1 - IL \"GRANDE SCHELETRO\" DI DE DOMINICIS SPAVENTA LA SCARAMANTICA ZAHA HADID - L’ARCHISTAR, FACENDO LE CORNA: \"NON SCENDO, NON SE NE PARLA, CON QUELLA ROBA LÌ\" - 2- MARCO VALLORA CONTRO I \"ROSICONI\" ANTI-MAXXI (MAGARI ARTISTI CHE NON HANNO UNA LORO OPERA NEL MUSEO): \"QUANTE SACCENZE DA AGRIMENSORI PEDANTI, SENTI GIÀ ALEGGIARE, INTORNO A QUESTO FRULLATO, CHE HA IL VANTAGGIO DI RIMANERE FLUIDO ED AEREO, COME LA STRUTTURA, PIÙ CHE DESTRUTTURATA, DINOCCOLATA E FLESSIBILE DI ZAHA HADID - NON SARÀ CHE È L’IGNORANZA A NUTRIRE LA SACCENTERIA?\" -

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  • Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo

    1 - IL \"GRANDE SCHELETRO\" DI DE DOMINICIS SPAVENTA LA SCARAMANTICA ZAHA HADID - L\'ARCHISTAR: \"NON SCENDO, NON SE NE PARLA, CON QUELLA ROBA LÌ\"
    Paolo Conti per il \"Corriere della Sera\"

    ANTONIOANTONIO ROMANO LAURA PELLEGRINI

    Giovedì scorso, ore 11. La limousine nera di Zaha Hadid, seguita da camioncino con nugolo di addetti, varca i cancelli del Maxxi. Manca poco alla conferenza stampa, dove Bondi citerà Berlusconi e verrà fischiato. La macchina si ferma davanti a decine di giornalisti di tutto il mondo. Ma lei, l\'archistar più glamour e meno simpatica del mondo, non scende. Via vai di segretari e assistenti. Misterioso parlottare.

    ANTONIOANTONIO MONFREDAALESSANDRA BORGHESE

    Ma lei non scende. Dieci minuti di suspence. Poi «qualcosa» avviene e l\'archidiva raggiunge gli altri mortali impegnati nell\'impresa. Il tam-tam romano ha svelato l\'enigma. Nessuno aveva avvisato Zaha Hadid (sangue iracheno, esposto alla superstizione quanto quello mediterraneo) della presenza sul piazzale della «Calamita cosmica», lo scheletrone lungo 24 metri, gran naso da Pinocchio e asta dorata, creato da Gino De Dominicis nel 1968. Zaha ha sbarrato gli occhi: «Non scendo, non se ne parla, con quella roba lì».

    ANTONELLAANTONELLA RODRIGUEZ

    Troppo odore di morte, proprio all\'inaugurazione! Poi qualcuno le ha spiegato che ovviamente l\'installazione è temporanea, legata alla mostra di Gino De Dominicis. Così, finalmente ha indossato il suo abito-scultura grigio ferro. Applausi, rincorsa di fotografi e operatori. Roba da Dolce Vita. Altro che scheletri.


    2 - DE DOMINICIS ACCENDE IL MAXXI
    marco vallora per La Stampa

    ANNAANNA MARIA MALATO E NICOLETTA FIORUCCI

    Un\'osservazione sarà giusto fare subito, a scanso d\'equivoci: che sarebbe vano ed anche un po\' stolto «recensire» diligentemente (o leggere) il Maxxi e le sue mostre, quasi fosse un museo tradizionale ed uno spazio convenzionale di offerte espositive. Forse anche il modo di approccio e di fruizione - queste brutte parole, che ci tallonano come zingare borsaiole - andrebbe finalmente rinnovato.

    LALA MERAVIGLIOSA SIGNORA CANGELOSI

    Eppure, che saccenze da agrimensori pedanti, senti già aleggiare, intorno a questo frullato, che ha il vantaggio di rimanere fluido ed aereo, come la struttura, più che destrutturata, dinoccolata e flessibile di Zaha Hadid (non è diventata famosa anche per la forma stampata d\'una scarpa chic-à-porter?). Ebbene, è come se un po\' alla Pinocchio ci si accomodasse dentro una comoda calzatura ottico-spettacolare e via: vediamo che gioco ci ammanniscono oggi!

    Non è pinocchiesco, magari anche terribilmente e tragicamente, pure quello scheletrone incagliato di De Dominicis, con il suo naso da re magio o mogio del sarcasmo, che Achille Bonito Oliva ha messo a far gli onori di casa? (Ed anche qui: ma è possibile che anche gli «esperti» scoprano qui la Calamita Cosmica , quand\'è già stata visibilissima a Capodimonte e alla Mole Vanvitelliana di Ancona, da tutti disertata?). Non sarà che è Ignoranza a nutrire Saccenteria?

    LALA MERAVIGLIOSA SIGNORA CANGELOSI

    Se non altro De Dominicis, l\'artista che riuscì a svanire nel nulla, come Perelà, ci ha insegnato la leggerezza palazzeschiana dell\'ironia. Magari con quella Risata, soltanto registrata, che si fa spazio, architettura del Nulla. O, sfottendo persino il mito-Duchamp, proponendo un\'altra sarcastica cappelletta, nella via crucis del ready made sanitario. Si coglie al volo una formula d\'osteria, ecco che arriva la Mozzarella in Carrozza, e ci si limita a fare, della locuzione, una materializzata, catapultata opera d\'arte (?): una vera carrozza e dentro la cacchina bianca di bufala, ch\'è il mito delle modelle anoressiche, che dominano ormai anche il mondo del glamour artistico (magari con sigla Vezzoli).

    LALA MERAVIGLIOSA SIGNORA CANGELOSI

    Ironia, dunque e souplesse, se non supplì, partenopeo. E se qualcuno trova più «contemporaneo» il patetico funeralino che il censurato Giordano Bruno-Cattelan farà, nel cimitero di Carrara (al suo illuminante e tarpato progetto di sostituire il monumento di Garibaldi con quello di Craxi) preferendolo al Necrologio ‘69 di De Dominicis e al suo orologio-specchio bergmaniano, in cui inscrivere anche il nostro decesso, che si faccia pur male da sé: ormai tutto è concesso.

    JASJAS GAVRONSKI E FIGLIA

    La Nutella della bêtise cola sempre più copiosa. Ed anche qui, viste le pronte polemiche: ma siamo poi certi che è più attuale e XXI secolo quel gran sacco di macerie del Pac, del solito Cattellan, vegeto e flashartianamente-up to date (opera ancora sopportabile, nonostante il plagio evidente della analoga vetrina di Beuys, che stipava le scorie d\'un simbolico Primo Maggio a Berlino?) piuttosto che non il magnifico e perenne Muro del Pianto, di usurate valigie d\'esodo, dell\'ahimè defunto Mauri?

    IVONNEIVONNE SCIO FA ANCORA LA PUPA

    Così, per rispondere a certi stupidami polemici: ma non è mille volte più «contemporaneo» un grande trascurato come l\'architetto Luigi Moretti (magnifica la sua mostra curata da Bruno Reichlin e Maristella Casciato, con disegni, maquettes, tavole sinottiche) certo, coinvolto nel regime, progettista folgorante della sublime piscina e sala da scherma ahimè di quel Mussolini, che il nostro Premier dice «da qualcuno reputato un dittatore»: coinvolto genio della modernità, dunque, e attualissimo.

    ILIL RABBINO CAPO DI ROMA RICCARDO DISEGNI E SIGNORA

    L\'arte non è questione di brioches calde, con scadenza da supermercato, ed è De Dominicis a ricordarcelo: «pittura e scultura non son forme di espressione tradizionali, ma originarie: dunque del futuro». Leggano, studino e ci lascino divertire (mah). Così meglio di tutto sarà proprio infiltrarsi infantilmente in questa struttura continua, come un nodo di Moebius, che ci prende in braccio e ci fa fare quel che vuole, morbidamente.

    O che pure ci lascia liberi di decidere il nostro percorso, con omissioni o lacune, come uno spettacolo opzionale di Ronconi: sei tu infatti che ti costruisci il tuo destino ex-museale, magari gettandoti nella braccia del video-artista turco più à la page, piuttosto che nel «solito» Boetti, o nella già coronata Toderi, con la sua debita grotta planetaria.

    ILIL PAOLO NAZIONALE

    Ma basta, per favore, con quelle osservazioni da geometrini dalla matita blu, a ripetere che questo Museo-narciso, auto-Hadid-monumento, ha le pareti sghembe (tremarella!) ed inadatte ad accogliere le opere (e allora che avrebbero dovuto dire nei Cinquanta, con le curve ascendenti di Wright, al Guggenheim?!) e poi, come funzionano bene, quando devono accogliere i finti antichi arazzi di Kentridge od anche la serissima e virtuosistica sezione degli olii incastonati di De Dominicis, con le sue fisionomie sfuggenti e le anatomie inafferrabili.

    GIANNIGIANNI BULGARI E MOGLIE NICOLE SIEF

    Ma poi, non lo si sa comunque che le opere-giocattolone d\'oggi sono quello che sono, ed hanno necessità, come paguri bernardi, di carapaci un po\' creativi, se no floppano come flan cagliati? Ed è patetico che siano proprio quei critici (?) «collaborazionisti», che hanno assolto per decenni opere inesistenti, e lucrato a distruggere ogni dignità residua dell\'arte contemporanea, non dico ad accorgersi che l\'architettura sta innanzi anni-luce, e passi, ma addirittura a gridare, con voce stridula, alla lesa maestà delle loro operine d\'arte, schiacciate dal tallone dell\'arci-architettura. Ma suvvia: Risata!

     

     

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