Morya Longo per "Il Sole 24 Ore"
galeazzo pecori giraldi«Le banche collocatrici ci dicevano che la domanda degli investitori per le azioni Saras era molto abbondante e che ci sarebbe stato un forte riparto. Noi abbiamo dunque chiesto più titoli del necessario, ma purtroppo la domanda non si è rivelata affatto abbondante come ci avevano fatto credere. Siamo stati quindi riempiti di azioni e per noi è stato vero un bagno di sangue».
A parlare è il gestore di un fondo londinese, che con il collocamento in Borsa nel 2006 dell'azienda petrolifera della famiglia Moratti ha subìto una forte perdita. Parlando con «Il Sole-24 Ore» il gestore chiede di restare anonimo, ma quello che racconta coincide con la ricostruzione del Pm di Milano Luigi Orsi.
Federico ImbertLa sua inchiesta vede oggi nove indagati tra i banchieri che curarono nel 2006 il collocamento in Borsa della Saras: anche nomi noti come Federico Imbert e Simone Rondelli di JP Morgan , Galeazzo Pecori Giraldi di Morgan Stanley e Massimo Prosdocimi di Caboto. Le ipotesi: falso in prospetto e aggiotaggio informativo.
L'obiettivo della Procura è di fare luce su un collocamento in Borsa che ha portato lauti profitti per i Moratti (1,7 miliardi di euro) e le banche (circa 40 milioni in commissioni), ma un bagno di sangue per tanti investitori: il titolo ha perso infatti il 13% solo nella prima seduta del 18 maggio 2006 e ad oggi segna un passivo del 67%.
La chiave dell'inchiesta va cercata nel prezzo di collocamento. Le tre banche attive nell'operazione - cioè JP Morgan, Morgan Stanley e Caboto - nei giorni prima dello sbarco di Saras a Piazza Affari avevano infatti indicato un intervallo di prezzo compreso tra i 5,25 e i 6,5 euro per azione. Ma questa forchetta - sostiene il Pm - è stata tenuta troppo elevata falsificando il prospetto e «gonfiando» di fatto le intenzioni d'acquisto di molti investitori.
raffineria saras dei morattiIl Pm ritiene innanzitutto che gli utili indicati nel documento d'offerta non corrispondevano alla realtà, perché non venivano evidenziate le poste non ricorrenti. Ritiene poi che nel prospetto non sia mai accennato un elemento importante: il fatto che uno stabilimento della Saras si sarebbe dovuto fermare, poco dopo la quotazione, per manutenzione.
«Se l'avessimo saputo - dice su questo punto il gestore londinese - avremmo capito che il fatturato del gruppo sarebbe calato in futuro». Secondo il Pm gli utili sono stati aumentati anche con la contabilizzazione (fatta con i principi italiani e non con quelli internazionali) della controllata Sarlux. Insomma: il prospetto - secondo la Procura - non rappresentava la realtà.
Non solo. Per motivare il prezzo elevato (alla fine Saras è stata collocata a 6 euro) le tre banche hanno anche indicato una forte domanda da parte degli investitori. Il problema - ha scoperto il Pm - è che il 50% della domanda era per prezzi inferiori al minimo della forchetta: si trattava dunque di investitori non disposti a comprare a quei prezzi. E gli unici disposti ad acquistare a prezzi superiori ai 6 euro erano sei investitori - tutti contattati da Jp Morgan - che poi si sono in gran parte tirati indietro.
Per questi motivi, come anticipato ieri dal «Corriere della Sera», il Pm ha iscritto nel registro degli indagati i nove banchieri. La battaglia legale sarà dura, perché la questione è molto complessa e ricca di sfumature. Le banche da un lato si difendono a spada tratta: proprio JP Morgan ieri ha dichiarato «che tutti i suoi dipendenti hanno agito con la massima professionalità e in maniera del tutto appropriata».
Il Pm, dal canto suo, va avanti: il 21 luglio interrogherà quattro indagati (tra cui Imbert). Resta poi da capire la posizione dei Moratti, attualmente non indagati. A dar forza alle accuse ci sono tante e-mail sequestrate ai diretti interessati. Ma gli indagati diranno la loro il 21 luglio.