“SPARIRANNO MOLTI RISTORANTI” - LO CHEF DAVID CHANG PROFETIZZA UN’APOCALISSE PER IL SETTORE A CAUSA DELL’EPIDEMIA: “A PAGARE LO SCOTTO MAGGIORE SARANNO I RISTORANTI DI FASCIA MEDIA, SE NE AVVANTAGGERANNO LE GRANDI CATENE E I MODELLI ECONOMICAMENTE PIÙ SOSTENIBILI E DI MINOR QUALITÀ. A PAGARNE LE CONSEGUENZE SARANNO ANCHE GLI ALTRI ANELLI DELLA CATENA, DAI FORNITORI AGLI AGRICOLTORI, AI FATTORINI…”

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Massimiliano Jattoni Dall’Asén per www.corriere.it

 

David Chang David Chang

Spariranno molti ristoranti e vedremo un impoverimento della diversità etnica sulle tavole. Il celebre chef newyorchese David Chang (Momofuku Noodle Bar) in un’intervista al New York Times Magazine ha gettato molti ristoratori nello sconforto. Secondo il cuoco e conduttore della docu-serie di Netflix Ugly Delicious, il contraccolpo della pandemia di coronavirus avrà un impatto devastante sulla ristorazione e il settore dei servizi, con un «tasso di mortalità aziendale molto alto». L’ottica con la quale Chang riflette sugli effetti economici del Covid-19 è naturalmente tutta americana, ma molte delle sue preoccupazioni travalicano il suo continente.

ristorante cinese ristorante cinese

 

Secondo Chang, a pagare lo scotto maggiore saranno i ristoranti di fascia media, mentre chi se ne potrà avvantaggiare saranno le grandi catene e i modelli economicamente più sostenibili e, come si può immaginare, di minor qualità. Per lo chef la ristorazione a conduzione famigliare sarà travolta perché, spiega, a differenza della grande crisi del 2008, quando gli aiuti dello Stato alle banche e alle compagnie di assicurazioni furono dovuti «altrimenti il mondo come lo conoscevamo sarebbe finito», chi si occuperà mai di piccole attività considerate «nonessential»?

 

ristorante ristorante

Le persone che ci lavorano non hanno una voce abbastanza forte per arrivare fino a chi governa, sostiene Chang, e le cose non possono che peggiorare. Se «per i ristoratori è difficile ottenere prestiti dalle banche anche quando l’economia è in piena espansione, perché non hanno asset che li sostengano», ovvero beni di proprietà come macchinari e merce che possano essere monetizzati e usati per il pagamento dei debiti, come si può pensare che qualcuno li aiuti quando la pandemia sarà finita?

 

Ma i problemi si fanno già sentire ora. Dai ristoranti che fatturano 70 milioni di dollari all’anno fino giù a quelli da 5.000 a settimana, il tasso di consumo di prodotti giornaliero è molto alto. «Abbiamo ingredienti che se non si vendono si deteriorano subito», spiega Chang. «Il nostro è il business più esposto in questo momento».

 

Ma attenzione: la chiusura dei ristoranti di fascia medio-bassa non riguarda solo il perimetro dei ristoratori. L‘effetto è a cascata: «quello della ristorazione è un sistema fortemente interconnesso e collegato», dice Chang, «e a pagarne le conseguenze saranno anche gli altri anelli della catena, dai fornitori agli agricoltori, ai fattorini». La speranza dello chef è che l’amministrazione Trump voglia finanziare i proprietari degli immobili, in modo da sollevare i ristoratori che hanno dovuto chiudere dall’obbligo dell’affitto.

 

bambini obesi fast food bambini obesi fast food

E poi l’invito a sostenere il più possibile i ristoranti che fanno consegne a domicilio. Il delivery improvvisamente è l’unica possibilità di mangiare un piatto preparato da uno cuoco e, di fatto, il coronavirus ha accelerato un cambiamento che era già in atto. «Pensavo che quel cambiamento sarebbe avvenuto nei prossimi 10 o 15 anni», confessa Chang, «ma in maniera graduale e che nessuno se ne sarebbe accorto». Ora, saranno più evidenti i problemi di qualità del servizio e di tutela dei fattorini (in Usa come in Italia). Ma questa accelerazione sta trovando tutti impreparati. «Non riesco davvero a immaginare il futuro», ha concluso Chang. «Se celebri ristoranti di New York o Las Vegas si sentono in grande difficoltà, non posso immaginare la paura di chi ha appena aperto un ristorante o di un immigrato arrivato in questo Paese cinque anni fa e che nella sua piccola pizzeria ha messo tutto il suo sogno americano».

 

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