LA SCONFITTA DI KAISER FERDINAND – PIECH E LA MOGLIE SI DIMETTONO DAL CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA VOLKSWAGEN – FALLITO L’ASSALTO ALLA LEADERSHIP DELL’AD MARTIN WINTERKORN – TUTTI DA RIVEDERE I RAPPORTI TRA I PIECH E I PORSCHE, CHE FINORA HANNO CONTROLLATO IL GRUPPO CON IL 51%

Nella battaglia lanciata due settimane fa da Piech contro Winterkorn sono stati decisivi i sindacati e il Land della Bassa Sassonia, entrambi azionisti, che si sono schierati con l’amministratore delegato. Ora conteranno certamente di più…

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Danilo Taino per “Il Corriere della Sera

 

PIECH, RESIDENTE VOLKSWAGEN PIECH, RESIDENTE VOLKSWAGEN

Lo scontro famigliare, di potere, di management al vertice della Volkswagen è arrivato al momento di rottura. Ieri, il presidente del Consiglio di Sorveglianza, grande azionista, fino a pochi giorni fa intoccabile nel gruppo e «patriarca di controllo», Ferdinand Piëch, si è dimesso, con effetto immediato. Oltre che da presidente, dal Consiglio e da tutte le posizioni occupate nel gruppo. Il vicepresidente Berthold Huber lo sostituirà temporaneamente. Del board di Sorveglianza faceva parte anche la moglie Ursula: lei pure ha rassegnato le dimissioni.

 

URSULA PIECH URSULA PIECH

Si tratta di una rottura a 360 gradi, insomma. Tra i due rami della famiglia erede di Ferdinand Porsche, appunto i Piëch e i Porsche. Tra il potente uomo di potere che finora non aveva perso alcuna battaglia importante e gli altri azionisti del gruppo: oltre ai cugini, in particolare il governo della Bassa Sassonia che in genere si muove assieme ai sindacati, questi ultimi presenti nel Consiglio di Sorveglianza con dieci seggi su venti. E naturalmente con Martin Winterkorn, l’amministratore delegato dal gruppo del quale Piëch aveva detto di essersi «allontanato» due settimane fa con ciò aprendo la crisi di vertice.

 

FERDINAND PIECH E URSULA FERDINAND PIECH E URSULA

 Che lo scontro sia risolto in via definitiva non è detto: il nipote dell’inventore del Maggiolino Volkswagen, 78 anni, non è uomo che accetta facilmente le sconfitte. Certo, questa lo è: nel momento in cui ha chiesto la testa di Winterkorn, si è trovato isolato nel comitato esecutivo del Consiglio, composto da sei membri, e alla fine ha dovuto dimettersi.

 

In un comunicato, la società ha sostenuto che tra le parti non c’era più «la fiducia necessaria». Nei prossimi giorni e mesi si tratterà di vedere il significato pieno del passo indietro di uno degli uomini più potenti dell’industria tedesca (lui è austriaco, risiede a Salisburgo). Sicuramente, le onde scenderanno dal vertice per i rami del gruppo Volkswagen.

 

MARTIN WINTERKORN jpeg MARTIN WINTERKORN jpeg

Senza Piëch, avranno più potere non tanto i cugini del ramo Porsche, guidati da Wolfgang, quanto i sindacati e il governo della Bassa Sassonia che sono stati decisivi nell’appoggio a Winterkorn. Questo potrebbe diventare una questione politica: il primo gruppo automobilistico europeo e secondo al mondo in cui il ruolo del governo di un Land e dei sindacati è decisivo.

 

Un potere ancora maggiore finisce poi sulle spalle di Winterkorn. E questo potrebbe creare rotture tra l’amministratore delegato e gli uomini più legati a Piëch, a cominciare dal numero uno della Porsche — parte del gruppo — Matthias Müller, al quale nei giorni scorsi pare che Piëch avesse offerto il posto di Winterkorn. Un periodo di instabilità non è quello in cui la Volkswagen probabilmente sperava, impegnata in una riduzione dei costi e alle prese con risultati non brillanti in America e in alcuni marchi europei.

 

WINTERKORN IPOTESI VOLKSWAGEN ALFA ROMEO WINTERKORN IPOTESI VOLKSWAGEN ALFA ROMEO

Sullo sfondo, si tratterà di vedere come evolveranno i rapporti tra gli azionisti privati. Innanzitutto, tra i Piëch e i Porsche, che finora hanno controllato il gruppo con il 51% dei diritti di voto. Ma poi anche con la Qatar Holding, che alla fine del 2014 deteneva il 15,6% delle azioni e che aveva espresso alcune insoddisfazioni sull’andamento del gruppo. Difficile che la vicenda si chiuda così, con Ferdinand Piëch in pensione. Il mondo dell’industria tedesca non ci può credere .

 

 

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