LO STATO DEVE SALVARE L’ALITALIA? - SUPERATA DALLE LOW COST E DAI GIGANTI STRANIERI, ORMAI COMPLETAMENTE PRIVATA, PERCHÉ I CONTRIBUENTI DOVREBBERO VERSARE ALTRE CENTINAIA DI MILIONI, DOPO CHE NON LO HA FATTO PER ALTRE INNUMEREVOLI AZIENDE FALLITE IN QUESTI ANNI? L’EX COMPAGNIA DI BANDIERA HA VISSUTO PER 20 ANNI SEMPRE E SOLO IN PERDITA, È IL MOMENTO DI STACCARE LA SPINA

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CARLO CALENDA VINCENZO BOCCIA CARLO CALENDA VINCENZO BOCCIA

1. ALITALIA: BOCCIA, POCHI MARGINI PER USARE SOLDI PUBBLICI

(ANSA) - "Stiamo seguendo con attenzione e premura" la vicenda Alitalia, dice il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che ribadisce: "Sono partite che andrebbero giocate in una visione di lungo termine e non sempre per emergenze. La questione viene da lontano ed è sempre stata risolta con una idea più emergenziale che di visione Paese. Occorre fare scelte importanti in un momento delicato: Alitalia è specchio dei grandi problemi del Paese, ci auguriamo che si affronti in una logica di visione e non emergenziale".

 

E sull'ipotesi di un intervento pubblico avverte: "Noi sui soldi pubblici, visto che ce ne sono pochi, indichiamo la strada della selettività, poi lasciamo alla sensibilità del Governo le strategie. Però stiamo attenti, perché avendo un debito pubblico che è quello che è non mi sembra che abbiamo grandi margini di manovra per permetterci il lusso di fare operazioni che vanno poi a danno del deficit del Paese. Detto questo, verifichiamo quali sono le decisioni strategiche, forse è ancora presto per parlarne".

 

 

2. NON BUTTIAMO SOLDI PUBBLICI PER SALVARE QUESTA ALITALIA

Ugo Bertone per Libero Quotidiano

 

cramer ball luca di montezemolo cramer ball luca di montezemolo

La situazione di Alitalia è «molto critica», ammette il ministro dei Trasporti Graziano Delrio. «Ma non l' abbiamo scoperto adesso» aggiunge subito, a sottolineare che l' atteggiamento dell' esecutivo non cambia: non c' è alcuna intenzione di mettere quattrini in quella che è ormai una società privata in cui lo Stato non vanta più alcuna partecipazione. La presenza di Delrio e di Carlo Calenda, responsabile dello Sviluppo Economico, stanno ad indicare che l'esecutivo vuol essere «garante nel metodo e non nel merito».

 

Un' affermazione di granitica certezza, ancor più impressionante nel mezzo della confusione che regna nella compagnia di bandiera con il doppio pilota, Luigi Gubitosi che gode della fiducia delle banche, e Cramer Ball, l' uomo di Etihad, cui si deve il piano industriale che offre ben poche certezze. Il tutto mentre nella clessidra il tempo scorre inesorabile: a metà aprile Alitalia esaurirà il carburante finanziario, necessario per volare quanto il kerosene (o forse più).

CRAMER BALL CRAMER BALL

 

In questa cornice le solenni dichiarazioni degli uomini di governo suonano false.

Nel merito, se non nel metodo. Alla vigilia dell' avvio dei tavoli tecnici per la valutazione del nuovo piano industriale (e in particolare sugli esuberi) che prende forma l' ipotesi di un «intervento di garanzia» necessaria per far arrivare alla compagnia i quattrini necessari per tirare avanti. L' operazione, secondo indiscrezioni, dovrebbe portare nelle casse del gruppo circa 400 milioni: la metà dal partner degli Emirati, socio a 49%.

 

La parte restante, visto il secco no di Intesa ed Unicredit ad allargare ulteriormente i cordoni della borsa, non può che arrivare dallo Stato, nonostante i paletti previsti da Bruxelles e le promesse ell' esecutivo. Per questo l' immissione di nuova finanza non prenderà la forma dell' aumento di capitale, nonostante si sia coltivata l' idea di una ricapitalizzazione, sul modello di quanto Padoan sta cercando di concordare con l' Antitrust Ue.

 

DELRIO DELRIO

Le banche non sono l' unico esempio. Dal mondo dell' industria arriva il precedente dell' Ilva. Su suggerimento di Intesa ed Unicredit, infatti, si sta vagliando una soluzione simile a quella adottata per il colosso siderurgico di Taranto, tra l' altro capace di evitare una procedura di infrazione per aiuti di Stato da parte di Bruxelles. In particolare si sta lavorando attorno ad un contingent equity, una sorta di piano B che servirebbe a tutelare la stabilità del piano industriale nel caso in cui il progetto non raggiungesse gli obiettivi programmati.

 

L' operazione potrebbe scattare solo dopo l' accordo sindacati-azienda sul taglio ai costi del personale. A quel punto verrà inviata alle banche una lettera con cui il governo prenderebbe l' impegno a garantire il contingent equity qualora si dovesse rendere necessario offrendo quel che manca nel piano Etihad: le garanzie, ovvero la fiducia che, dati i precedenti, ben pochi intendono garantire ad Alitalia.

 

ALITALIA ALITALIA

Qualunque sia l' opzione scelta, si può sospettare che l' incrocio nei cieli dei quattrini dei contribuenti e la compagnia di bandiera è destinato a durare ancora. Magari in una maniera obliqua perché, dopo tanti flop, sarebbe indecente sostenere la validità dell' investimento. Perciò si vuol fare ricorso a formule di «garanzia» che si tradurrebbero comunque in un regalo ad un' azienda che non ha alcuna chance di ripresa e la cui utilità sociale ormai consiste solo nei posti di lavoro a rischio (2.037) nell' area della Capitale.

 

A differenza di Ilva, azienda strategica per un Paese manifatturiero, o delle banche, è difficile cogliere ormai il valore strategico della compagnia, ormai sorpassata dalle low cost e da colossi internazionali che, tra l' altro, di questi tempi vanno a gonfie vele e sono pronti ad assumere i piloti di casa nostra. Per giunta, a differenza del passato, non ha senso prendersela con lavoratori e sindacati: il costo del lavoro incide solo per il 16% sui costi. Forse il taglio delle rotte a corto e medio raggio e l' ampliamento della flotta possono fare il miracolo. Ma, per carità, senza garanzie di Stato che sappiamo come andranno a finire.

LA NUOVA ALITALIA LA NUOVA ALITALIA

 

 

 

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