IL SIGNORE DELLA RETE SI SCAGLIA SU MUTANDE E REGGISENI: IL MANAGER CHE VUOLE RILEVARE “LA PERLA”

Il re dell’Internet italiano Silvio Scaglia, che finì inguaiato nell’inchiesta Fastweb - Telecom Italia Sparkle, adesso si dà all’intimo - Scaglia sta tentando di acquistare il gruppo La Perla che è in crisi, ma deve vedersela con la concorrenza agguerrita di Calzedonia - Lui però non si arrende e offre 155 mln €... - -

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Sandra Riccio per "La Stampa"

Silvio Scaglia riparte dalla lingerie di lusso. L'imprenditore pioniere e star di quella che fu la new economy si butta in una nuova avventura e con la sfida per la conquista del gruppo dell'intimo di classe La Perla fa ritorno alla old economy.

Silvio ScagliaSilvio Scaglia

Il nuovo approdo è quello del made in Italy e delle sue eccellenze tanto apprezzate all'estero e in particolare tra i nuovi ricchi dei Paesi emergenti. E' sulla forte crescita dei mercati esteri che punta il manager che negli anni ‘90 fu tra i primi a cavalcare il boom della telefonia mobile (con la guida di Omnitel) e successivamente la grande euforia di Internet (con eBiscom poi diventata Fastweb).

Dopo una tormentata vicenda giudiziaria che nel 2010 lo vede imputato di evasione fiscale nell'inchiesta Fastweb - Telecom Italia Sparkle, l'uomo d'oro di Internet ci riprova con il salvataggio di La Perla, un brand nato 60 anni fa dalle mani degli artigiani italiani e che oggi vanta un grandissimo profilo ma che ha perso molto smalto sul mercato.

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A ridarglielo potrebbe essere la rete mondiale stesa in questi anni da Pacific Capital, la holding di partecipazioni fondata da Scaglia nel 2007. Questo attraverso il network Elite Model World, prima agenzia di moda a livello globale acquisita da Pacific Capital tre anni fa e attiva nel settore del fashion system internazionale da 60 anni.

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Nella sua nuova sfida Scaglia dovrà vedersela con Calzedonia, il gruppo industriale in mano all'imprenditore veneto Sandro Veronesi, che era già a un passo dalla conquista dell'azienda di intimo di Bologna. Il gruppo La Perla stava infatti trattando con Calzedonia e ha chiesto il concordato preventivo dopo un accordo coi sindacati che avevano dato il via libera all'ingresso dell'azienda veneta.

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A riaprire la partita è stato il rilancio arrivato dalla società di Scaglia, la Pacific Capital, con un'offerta di affitto d'azienda con successivo impegno all'acquisto. Si tratta della seconda proposta in meno di un mese presentata da Scaglia dopo che la prima era stata sottoposta a La Perla che con un board aveva deciso di operare in esclusiva con Calzedonia. Ora il giudice di Bologna, trattandosi di un concordato preventivo, ha stabilito che il destino del gruppo La Perla si deciderà in un asta competitiva fissata per il prossimo 4 giugno sulla base delle offerte.

Secondo indiscrezioni, l'offerta che questa volta la società di Scaglia si prepara a mettere sul piatto arriverebbe a 155 milioni di euro, 45 di questi andrebbero a ripagare una parte di debito in scadenza mentre gli altri 110 milioni farebbero parte di un pacchetto di risorse finanziarie fresche che sarebbero legate al piano di rilancio strategico e industriale dell'azienda bolognese. Rispetto alla prima proposta si tratta di un offerta con un rilancio più marcato sugli investimenti dedicati al piano industriale che aumentano di 15 milioni di euro.

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La Perla, marchio considerato un eccellenza del made in Italy in tutto il mondo, naviga da tempo in cattive acque: rilevata tra il 2007 e il 2008 dalla società di private equity americana, Jh Partners, ha attraversato anni di crisi profonda causati anche da errori strategici che l'hanno portata sull'orlo del default con 70 milioni di debitiaccumulati negli anni.

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Il giro d'affari è progressivamente crollato dai 250 milioni di euro del 2002 ai 107 milioni del 2012. Gli impegni verso le banche oggi ammontano a quasi 50 milioni e gran parte di essi sono gravati da richieste di restituzione. I dipendenti sono circa 1.400 a livello globale e sono quasi 600 quelli impiegati negli stabilimenti emiliani che rischiano di restare a casa se non arriverà il rilancio.

 

 

 

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