1- UNA VOLTA SI SCATENAVANO GUERRE, OGGI GLI STATI LOTTANO COI CAMBI DELLE MONETE - 2- PERCHÉ LA CINA SI PUÒ PERMETTERE DI FARE UNA PERNACCHIA AL MONDO (ASIA COMPRESA) - 3- PECHINO NON VUOLE FARE LA FINE DEL GIAPPONE.1985: STAGNAZIONE E “DECENNIO PERDUTO” - 4- CRISI ECONOMICA, SVALUTAZIONI SELVAGGE E CORSA ALL’ORO SONO FENOMENI CONCATENATI - 5- MA IL CAMBIO TRA MONETE È UN GIOCO A SOMMA ZERO: SE UNO GUADAGNA, L’ALTRO SPROFONDA - 5- MARTIN WOLF DEL “FINANCIAL TIMES”: NESSUNO VUOLE RIMANERE COL CERINO IN MANO, MA SENZA COLLABORAZIONE SI VA VERSO IL DISASTRO (SOPRATTUTTO IN EUROPA)

Condividi questo articolo


1 - WEN METTE IN GUARDIA CONTRO LE PRESSIONI SUL RENMINBI (YUAN)
Dal \"Financial Times\"
http://bit.ly/9SYlkE

WENWEN Jiabao

- Il primo ministro cinese Wen (in genere la \"faccia buona\" della Cina, rispetto al più arcigno presidente Hu Jintao, NdDago) avverte che forzare la mano di Pechino e far rivalutare la moneta cinese sarebbe \"un disastro per il mondo\"

- Mentre mezzo mondo cerca di svalutare le proprie valute nei confronti del Dragone, Wen, parlando a Bruxelles, ha rimarcato che una simile mossa porterebbe a gravi disordini sociali in Cina, causando \"la chiusura di molte aziende, il ritorno dei lavoratori nelle campagne. Se la Cina dovesse affrontare una simile turbolenza sociale ed economica, sarebbe un disastro per il mondo\".

- Siccome la Cina non ha intenzione di far apprezzare il renminbi, molti paesi hanno cominciato ad abbassare artificialmente il tasso di cambio tra le loro valute e quella cinese.

- Tim Geithner, ministro del Tesoro USA, ha detto che simili correzioni sono contagiose: \"se economie importanti con monete che hanno tassi di troppo bassi ne impediscono l\'apprezzamento, questo incoraggia altri Paesi a fare lo stesso\".

Dopo Brasile e Giappone, anche India e Thailandia stanno cercando di bloccare la crescita delle loro valute.


2 - MONETE: SVALUTAZIONE MUTUA ASSICURATA

OBAMAOBAMA HU JINTAO

(Gioco di parole con \"Distruzione Mutua Assicurata\", ovvero l\'esito catastrofico che avrebbe potuto avere la Guerra Fredda nel caso in cui una delle due potenze avesse sferrato un attacco nucleare e l\'altra avesse risposto con le stesse armi, provocando di fatto l\'annientamento di entrambi i campi senza nessun vincitore, NdDago)

Dagotraduzione dal \"Financial Times - Lex\"
http://bit.ly/bRWj3I

La moneta è nostra, ma il problema è il tuo. Nel 1971, il ministro del Tesoro americano disse al resto del mondo che avrebbe dovuto fare i conti con un dollaro debole.

Oggi, lo stesso avvertimento potrebbe essere espresso dai leader cinesi, che sono riusciti a tenere sotto controllo il livello del renminbi ignorando le lamentele sul fatto che la rivalutazione sta avvenendo troppo lentamente. Il Giappone, il cui intervento a Settembre è stato completamente stravolto dal mercato, può solo sperare di avere un successo simile.

L\'atteggiamento di Pechino non è affatto isolato. In Paesi grandi e piccoli - Giappone, Svizzera, Corea, USA e Regno Unito - una moneta svalutata è vista come una soluzione indolore ai problemi economici. Ma il Forex (foreign exchange, il mercato di cambio valutario), diversamente dall\'economia reale, è un gioco a somma zero. Ci deve essere una lotta tra Paesi che guadagnano e Paesi che perdono.

Non ci sono volontari che vogliano mettersi nel campo dei perdenti. I capi di Stato dell\'area Euro, che hanno visto la moneta unica guadagnare il 15% nei confronti del dollaro a partire da giugno, saranno i primi a mugugnare agli incontri internazionali che si svolgeranno a Washington questo weekend, ma i politici è comprensibile che pensino quasi solamente al loro elettorato nazionale.

GEITHNERGEITHNER

Essere disposti a sacrificare la rispettabilità internazionale è però pericoloso, specialmente da quando i governi sono garanti del sistema finanziario globale. Gli sforzi dei singoli Paesi volti ad adulterare le valute tagliando i tassi di interesse e stampando moneta rischia di portare all\'inflazione. È questa prospettiva che ha portato gli investitori a comprare oro, che è salito del 16% da giugno.

Le placche tettoniche del cambio monetario si sono mosse; gli ammonimenti su una \"guerra\" valutaria (vedi il ministro delle finanze brasiliano, nell\'articolo di Martin Wolf qui sotto) non sono più considerati allarmisti. Ma all\'epoca ci volle una guerra mondiale per ispirare il sistema di Bretton Woods - l\'ultima grande fiammata di coordinazione valutaria internazionale - che si è indebolito solo gradualmente.

Nella situazione in cui siamo ora, anche una riedizione del debole Accordo del Plaza del 1985 sembra troppo ambiziosa, sebbene qualunque studioso della teoria dei giochi o storico dell\'economia vi può dimostrare che la cooperazione porta prosperità mentre la competizione crea barriere al commercio che sono in definitiva reciprocamente distruttivi.

FINANCIALFINANCIAL TIMES

L\'equivalente finanziario di una guerra potrebbe di nuovo essere necessario per raggiungere un altro consistente accordo internazionale. E questo è un problema di tutti.


3 - LE VALUTE SI SCONTRANO IN UNA NUOVA ERA DI \"RUBAMAZZO GLOBALE\"
Martin Wolf per il \"Financial Times\"
Traduzione di Fabio Galimberti per \"Il Sole 24 Ore\"

«Siamo nel pieno di una guerra valutaria internazionale, un generale indebolimento delle maggiori monete. Per noi questo rappresenta un pericolo, perché ci rende meno competitivi». La lamentela di Guido Mantega, il ministro dell\'Economia brasiliano, è assolutamente comprensibile.

In una fase di domanda debole, i paesi che possiedono valute di riserva adottano politiche di espansione monetaria, e gli altri reagiscono con interventi sul tasso di cambio. Quei paesi, come il Brasile, che non appartengono alla prima categoria e preferiscono non imitare la seconda, si ritrovano con la valuta alle stelle; e hanno paura delle conseguenze.

euroeuro

Non è la prima volta che assistiamo a conflitti valutari di questo genere. Nel settembre del 1985, ormai 25 anni fa, i governi di Francia, Germania, Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna si riunirono all\'hotel Plaza di New York e si accordarono per favorire il deprezzamento del dollaro. Prima ancora, nell\'agosto del 1971, il presidente americano Richard Nixon impose il Nixon shock, con l\'introduzione di una sovrattassa del 10% sulle importazioni e la fine della convertibilità del dollaro in oro, due eventi che riflettevano il desiderio americano di un dollaro più debole. Desiderio che emerge anche oggi.

Ma questa volta è diverso: al centro del problema non c\'è un alleato compiacente, com\'era allora il Giappone, ma la prossima superpotenza mondiale, la Cina. Quando si scontrano due elefanti del genere, per gli altri c\'è il forte rischio di finire calpestati.

Sono tre gli elementi significativi delle odierne guerre valutarie.

Il primo è che il mondo sviluppato, a seguito della crisi, è affetto da una cronica carenza di domanda. In nessuna delle sei maggiori economie ad alto reddito (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia) il Pil nel secondo trimestre di quest\'anno è tornato ai livelli a cui era arrivato nel primo trimestre del 2008. Queste economie stanno marciando a livelli anche del 10% inferiori rispetto ai trend precedenti.

lulalula e obama

Un indicatore dell\'eccesso di offerta è il calo dell\'inflazione primaria negli Stati Uniti e nella zona euro a livelli prossimi all\'1%: si profila la deflazione. Questi paesi puntano sulle esportazioni per spingere la crescita, sia nel caso di quei paesi con un disavanzo commerciale (come gli Stati Uniti) sia nel caso di quelli in attivo nel saldo con l\'estero (come Germania e Giappone). Ma, complessivamente, uno scenario del genere potrebbe concretizzarsi solo se le economie emergenti virassero verso un passivo nel saldo delle partite correnti.

Il secondo elemento, in effetti, è che il settore privato lavora proprio in questa direzione. Secondo l\'Institute for international finance di Washington, quest\'anno il flusso netto di finanziamenti privati verso i paesi emergenti sarà di 746 miliardi di dollari, parzialmente compensato da un flusso in uscita dal settore privato di questi paesi di 566 miliardi.

Nonostante tutto, considerando anche il surplus delle partite correnti di 320 miliardi di dollari e i modesti flussi di capitali pubblici in entrata, il saldo della bilancia dei pagamenti dei paesi emergenti, senza l\'intervento dello stato, sarebbe un surplus di 535 miliardi di dollari. Ma questo sarebbe impossibile: le partite correnti devono pareggiare il flusso netto di capitali. In assenza dell\'intervento dello stato, l\'aggiustamento avverrebbe attraverso un aumento del tasso di cambio. Alla fine, i paesi emergenti presenterebbero una situazione di disavanzo delle partite correnti finanziato tramite un afflusso netto di capitale privato dai paesi ad alto reddito. Anzi, è proprio quello che ci si aspetterebbe di vedere.

brasilebrasile

Il terzo è che l\'aggiustamento naturale continua a essere ostacolato dall\'accumulo di riserve di valuta estera. Queste somme rappresentano un deflusso di capitali pubblici. Tra il gennaio \'99 e il luglio 2008, le riserve degli stati a livello mondiale sono cresciute da 1.615 a 7.534 miliardi di dollari (un incremento sbalorditivo di 5.918 miliardi). Alla base di questo enorme incremento c\'è la volontà, dopo crisi passate, di dotarsi di una sorta di autoassicurazione. E le riserve in effetti sono state utilizzate nel corso di questa crisi, tanto che tra il luglio del 2008 e il febbraio del 2009 si sono ridotte di 472 miliardi.

Tutto questo è stato indiscutibilmente utile per quei paesi che non hanno valute di riserva, perché li ha messi nelle condizioni di attutire l\'impatto. Ma l\'impiego delle riserve equivale ad appena il 6% del livello di prima della crisi. Inoltre, tra febbraio 2009 e maggio 2010 le riserve sono cresciute di altri 1.324 miliardi, arrivando quasi a 8.385 miliardi. Il mercantilismo trionfa!

La Cina è di gran lunga lo stato che interviene di più: da febbraio 2009 Pechino pesa per il 40% nell\'accumulo di riserve. A giugno 2010 le riserve cinesi hanno toccato quota 2.450 miliardi di dollari, il 30% del totale mondiale, una somma corrispondente - incredibilmente - alla metà del suo stesso Pil. Questo accumulo di riserve va considerato come un colossale sussidio alle esportazioni.

Mai, nella storia umana, il governo di una superpotenza ha prestato così tanto denaro al governo di un\'altra superpotenza. Qualcuno (ad esempio Komal Sri-Kumar, della Trust Company of the West, sul Financial Times di settimana scorsa) sostiene che questa gestione del tasso di cambio non equivale a manipolazione del medesimo, contrariamente alle opinioni diffuse nel Congresso americano, perché l\'aggiustamento può avvenire attraverso «variazioni dei costi e dei prezzi a livello nazionale».

giapponegiappone

Una tesi del genere risulterebbe più convincente se la Cina non si fosse impegnata a fondo e con successo per reprimere le naturali conseguenze monetarie, e dunque inflazionistiche, dei suoi interventi. Contemporaneamente, l\'inevitabile aggiustamento in direzione di un disavanzo del saldo con l\'estero nei paesi emergenti viene scaricato su quei paesi che attirano flussi di capitale in ingresso e non vogliono o non possono intervenire sui mercati valutari nella misura necessaria. Povero Brasile! Chissà che non possa addirittura essere il colpo d\'avvio per la prossima crisi finanziaria dei mercati emergenti.

In assenza di aggiustamenti valutari stiamo assistendo a una forma di guerra monetaria: gli Usa cercano di inflazionare la Cina e la Cina cerca di deflazionare gli Usa. Gli uni e gli altri sono convinti di avere ragione, nessuno dei due riesce a fare quello che vorrebbe e il resto del mondo paga le conseguenze.

Il punto di vista della Cina è facilmente comprensibile: Pechino vuole a tutti i costi evitare di fare la fine del Giappone dopo l\'accordo del Plaza. Con l\'export reso meno competitivo dal forte aumento della valuta e di fronte alle pressioni americane per ridurre il surplus delle partite correnti, il Giappone, invece d\'imboccare la strada delle riforme strutturali necessarie, optò per una colossale politica d\'espansione monetaria.

InterventoIntervento che funziona (Yuan vs dollaro) e non (Yen vs dollaro)

La bolla speculativa che ne seguì ha contribuito a dare origine al \"decennio perduto\" degli anni 90. Da dominatore della scena economica mondiale, il Giappone è precipitato nella stagnazione. Per la Cina, naturalmente, un esito di questo tipo rappresenterebbe una catastrofe. Al tempo stesso, però, è difficile immaginare una configurazione solida dell\'economia mondiale senza consistenti flussi di capitale dai paesi ad alto reddito agli altri. Ma è altrettanto difficile se l\'economia emergente più grande e brillante del mondo è anche la prima esportatrice netta di capitali.

Quello che serve è un percorso che conduca a questi indispensabili aggiustamenti globali. Per arrivarci servirà non soltanto una volontà collaborativa che al momento sembra tragicamente latitare, ma anche una maggiore inventiva sulle riforme da introdurre a livello nazionale e internazionale. Mi piacerebbe essere ottimista. Ma non lo sono: un mondo in cui ogni paese bada a scaricare sugli altri il peso della crisi difficilmente può andare incontro a un lieto fine.

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT L’INTELLIGENCE DI USA E IRAN HANNO UN PROBLEMA: NETANYAHU - L'OPERAZIONE “TERRORISTICA” CON CUI IL MOSSAD HA ELIMINATO IL GENERALE DELLE GUARDIE RIVOLUZIONARIE IRANIANE NELL'AMBASCIATA IRANIANA A DAMASCO E LA SUCCESSIVA TENSIONE CON TEHERAN NON È SPUNTATA PER CASO: È SERVITA AL PREMIER ISRAELIANO A "OSCURARE" TEMPORANEAMENTE LA MATTANZA NELLA STRISCIA DI GAZA, CHE TANTO HA DANNEGGIATO L'IMMAGINE DI ISRAELE IN MEZZO MONDO - NETANYAHU HA UN FUTURO POLITICO (ED EVITA LA GALERA) SOLO FINCHÉ LA GUERRA E LO STATO D'ALLARME PROSEGUONO...

DAGOREPORT – BIDEN HA DATO ORDINE ALL'INTELLIGENCE DELLA CIA CHE LA GUERRA IN UCRAINA DEVE FINIRE ENTRO AGOSTO, DI SICURO PRIMA DEL 5 NOVEMBRE, DATA DEL VOTO PRESIDENZIALE AMERICANO - LO SCENARIO E' QUESTO: L’ARMATA RUSSA AVANZERÀ ULTERIORMENTE IN TERRITORIO UCRAINO, IL CONGRESSO USA APPROVERÀ GLI AIUTI MILITARI A KIEV, QUINDI PUTIN IMPORRÀ DI FARE UN PASSO INDIETRO. APPARECCHIATA LA TREGUA, FUORI ZELENSKY CON NUOVE ELEZIONI (PUTIN NON LO VUOLE AL TAVOLO DELLA PACE), RESTERA' DA SCIOGLIERE IL NODO DELL'UCRAINA NELLA NATO, INACCETTABILE PER MOSCA – NON SOLO 55 MILA MORTI E CRISI ECONOMICA: PUTIN VUOLE CHIUDERE PRESTO IL CONFLITTO, PER NON DIVENTARE UN VASSALLO DI XI JINPING... 

FLASH! - FACILE FARE I PATRIOTI CON LE CHIAPPE ALTRUI – INDOVINATE CHE AUTO GUIDA ADOLFO URSO, IL MINISTRO CHE PER DIFENDERE L'ITALIANITÀ HA “COSTRETTO” ALFA ROMEO A CAMBIARE NOME DA “MILANO” A “JUNIOR”? UN PRODOTTO DELL’INDUSTRIA MADE IN ITALY? MACCHÉ: NELLA SUA DICHIARAZIONE PATRIMONIALE, SPUNTANO UNA VOLKSWAGEN T-CROSS E UNA MENO RECENTE (MA SOSTENIBILE) TOYOTA DI INIZIO MILLENNIO. VEDIAMO IL LATO POSITIVO: ALMENO NON SONO DEL MARCHIO CINESE DONFGENG, A CUI VUOLE SPALANCARE LE PORTE...

DAGOREPORT – ANCHE I DRAGHI, OGNI TANTO, COMMETTONO UN ERRORE. SBAGLIÒ NEL 2022 CON LA CIECA CORSA AL COLLE, E SBAGLIA OGGI A DARE FIN TROPPO ADITO, CON LE USCITE PUBBLICHE, ALLE CONTINUE VOCI CHE LO DANNO IN CORSA PER LA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE EUROPEA - CHIAMATO DA URSULA PER REALIZZARE UN DOSSIER SULLA COMPETITIVITÀ DELL’UNIONE EUROPEA, IL COMPITO DI ILLUSTRARLO TOCCAVA A LEI. “MARIOPIO” INVECE NON HA RESISTITO ALLE SIRENE DEI MEDIA, CHE TANTO LO INCENSANO, ED È SALITO IN CATTEDRA SQUADERNANDO I DIFETTI DELL’UNIONE E LE NECESSARIE RIFORME, OFFRENDOSI COME L'UOMO SALVA-EUROPA - UN GRAVE ERRORE DI OPPORTUNITÀ POLITICA (LO STESSO MACRON NON L’HA PRESA BENE) - IL DESTINO DI DRAGHI È NELLE MANI DI MACRON, SCHOLZ E TUSK. SE DOPO IL 9 GIUGNO...