google glass scout life glance 03
Massimo Gaggi per Corriere della Sera
Non è un fallimento né una rinuncia, ma la marcia indietro è evidente: a quasi tre anni dalla loro prima apparizione, gli occhiali di Google, messi in vendita a metà del 2014 dopo una lunga fase di collaudo, vengono ritirati dal mercato: il gruppo di Mountain View ha comunicato che gli ultimi esemplari di questa prima serie verranno venduti il 19 gennaio. Poi la tecnologia più affascinante di Google (insieme a quella dell’auto che si guida da sola) tornerà in cantiere per la revisione di un progetto che non ha avuto il successo commerciale atteso.
Nulla di tragico: le imprese delle tecnologie digitali sono abituate ad andare avanti per tentativi, a lanciare versioni «beta» dei loro prodotti innovativi da modificare o riformulare in corsa. Avverrà anche ora: l’obiettivo è quello di rivedere e rilanciare. Nel frattempo chi utilizza i «glass» in processi industriali, nella ricerca o in medicina (ad esempio i chirurghi che riprendono e trasmettono a distanza le immagini delle loro operazioni), continuerà ad ottenere le forniture necessarie al suo lavoro.
Eppure quello dei Google Glass è un caso diverso da tutti gli altri. Intanto per l’enfasi che ha circondato questo prodotto fin dalla sua prima apparizione: nel giugno 2012, alla conferenza degli sviluppatori del gruppo, gli occhiali vennero inforcati dal cofondatore di Google, Sergey Brin, e da un gruppo di suoi collaboratori lanciatisi col paracadute sul Moscone Center, la sede della «convention» a San Francisco.
Google Glass per migliorare il sesso di coppia
Ma la diversità sta anche nella natura degli interventi che si stanno delineando. In genere si torna in laboratorio per migliorare la tecnologia, mentre stavolta si cambia addirittura cantiere: a occuparsi di questo computer da indossare non sarà più Google X, il laboratorio delle meraviglie tecnologiche, ma Nest Labs, uno sviluppatore di sensori e tecnologie per la «casa intelligente».
L’azienda, acquistata qualche tempo fa da Google per tre miliardi di dollari, è guidata da Tony Fadell, un brillante tecnologo cresciuto in Apple dove ha inventato l’iPod e ha partecipato allo sviluppo dell’iPhone. Ma Fadell affiderà il ripensamento dei Glass a Ivy Ross che già sta lavorando al progetto dallo scorso maggio.
Un capo donna è una rarità nella Silicon Valley, ma quello di una revisione affidata non a un tecnologo ma a un’esperta di moda, occhiali, gioielli e di distribuzione commerciale, è addirittura un caso senza precedenti. Tutto questo perché il mancato decollo del nuovo prodotto non è tanto dovuto al suo scarso «appeal» tecnologico, quanto all’immagine di «intruso» nell’altrui «privacy» che gli occhiali hanno avuto fin dalla loro prima apparizione.
Larry Page e Brin si aspettavano un’accoglienza trionfale, mentre i «pionieri» che per primi hanno cominciato a girare ostentando i Glass, anziché dall’ammirazione per la nuova tecnologia sono stati spesso accolti dal fastidio di chi si sentiva osservato, ripreso, spiato. Bar e discoteche li hanno presto messi al bando, così come molti ristoranti e altri organismi che si riuniscono in modo riservato, come i consigli d’amministrazione.
FEDERICO RAMPINI CON I GOOGLE GLASS
Google non è andata oltre uno scheletrico comunicato nel quale spiega che il prodotto tornerà sul mercato riveduto e corretto, ma senza dire quando. Forse all’inizio dell’estate, all’annuale meeting degli sviluppatori. Ma dello sconcerto che si era diffuso tra ingegneri e «computer scientist» della società ha parlato con efficacia Sebastian Thrun, l’ex capo di Google X: Thrun ha detto che il team, sorpreso e spiazzato dalle reazioni negative del pubblico e dalle preoccupazioni per la «privacy», rimase senza fiato quando i più arrabbiati e sarcastici coniarono un insultante neologismo: «glasshole», un’intraducibile parolaccia (grosso modo «stronzo con gli occhiali») derivata da «asshole».
PRESA IN GIRO DEI GOOGLE GLASS ANTI GOOGLE GLASS
Insomma, quello che all’inizio si voleva ostentare con orgoglio, ora deve essere nascosto. L’incarico della Ross sembra soprattutto questo: rendere i «glass» meno invadenti (magari disattivando la funzione telecamera e lasciando solo i dati che scorrono sulla lente) e anche meno visibili, mimetizzati in una montatura abbastanza normale. Un’idea che Google aveva già in mente da tempo, visto l’accordo con Luxottica che avrebbe dovuto lanciare già quest’anno la sua prima collezione di occhiali con la tecnologia del gruppo californiano.