IL PIRATA DEL LUSSO - ARNAULT, PADRONE DELL’IMPERO CHE CONTROLLA ANCHE LUIS VUITTON, ALL’ARREMBAGGIO DI HERMÈS - AVEVA FALLITO CON GUCCI 10 ANNI FA, STAVOLTA È RIUSCITO, SENZA DIRE NIENTE A NESSUNO E CON GRANDE IMBARAZZO DELLE AUTORITÀ DI CONTROLLO, A RASTRELLARE IL 17% DELLA SCICCHISSIMA E REDDITIZIA RIVALE - I 60 EREDI DEL SELLAIO HERMÈS DICONO DI NON VOLER VENDERE LE LORO QUOTE, MA QUALCUNO HA GIÀ CEDUTO - ARNAULT NON HA FRETTA: SA BENE CHE, COME NELLE MIGLIORI FAMIGLIE, CI PENSERÀ LA NUOVA GENERAZIONE A SCANNARSI PER L’EREDITÀ…

Condividi questo articolo


Giacomo Leso e Maurizio Maggi per \"L\'espresso\"

arnaultarnault bernard

Mai banali, le mosse di Bernard Arnault. Il finanziere-industriale patron di Lvmh, colosso del lusso mondiale, è sempre al centro di battaglie spettacolari. Agli occhi del pubblico italiano divenne famoso quando, alla fine del secolo scorso, cercò di conquistare la Gucci - poi finita nelle mani del suo rivale François Pinault - dando vita a una feroce schermaglia in Borsa condita da cause nei tribunali di mezzo mondo.

Adesso va all\'attacco dell\'apparente blindata Hermès, snobbissima icona dell\'ultralusso: a prescindere da come andrà a finire, la sua scalata spingerà addirittura il governo francese a modificare la normativa sulla comunicazione degli acquisti di titoli in Borsa.

In molti - a cominciare da parecchi membri delle tre famiglie che controllano la Hermès - si sono stupiti apprendendo, il 23 ottobre scorso, che il gigante Louis Vuitton Moet Hennessy aveva catturato il 14 per cento del capitale degli storici rivali (con ulteriore arrotondamento nei giorni successivi a quota 17,1 per cento). Il 72 per cento di Hermès fa capo alle famiglie Puech, Dumas e Guerrand, discendenti del sellaio Thierry Hermès, che nel 1837 aprì la sua bottega di bardature e finimenti per cavallo.

FrancoisFrancois Pinault

Il controllo è garantito attraverso la società in accomandita Emile Hermès Sarl, guidata da Bertrand Puech. Se davvero vuole conquistare il controllo della pregiata preda, Arnault deve incrinare il fronte apparentemente compatto dei circa 60 azionisti delle famiglie storicamente proprietarie.

Si vedrà: la partita promette di essere lunga, come del resto merita uno dei marchi più famosi del lusso planetario. Intanto, l\'infiammarsi della querelle ha già spinto il ministro dell\'Economia francese, Christine Lagarde, a pensare a norme più efficaci e stringenti: per rendere impossibile in futuro che un nuovo azionista possa uscire allo scoperto dopo aver già comprato una fetta così rilevante di una società quotata (neanche attraverso i sofisticati contratti legati a derivati che Lvmh avrebbe usato nel rastrellamento di Hermès)

A dispetto delle tenorili dichiarazioni di unità, in realtà, un primo scricchiolio nella galassia Hermès s\'è già avvertito, proprio nei giorni in cui Lvmh s\'è appalesato come scomodo compagno di viaggio. Laurent Mommeja, fratello di Renaud Mommeja, influente membro del consiglio di sorveglianza della società di Rue de Faubourg Saint-Honoré, mentre sul listino il titolo Hermès si surriscaldava, ha venduto quasi 10 mila azioni, incassando 1,8 milioni di euro. Momméja, entrato nei ranghi dirigenziali di Hermès nel 1997 come direttore marketing in Europa e in Asia, è nipote di Francis Puech, marito di Yvonne Hermès.

IlIl capo di Hermès Bertrand Puech con i manager della maison

Il cognome Hermès è sparito presto dai vertici perché la terza generazione ha avuto soltanto figlie e il potere è passato alle tre famiglie dei generi. Dal 2008, per la prima volta, a gestire il gruppo non c\'è un esponente delle famiglie ereditarie, che però governano saldamente con sei esponenti nel consiglio di gestione e tre in quello di rappresentanza. Presidente e direttore generale da due anni è Patrick Thomas, che ora è il regista della Linea Maginot eretta per respingere l\'invasore. L\'anomalia potrebbe presto rientrare: Thomas ha 63 anni e in pole position tra i candidati alla successione ci sono due hermesiani doc, Axel Dumas e Guillaume de Seynes.

Arnault non ha fretta. Fanno notare gli analisti di Crédit Suisse che, a fine 2009, Lvmh aveva a disposizione parecchia liquidità per permettersi l\'operazione senza particolare sforzo, mentre quelli di Barclays sottolineano come, avendo pagato circa 80 euro per azione (che oggi viaggia ben sopra il doppio), finirebbe per guadagnare anche se l\'esercito degli eredi non si sgretolasse. Oltre a essere un mito, del resto, Hermès è una macchina da soldi. Dalle selle e dalle borse di cuoio l\'impero s\'è allargato via via ai capi in pelle, ai gioielli, all\'abbigliamento, alla seta. Grace Kelly trasformò nel dopoguerra la borsa di Hermès in uno status symbol planetario.

HermesHermes

Poi sono arrivati gli orologi e le misurate acquisizioni, come quella delle scarpe inglesi Lobb, o il 45 per cento della maison di Jean-Paul Gaultier. Niente a che vedere, tuttavia, con la recente espansione a colpi di shopping dell\'eterno rivale Vuitton, caratterizzato dall\'approccio finanziario di Arnault. Il quale era stato accostato a Hermès nella primavera del 2008, proprio quando l\'arrivo al vertice di Thomas aveva fatto ipotizzare, in Borsa, l\'uscita di scena delle famiglie targate Hermès o di parte di esse. L\'azione s\'impennò; poi non accade nulla.

La crisi economica mondiale non ha lasciato cicatrici sulla leggendaria maison e sul suo potenziale conquistatore, dieci volte più grosso in quanto a fatturato e dipendenti (ma non per redditività). Nell\'ultimo anno in Borsa il lusso d\'Oltralpe ha galoppato (molto più dell\'indice Cac 40) e i primi nove mesi sono stati eccellenti per Lvmh, che ha aumentato i ricavi del 19 per cento, come per Hermès, che ha fatto ancor meglio.

LagardeLagarde

È normale che i discendenti del sellaio Thierry dichiarino di non aver alcun interesse a mollare una gallina dalle uova d\'oro capace di macinare utili con impressionante regolarità (quasi 1,4 miliardi negli ultimi cinque anni).

Ma ora nell\'azienda di famiglia si è insinuato il tarlo-Arnault. Il quale s\'è ben guardato dal comportarsi come ai tempi di Gucci: non ha richiesto posti in consiglio d\'amministrazione, come fece allora. Esperto e paziente, s\'è accomodato in attesa sulla riva del fiume. Non lo hanno impressionato le prese di posizione in cui lo si invita a sloggiare. In un gruppo di azionisti dall\'età media piuttosto alta gli smarcamenti non sono impossibili.

Senza dimenticare che si sta facendo sotto la settima generazione, che conta 170 eredi fra cui la trentenne Julie Guerrand (new entry nel consiglio di sorveglianza). Una situazione fluida, in cui prima o poi potrebbero esserci due aspiranti alla leadership.

Si dice, per esempio, che Pierre-Alexis Dumas aspiri a fare come il babbo, Jean Louis, che a lungo ha abbinato la carica di direttore artistico (quella attuale di Pierre-Alexis) con il ruolo di supermanager della famiglia. Progetto che lo metterebbe in conflitto con il cugino Guillame de Seynes. Voci di corridoio, certo. Ma Arnault osserva: se il blocco familiare cede, lui è l\'unica alternativa. Se tiene, porterà a casa i dividendi che Hermès continuerà a maturare.

 

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

DAGOREPORT – JOE BIDEN VUOLE CHE GIORGIA MELONI METTA ALL’ORDINE DEL GIORNO DEL G7 L’USO DEI BENI RUSSI CONGELATI. PER CONVINCERE LA DUCETTA HA SPEDITO A ROMA LA SUA FEDELISSIMA, GINA RAIMONDO, SEGRETARIO AL COMMERCIO – GLI AMERICANI PRETENDONO DALL’EUROPA UN'ASSUNZIONE DI RESPONSABILITÀ DOPO TUTTI I MILIARDI CHE WASHINGTON HA POMPATO A ZELENSKY. MA METTERE MANO AI BENI RUSSI È UN ENORME RISCHIO PER L’UNIONE EUROPEA: POTREBBE SPINGERE ALTRI PAESI (CINA E INDIA SU TUTTI) A RIPENSARE AI LORO INVESTIMENTI NEL VECCHIO CONTINENTE…

DAGOREPORT – PARTITI ITALIANI, PERACOTTARI D'EUROPA - L’ASTENSIONE “COLLETTIVA” SUL PATTO DI STABILITÀ È STATA DETTATA SOLO DALLA PAURA DI PERDERE CONSENSI IL 9 GIUGNO - SE LA MELONA, DOPO IL VOTO, PUNTA A IMPUGNARE UN PATTO CHE E' UN CAPPIO AL COLLO DEL SUO GOVERNO, IL PD DOVEVA COPRIRSI DAL VOTO CONTRARIO DEI 5STELLE – LA DUCETTA CONTINUA IL SUO GIOCO DELLE TRE CARTE PER CONQUISTARE UN POSTO AL SOLE A BRUXELLES. MA TRA I CONSERVATORI EUROPEI STA MONTANDO LA FRONDA PER IL CAMALEONTISMO DI "IO SO' GIORGIA", VEDI LA MANCATA DESIGNAZIONE DI UN CANDIDATO ECR ALLA COMMISSIONE (TANTO PER TENERSI LE MANINE LIBERE) – L’INCAZZATURA DI DOMBROVSKIS CON GENTILONI PER L'ASTENSIONE DEL PD (DITEGLI CHE ELLY VOLEVA VOTARE CONTRO IL PATTO)…