Vittorio Malagutti per "il Fatto quotidiano"
GIUSEPPE MUSSARII tempi cambiano. Eccome se cambiano. Prendete Giuseppe Mussari, presidente del Monte dei Paschi di Siena e anche dell'Abi, la Confindustria delle banche. L'anno scorso Mussari si presentò alla Giornata del risparmio affermando sicuro che l'Italia "aveva attraversato la cruna di un ago". Nientemeno. Merito del ministro Giulio Tremonti che, secondo il banchiere, è stato "bravo". Passano dodici mesi e ieri il gran capo dell'Abi è tornato all'annuale celebrazione delle virtù del risparmio. Questa volta però, con aria grave, ha chiesto al governo di fare in fretta perché "non siamo più disposti ad assistere alla quotidiana distruzione di ricchezza, di risparmio, di lavoro per i rinvii e le esitazioni nel fare le scelte che il momento richiede".
Monte dei paschiMa come? E la cruna? E l'ago? Il Paese tutto non li aveva attraversati grazie all'abile nocchiero Tremonti? Bisogna capirlo, Mussari. Dalle sue parti, a Siena, tira una brutta aria. Il Monte trema. Sul mercato è ormai luogo comune che la banca senese, il terzo istituto italiano per dimensioni, sarà presto costretto a batter cassa sul mercato. Servono soldi, spiegano gli analisti, per rafforzare il patrimonio in vista di eventuali contraccolpi della crisi del debito sovrano. L'invito, anzi l'ordine, arriva dall'Europa.
GIULIO TREMONTIEntro giugno dell'anno prossimo gli istituti di credito dovranno dotarsi di coefficienti patrimoniali (core tier 1) pari almeno al 9 per cento. Di più: per calcolare l'eventuale necessità di capitali supplementari va tenuto conto dell'attivo investito in titoli di stato. Il Monte dei Paschi così come le altri grandi banche italiane negli ultimi anni ha puntato alla grande sui nostri Btp. E se adesso le regole europee imporranno una svalutazione (in una misura ancora da definire) di questi massicci investimenti i banchieri dovranno darsi da fare per racimolare denaro fresco con cui rafforzare il patrimonio.
Proprio ieri Mario Draghi, nuovo presidente della Bce, nel suo discorso alla Giornata del risparmio ha confermato che gli istituti dovranno dotarsi di capitali supplementari tenendo conto dell'esposizione al rischio sovrano. Mussari, secondo gli analisti, è messo peggio dei suoi colleghi. Il Monte ha in portafoglio la bellezza di 32 miliardi di titoli di stato italiani e per rimettersi in linea rispetto alle richieste delle autorità europee dovrà fare uno sforzo in proporzione maggiore rispetto a con-correnti come Intesa e Unicredit. Il guaio è che la banca senese ha appena battuto cassa agli azionisti.
mario draghiIn estate ha concluso un aumento di capitale da oltre 2 miliardi che però ha avuto l'effetto di prosciugare le casse del socio principale. Ovvero la Fondazione Monte Paschi, che nei mesi scorsi ha fatto i salti mortali per mantenere la propria quota di maggioranza. Ripetere l'impresa pare però molto difficile, se non impossibile.
Già l'estate scorsa per sottoscrivere la sua quota di azioni, la fondazione ha dovuto indebitarsi per 400 milioni, dopo aver messo in vendita per circa 100 milioni la sua quota in Intesa (lo 0,34 per cento). Adesso il piatto piange. Soldi in cassa per partecipare a un nuovo aumento non ce ne sono proprio più. Non per niente, proprio ieri, il presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini ha tagliato corto sull'argomento. "Abbiamo già dato in abbondanza", ha detto Mancini.
Gabriello ManciniPiù chiaro di così. Il destino, a questo punto, sembra segnato. Se il Monte nei prossimi mesi chiederà ancora soldi al mercato la Fondazione dovrà rassegnarsi a veder calare la propria partecipazione al di sotto della maggioranza assoluta. Per la città toscana, che di fatto si identifica con la sua banca pluricentenaria, sarebbe un colpo durissimo. Ma c'è di peggio. Con l'aria che tira non è affatto detto che l'istituto senese sarà in grado l'anno prossimo di garantire un dividendo ai suoi azionisti, anche perché le regole europee potrebbero vietare la distribuzione di utili alle banche che necessitano di capitali aggiuntivi.
Come dire che alla fondazione verrebbe a mancare la sua principale, quasi unica, fonte di reddito, quella che le consente di finanziare le erogazioni che ogni anno vengono destinate a enti, associazioni, iniziative di ogni tipo sul territorio. Una catastrofe, o quasi, per la città. E neppure Mussari, in scadenza l'anno prossimo, si sente troppo bene.