INNOCENTI EVASIONI - GOOGLE PRONTA A VERSARE 280 MILIONI DI EURO AL FISCO ITALIANO, PER CHIUDERE 5 ANNI DI TASSE NON PAGATE, SU 800 MILIONI CONTESTATI - L'AGENZIA DELLE ENTRATE SI È SVEGLIATA, E DOPO ANNI DI TOLLERANZA HA INIZIATO A INSEGUIRE LE MULTINAZIONALI DELLA SILICON VALLEY: IERI APPLE, OGGI GOOGLE, DOMANI FACEBOOK E AMAZON

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Emilio Randacio per la Repubblica

 

PROTESTE PER LE POCHE TASSE PAGATE DA GOOGLE PROTESTE PER LE POCHE TASSE PAGATE DA GOOGLE

Mancano solo gli ultimi dettagli. E, dopo il colosso di Cupertino Apple, anche Google sta chiudendo il contenzioso con il fisco italiano.

 

Un versamento che si aggira tra i 270 e i 280 milioni di euro. Questa la somma su cui il più importante motore di ricerca di Internet - attraverso i suoi legali - sta definendo la partita con l’agenzia delle Entrate.

 

LE TASSE DI APPLE E GOOGLE LE TASSE DI APPLE E GOOGLE

Da oltre un anno l’apertura di un’inchiesta penale per dichiarazione fraudolenta contro cinque manager di «Google Italy srl» e «Ireland ltd» (si tratta dei legali rappresentanti e dei presidenti che si sono succeduti in cinque anni), indagati con il sospetto di aver «omesso di dichiarare in Italia l’Ires (l’imposta sul reddito delle società, ndr), dal 2009 al 2013». In tutto sarebbero stati circa 800 i milioni sottratti alla tassazione italiana e dirottati sulla casa madre irlandese, mentre l’Ires evasa ammonta a 95 milioni di euro totali, secondo i calcoli eseguiti dal Nucleo di polizia tributaria, per conto del pm milanese Isidoro Palma.

 

Google Italia, per i cinque anni presi in esame, sarebbe stata una «stabile organizzazione occulta direttamente asservita agli interessi economici del gruppo». Così veniva sintetizzata l’accusa dal magistrato milanese, nel suo avviso di garanzia ai manager finiti sotto indagine.

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Un disegno preciso, secondo cui la sede italiana della multinazionale avrebbe «dovuto assumere il ruolo di mero consulente di Google Ireland, nell’analisi di mercato e nella ricerca di clienti», riversando così alla sede irlandese «i ricavi provenienti dall’Italia mediante pagamento di royalties a favore della società olandese, priva di dipendenti e struttura organizzativa, la quale versava a sua volta le royalties ricevute alla sede di Dublino, costituita in Irlanda ma con residenza ai fini fiscali alle Bermuda».

 

La multinazionale, alla notizia del coinvolgimento dei cinque manager, con una nota aveva garantito «di aver rispettato le normative fiscali in tutti i Paesi in cui opera», ammettendo solo che vi era una trattativa in corso «su cui continuiamo a lavorare con le autorità competenti».

 

QUANTO RISPARMIA GOOGLE IN TASSE QUANTO RISPARMIA GOOGLE IN TASSE

Proprio in questi giorni, si sarebbero tirate le fila. L’imminente firma dell’accordo – che non viene smentito dalle parti -, è costata oltre un anno di trattative e ha solo pochi dettagli da limare prima di essere definitivamente ufficializzata. Una volta sanata la posizione fiscale, i manager accusati di dichiarazione fraudolenta, sarebbero intenzionati a chiedere un patteggiamento, distinguendo però le posizioni.

 

Con il medesimo schema, proprio un anno fa, le Entrate avevano chiuso un contenzioso molto simile con Apple, che aveva versato al Fisco un assegno da 318 milioni di euro, chiudendo senza «contestazioni », quanto rilevato dal Nucleo di polizia tributaria durante l’accertamento. In totale, così, la procura di Milano in un anno sarebbe riuscita a ottenere risarcimenti per quasi 600 milioni di euro.

 

Meglio di quanto sia riuscito a fare il governo britannico nella sua caccia alle multinazionali. E questo filone d’ inchieste fiscali non si è ancora del tutto esaurito. Dopo Apple e Google, nella lente della Finanza e della procura, sono finiti anche Amazon e il social network, Facebook.

Per il momento non è ancora stato possibile quantificare la presunta evasione.

 

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