimenti di Detroit a fine luglio ha visto operai orgogliosi e felici di lavorare con Marpionne.

JohnJohn Elkann con MArchionne

La Sacra Famiglia degli Agnelli ha sempre lasciato corda lunga ai suoi manager e ad eccezione di Carletto De Benedetti che durò soltanto cento giorni, le stagioni di Valletta e di Romiti sono durate decenni. La prevalenza del manager è cominciata negli anni \'50 quando l\'Avvocato aveva \"le unghie fresche di manicure\" e si dedicava a piaceri nobilissimi.

AndreaAndrea Agnelli

Sarebbe però un errore pensare che la dinastia oggi non tenga d\'occhio le mosse americane di Marpionne. Oltre al giovane Yaki, che proprio oggi sostituisce Luchino di Montezemolo nel Patto di sindacato Rcs, comincia ad affacciarsi sulla scena anche Andrea Agnelli, il figlio di Umberto che ha già messo le mani sulla Juventus e tra poco le allungherà anche sulla Ferrari.

A conferma di questa attenzione più vigile di quanto appaia non ci sono soltanto gli articoli pubblicati in agosto con spirito critico dal \"Corriere della Sera\" con la firma di Massimo Mucchetti, ma c\'è uno stupefacente servizio da New York che appare oggi sulla \"Stampa\", il giornale di proprietà della Fiat. Ebbene, in questo articolo si parla di Marpionne e della sua trattativa con la task force di Obama per il salvataggio di Chrysler.

GIANGIAN MARIA GROSS PIETRO - copyright pizzi

A parlare è Steve Rattner, l\'uomo che un anno fa ha guidato la task force del Governo per salvare l\'industria dell\'auto. Questo Rattner (definito lo zar delle quattro ruote) ha scritto 320 pagine per raccontare particolari inediti della trattativa con Marpionne. \"Avevamo davanti un Dottor Jekyll e un Mister Hyde, perché c\'era un seduttore, ma c\'era anche qualcun altro\", e dopo narra di quando Marpionne si confrontò con il presidente del sindacato dei lavoratori dell\'auto, il baffuto Ronald Gettelfinger.

AgnelliAgnelli Romiti

In quell\'occasione - scrive sempre \"La Stampa\" - il manager italo-canadese aveva appena finito di spiegare perché i lavoratori avrebbero dovuto adeguarsi a una \"cultura della povertà\" al posto di una \"cultura dei diritti\". La risposta del leader sindacale fu micidiale. \"Perché non viene a spiegare a questa vedova di 75 anni che non può essere sottoposta all\'intervento di cui ha bisogno e che tu hai ucciso suo marito?\".

Ecco una pagina davvero inedita che spiega come la pensa il manager dal pullover sgualcito sulle relazioni industriali. Ed è davvero sorprendente che a pubblicarla sia il giornale della Fiat. Un piccolo segnale che la dinastia degli Agnelli tiene d\'occhio il suo \"salvatore\".

3 - IL CORRIERE MOLLA AL SUO DESTINO PROFUMO E MUCCHETTI FA DIETROFRONT SU GHEDDAFI: \"QUALE REPUTAZIONE SI PUÒ ASSEGNARE A UN FONDO SOVRANO CHE NON PUBBLICA IL BILANCIO, NON HA UN SITO ONLINE ED È AGLI ULTIMI POSTI DELLE CLASSIFICHE SULL\'OSSERVANZA DEI PRINCIPI SU CUI L\'OCSE MISURA L\'ACCOUNTABILITY DEI FONDI SOVRANI\"
Il presidente di Unicredit Dieter Rampl non sorride più.

dede benedetti agnelli

E anche stamane quando poco prima delle 9 è entrato a Piazza Cordusio ha schivato i giornalisti con l\'aria piuttosto tesa dicendo \"lavoreremo, non vi preoccupate\". Si lavorerà molto oggi nella banca dove i libici sono entrati a piedi giunti facendo traballare l\'architettura azionaria di Alessandro Profumo.

STEVENSTEVEN RATTNER

Eppure Rampl, che secondo il quotidiano \"MF\" sarebbe sul punto di dare le dimissioni, è sempre apparso un uomo gioioso. Rideva il 20 maggio 2007 accanto a Geronzi e Profumo quando a Roma a Palazzo De Carolis Cesarone Geronzi ammollò Capitalia sulle spalle di Profumo.

DIETERDIETER RAMPL - copyright Pizzi

E rideva anche sulla tribuna dello stadio Bernabeu quando in occasione della finale di Champions League (sponsorizzata dalla banca), l\'Inter sconfisse la \"tedesca\" Bayern Monaco.

Adesso Rampl che ha festeggiato i 63 anni domenica scorsa, è preoccupato per l\'assetto dell\'Istituto dove il baricentro sembra essersi spostato dall\'Europa dell\'Est al deserto libico. A dargli manforte sui dubbi che il Fondo sovrano e la Banca centrale di Tripoli possano cambiare la strategia dell\'Istituto arriva un\'analisi fredda del solito Mucchetti sul \"Corriere della Sera\".

ALESSANDROALESSANDRO PROFUMO E SIGNORA - copyright Pizzi

Scrive il giornalista: \"anche se la scalatina risultasse regolare, quale reputazione si può assegnare a un Fondo sovrano che non pubblica il bilancio, non ha un sito online ed è agli ultimi posti delle classifiche sull\'osservanza dei principi su cui l\'Ocse misura l\'accountability dei fondi sovrani?\", e conclude: \"la storia della Libia in Unicredit andrà come andrà, ma è già evidente che un tetto del 10% entro il quale ciascuno è libero di formare pacchetti strategici, può aprire le porte all\'avventura\".

vittoriovittorio malagutti

Sono giudizi pesanti che chiamano in ballo la reputazione della prima banca italiana che dovrebbe essere garantita dalla copertura del Governo (\"un Governo - scrive disperato Mucchetti - libero da vincoli\").

Nel pomeriggio si terrà la riunione straordinaria del Comitato Governance che prelude a un\'altra riunione straordinaria del Consiglio di amministrazione. È probabile che non succeda nulla di sconvolgente. Profumo resterà al suo posto e il Rampl intristito dagli eventi non lascerà la poltrona da 1,5 milioni prima che la Banca d\'Italia si pronunci sul ruolo delle potenze beduine.

paolopaolo biasi

E per quanto riguarda l\'agitazione della Lega e delle Fondazioni azioniste (prima fra tutte Cariverona) ci sarà modo di riparlarne più avanti quando il quadro politico sarà più chiaro e il presidente di Cariverona Paolo Biasi avrà dato risposte decenti alle accuse che gli arrivano oggi dalle colonne de \"Il Fatto\" dove il giornalista Vittorio Malagutti ha spiegato con molti particolari le anomalie che hanno permesso alle aziende di Biasi (azionista forte di Unicredit) di godere delle linee di credito di piazza Cordusio.

 

 

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