SI FA MA NON SI DICE. PURE LE MURA SAPEVANO DELL’ATTIVISMO DELLA BOSCHI (E DI TUTTO IL GOVERNO) PER SALVARE LA BANCA DEL PAPA’ – GHIZZONI ATTIVO’ GLI UFFICI DELL’UNICREDIT, MA NON SE NE FECE NIENTE: BANCA ETRURIA AVEVA TROPPE SOFFERENZE

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Fabrizio Massaro per il “Corriere della Sera”

 

boschi ghizzoni boschi ghizzoni

La richiesta che Maria Elena Boschi, allora ministro delle Riforme del governo Renzi, avrebbe fatto all' amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, di esaminare la Popolare dell' Etruria per un eventuale acquisizione da parte del colosso milanese non nasce dal nulla. La ricostruzione contenuta nel libro di Ferruccio de Bortoli « Poteri forti (o quasi) » sull' incontro fra il ministro e il banchiere - ieri trinceratosi dietro un «no comment» - si inquadra nel contesto convulso che la banca aretina stava vivendo tra il 2013 e il 2014: un avvitamento finanziario e di governance che la porterà nel febbraio del 2015 al commissariamento.

 

pierluigi boschi pierluigi boschi

Alla banca di cui Pier Luigi Boschi, papà del ministro Maria Elena, era vicepresidente, mancava capitale. Tanto capitale. La Banca d' Italia aveva chiesto di alleggerire il bilancio dei troppi Btp in portafoglio, perché troppo esposto sull' Italia. E aveva avviato una stretta sui criteri con i quali l' Etruria valutava i crediti deteriorati (i famosi «npl»), considerati troppo blandi per un carico arrivato a 3 miliardi, il 40% degli impieghi, un record.

 

In sostanza dalle ispezioni del 2013 e più ancora del 2014 era venuto fuori che l' istituto così com' era non stava in piedi. Tanto più nella forma della cooperativa, per la difficoltà di accedere al mercato dei capitali, in una fase in cui erano già stati collocati due aumenti di capitale in due anni e - presso la clientela - le ormai famigerate obbligazioni subordinate che poi sono state azzerate nel novembre 2015 con il «bail in» (la risoluzione) dell' Etruria, di Banca Marche, di CariFerrara, di CariChieti.

boschi ghizzoni boschi ghizzoni

 

Anche sulla governance la stretta della Vigilanza si era fatta sentire: l' ex presidente Giuseppe Fornasari e l' ex direttore generale Luca Bronchi vennero fatti fuori nella prima metà del 2014; ma a succedere furono Rosi e Boschi, già da anni in consiglio. Mentre per la ricerca del direttore generale la ricerca si faceva sempre più affannosa, al punto che venne addirittura contattato il faccendiere Flavio Carboni per trovare un nuovo capoazienda.

 

flavio carboni flavio carboni

Il pressing della Banca d' Italia perché l' Etruria trovasse un partner con cui fondersi aveva avuto a metà 2014 un risultato concreto: la Popolare di Vicenza di Gianni Zonin, allora considerata da Bankitalia l' istituto aggregante delle realtà medio-piccole, lanciò un' offerta sull' Etruria. Ma fu un buco nell' acqua: troppo forti le resistenze della politica aretina nonché dello stesso consiglio d' amministrazione. Né ebbero seguito i sondaggi con la Popolare dell' Emilia Romagna.

 

Ma un socio forte andava comunque trovato: il rischio di venire commissariati non era da sottovalutare. Sarebbe maturata in questo contesto la richiesta di Boschi a Ghizzoni. Un risultato minimo la ministra l' ottenne, secondo de Bortoli: Ghizzoni avviò negli uffici interni l' esame dei numeri dell' Etruria ma poi il dossier fu accantonato. A gennaio 2015 ci sarebbe stato anche un incontro tra Rosi e Ghizzoni, secondo La Stampa , poche settimane prima del commissariamento.

GIANNI ZONIN E VINCENZO CONSOLI GIANNI ZONIN E VINCENZO CONSOLI

 

«È anche vero che in quel periodo alle banche maggiori, Unicredit e Intesa Sanpaolo, veniva chiesto da Bankitalia di guardare alle quattro banche in crisi», conferma oggi un banchiere coinvolto su quelle partite, «ma tutte vennero scartate per i troppi npl. Di sicuro Unicredit guardò sia a Banca Marche sia all' Etruria, quantomeno dopo il loro commissariamento».

 

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