Salvatore Tropea per la Repubblica
Sindaco Sergio Chiamparino, è vero che lei è stato il protagonista, anche tramite un asse con Tremonti, della candidatura di Domenico Siniscalco alla presidenza del Consiglio di gestione Intesa Sanpaolo in sostituzione di Enrico Salza?
«Ho fatto due tentativi: salvare il soldato Salza e poi trovare un nome che avesse i quarti di professionalità e di torinesità utili per non lasciare la palla in mano ai milanesi. Non credo che sia una questione di protagonismo».
Cominciamo dal primo che, però, non è andato a buon fine.
«Non certo per colpa mia. Avevo parlato con Giuseppe Guzzetti dell´ipotesi di lasciare inalterati i vertici della banca per un anno e mezzo per poi procedere a un superamento del sistema duale e passare a una guida composta da un presidente e un ad: uno dei quali, diciamo il presidente, avrebbe dovuto essere torinese».
Perché non ha funzionato?
«Per diverse ragioni. Intanto perché Bazoli o Passera, uno dei due, si sarebbe dovuto fare da parte. Inoltre Guzzetti, avendo capito da uomo di potere che era in atto uno scontro, si è guardato bene dal collaborare. Meno di un mese fa ho fatto pervenire un messaggio a Salza invitandolo a presentare lui la proposta. Ma lui era sdraiato sulle posizioni dei milanesi».
Allora ha pensato a Siniscalco?
«Mi sono mosso per trovare un nome che non fosse una finzione. Siniscalco l´ho visto prima di Natale e m´ha dato la sua disponibilità. Io avevo pensato a Pietro Garibaldi e a Elsa Fornero. Tra i papabili c´era anche Gabriele Galateri».
Poi però è andato su Siniscalco.
«Siniscalco è senza dubbio il candidato giusto per un atterraggio non sconveniente per Torino. Ha un curriculum lungo dieci chilometri ed è inattaccabile sul piano della professionalità e della torinesità. In un clima di contrapposizione aperta è il nome che consente di recuperare un ruolo che non è limitato solo alla maggiore o minore torinesità».
Che ruolo ha avuto Tremonti?
«Guzzetti m´ha detto di avergli parlato della candidatura Siniscalco e che Tremonti gli ha risposto che se passava bene, diversamente non ne avrebbe fatto una malattia».
Vuol dire che non esiste un asse Chiamparino-Tremonti?
«Con Tremonti ci siamo sentiti tre giorni fa, ma per parlare di federalismo demaniale, patto di stabilità e altri problemi per cui sollecito da tempo un incontro tra lui e i sindaci. Non abbiamo discusso d´altro».
Dunque nessun patto?
«Questa del patto è fantapolitica anche perché le ragioni di questo avvicendamento sono più antiche. Risalgono all´estate 2007 quando Salza indicò Angelo Benessia come candidato torinese al vertice della banca. Secondo quanto riferisce Guzzetti nella primavera 2008 Salza avrebbe poi cambiato cavallo, indicando Gustavo Zagrebelski su consiglio di Franzo Grande Stevens. Di qui il dissidio tra lui e Benessia. La mia proposta di mediazione avrebbe consentito un anno e mezzo di tregua seguita dal riequilibrio tra Torino e Milano. Ma era necessario un patto tra gentiluomini che non c´è stato».
Lei nega che si tratti di un anticipo di "federalismo" bancario?
«Io dico che all´origine di tutto c´è stato lo scontro tra l´azionista e il rappresentante del Sanpaolo in Intesa, banca che è nelle mani di Bazoli e Passera con Guzzetti dietro le quinte».
È per questo che, come si dice a Milano, Bazoli e Passera non hanno gradito la mossa Siniscalco da parte torinese, che poi vuol dire da parte sua?
«Non lo so e non mi interessa saperlo. Non mi risulta che la cosa sia spiaciuta, per esempio, a Sergio Marchionne e ad altri imprenditori».
Veniamo alla Lega che fa la voce grossa per entrare in partita: come la vede?
«Dopo tanto tempo in cui si è detto che il Sanpaolo è stato svenduto ai milanesi adesso Roberto Cota si presenta come colui che può recuperare la torinesità perduta. Ma sono parole. Il messaggio di Bossi è riferito prevalentemente a Unicredit e alle banche popolari di Lombardia e Veneto».