DOLLARO MADOFF
Un gesto civile, degno di un condottiero. Un gesto disperato di chi ha perso il potere, oppure è vittima di un crac e di una congiura famigliare. Magari è solo impelagato con un problema fiscale: dimostrare al fisco italiano di essere solo uno con la residenza svizzera senza più cariche operative in patria...
Carletto De Benedeti non aveva ancora finito di parlare davanti ai giornalisti e già i commenti si sprecavano nei palazzi del potere e nei quartieri generali dell\'editoria. A Mediaset e ad Arcore hanno stappato lo champagne come se la ritirata dell\'Ingegnere fosse simile al crollo della statua di Hussein nella piazza di Baghdad.
A Roma le reazioni sono state piu\' contenute; vale per tutte quella delle decine di personaggi che intorno alle 19.30 si sono ritrovati all\'hotel Parco dei Principi per partecipare a un piccolo evento del Club Canova.
Nel salone dell\'albergo alle spalle dello zoo, il presidente del Club, Stefano Balsamo un banchiere di J.P.Morgan, aveva raccolto personaggi come Innocenzo Cipolletta, Luigino Abete, Fabio Gallia e Lamberto Cardia, ma la star della serata è stato Guido Rossi il 78enne superavvocato di Milano (amico e consulente storico di De Benedetti) che ha parlato della finanza tossica e ha proposto la creazione di un authority globale in grado di regolare il mercato d\'azzardo.
Carlo CaraccioloIl celebre giurista era in gran forma e ha lanciato frecciatine al presidente della Consob Cardia, senza mai citare la vicenda De Benedetti. Di questa ne hanno parlato a cena, e le interpretazioni sono state più misurate dei brindisi frettolosi di Milano.
Il giudizio comune è che con il suo grande gesto l\'Ingegnere di Torino abbia fatto un passo indietro dalla scena economico-finaziaria senza rinunciare al giocattolo politico del Gruppo Espresso che resterà saldamente nelle sue mani. E\' un giudizio corretto che coincide con i commenti dei giornali, dove qualcuno si spinge a dire che Carletto vuol avere le mani libere per menare meglio il suo antagonista storico Silvo Berlusconi. D\'altra parte è lui stesso ad affermare in un\'intervista a Massimo Giannini su Repubblica: \"non vendero\' mai l\'Espresso, Repubblica e\' una missione\", e aggiunge \" l\'editoria per me e\' stata una passione e una missione. E continuerà ad esserlo\".
Passione e missione sono i concetti forti ripetuti nei 20 minuti che hanno segnato l\'apparente \"ritirata\" di quest\' uomo che ieri e\' arrivato all\'appuntamento con i giornalisti sottobraccio alla bella moglie Silvia, ma con l\'aria profondamente scossa. Sul suo volto non c\'era traccia di quell\'arroganza che lo ha portato a cavalcare grandi avventure industriali.
Non c\'era il segno della supponenza con cui nel 1976 accettò l\'invito dei suoi amici Gianni e Umberto Agnelli a guidare la Fiat. La prima moglie Mita Roseri lo aveva sconsigliato, ma lui che allora aveva appena 40 anni, accolse la chiamata e dopo 4 mesi sbattè la porta in faccia alla Sacra Famiglia degli Agnelli. Nell\'88 (lo ha ricordato ieri come un errore penoso) si ficcò in testa di conquistare la Société Generale del Belgio e in quell\' occasione a sbattergli la porta in faccia e a disprezzare la sua scatola di cioccolatini fu Etiènne Davignon.
Luigi SpaventaDa quel momento è iniziato il declino delle sue fortune industriali e anche se i successi di Omnitel e di Cir non lo hanno emarginato, per il salotto buono di Mediobanca e dei poteri forti Carletto è diventato un \"animale\" da osservare con attenzione.
Ieri sera ha ripercorso la sua epopea e con fierezza ha difeso la coerenza del suo pensiero politico negando di aver mai avuto in tasca la prima tessera del Partito Democratico, poi di fronte alla domanda di un giornalista ha definito \"un episodio irrilevante\" il pasticcio della società \"Management&Capitali\", creata a lume di candela con il Cavaliere dai capelli cremolati, poi naufragata dopo la rivolta dei giornalisti dell\'Espresso e di Repubblica.
Tutto fa pensare che con il grande antagonista di palazzo Chigi, Carletto abbia ancora dei conti in sospeso e che vorra\' regolarli con la corazzata del gruppo Espresso di cui intende mantenere non solo la presidenza onoraria ma anche il potere di nomina dei direttori.
Ma che cosa è successo per accelerare l\'annuncio di ieri caduto come una bomba nella tranquilla coscienza della finanza milanese? A questa domanda Dagospia può dare una risposta perchè nella sua infinita miseria è in grado di rivelare cio\' che e\' successo domenica durante una riunione di famiglia dove sembra che i toni siano stati drammatici.
Non è un mistero che da alcuni mesi il figlio Rodolfo (primogenito nato nel 1961) da circa un anno si batte per separare le attività industriali di Cir da quelle editoriali. Alla fine di luglio dell\'anno scorso Rodolfo che crede piu\' alle utilities che alla carta stampata, ha dichiarato: \"non sono ipocrita, il mercato editoriale e\' molto difficile perchè sono in atto un cambiamento strutturali che devono far riflettere\".
Marco BenedettoDa quel momento è partita l\'operazione affidata a Mediobanca di separare Sogenia e le altre attività dalle sorti della carta stampata. Il disegno doveva portare a sciogliere l\'intreccio industriale, politico e giornalistico sul quale De Benedetti ha costruito la sua fortuna e difeso lo spazio politico. In autunno il progetto è fallito e dal quel momento i rapporti in famiglia si sono arroventati.
Nella riunione tempestosa del weekend sembra addirittura che Rodolfo abbia buttato sul piatto le sue dimissioni dalla Cir, mentre il fratello Marco non ha aperto bocca. Da qui la decisione improvvisa di papà Carlo di annunciare il passo indietro. Un fatto è certo: fino alle 16.30 di ieri nessuno dei due figli sapeva della conferenza stampa in cui un\'ora dopo il padre-padrone dell\'impero sapeva qualcosa delle dimissioni.
Passione e missione. Passione per l\'editoria come male incurabile e missione per una politica riformista che a sentire l\'Ingegnere pulsa nelle sue vene da quando aveva 18 anni. E\' questa l\'equazione che porta la famiglia a separare i destini. Qualcuno vuole aggiungere di piu\' e tra le ragione del gesto che ha fatto brindare i ragazzi di Segrate e di Mediaset, elenca questioni di salute (seccamente smentite dall\'interessato) e difficolta\' finanziarie provocate dal crack dell\'ebreo Madoff nel Fondo in cui Carletto avrebbe messo molti quattrini.
DE BENEDETTIDi questi rumors non c\'è conferma mentre e\' chiaro che lo sganciamento dell\'Ingegnere è partito dal giorno in cui ha chiesto la cittadinanza svizzera e dalla vendita in blocco delle azioni di Tiscali dell\'amico Soru.
Adesso la partita si gioca sul fronte del Gruppo Espresso, la roccaforte che il 75enne ingegnere di Torino non intende abbandonare anche se non gli è sfuggita in questi mesi l\'inutilità di una battaglia per quel Veltroni che oggi sul Corriere della Sera gli rende omaggio per aver \"cambiato la sinistra\". Nel quartier general dell\' Espresso e di Repubblica l\'aria è funebre. A novembre se n\'e\' andato il mastino Marco Benedetto, a gennaio è scomparso il Principe che usava il Viagra come l\'aspirina, e dell\'84enne Scalfari si conserva il rispetto di una reliquia.
Per giovedì è prevista la nomina del nuovo presidente, l\'uomo che dovrà affrontare insieme all\'amministratore delegato Mondardini, la stagione delle lacrime e del sangue, una stagione durissima che prevede tagli drastici dell\'organico, decine di prepensionamenti è un cambio di direzione.
Eh, si!, c\'è anche questa novità in arrivo perchè la campanella sta per suonare per Ezio Mauro il giornalista di Cuneo che per oltre 10 anni ha diretto Repubblica nel triangolo delle Bermude e di Capalbio che con De Benedetti, Caracciolo, e Scalfari ha governato il giornale. Ezio Mauro è in rotta per Washington dove andrà a fare il grande corrispondente.
DE BENEDETTI E AGNELLISi chiude un\'epoca e si chiude con il balletto delle candidature per la presidenza del gruppo e la direzione del secondo quotidiano italiano. I nomi che circolano per la guida del giornale sono quelli del fedele Rampini e di Giulio Anselmi, un genovese dall\'aria severa e il polso d\'acciaio.
Più difficile è la scelta del presidente che dovrà essere e a questo proposito \"una figura istituzionale e di alto profilo che non abbia legami né con la politica, né con il mondo dell\' impresa\".
Questi requisiti, indicati ieri dall\'Ingegnere, si trovano in un paio di personaggi: Luigi Spaventa (una figura molto british che non fa ombra a Carletto) e Guido Rossi, il supergiurista che ieri sera era a Roma con l\'aria felice.
Il primo ha 75 anni come l\'Ingegnere, il secondo ne ha 78, due età che non portano molta acqua al cambiamento.
Dopo la prima sorpresa di ieri, Carletto De Benedetti prepara la seconda.