FOTO DI UMBERTO PIZZI DA ZAGAROLO
1 - TRAVAGLIO: "SONO ANDATO VIA QUANDO HO SENTITO DEFINIRE FELTRI GRANDE GIORNALISTA"
Maria Grazia Bruzzone per "La Stampa"
Allora, Travaglio, com'è andata la manifestazione?
«Fantastica. E' bello vedere manifestare in migliaia non per i soldi ma per un principio costituzionale, l'articolo 21. Come ai tempi dei Girotondi per l'indipendenza della magistratura».
I Girotondi, appunto. Le star eravate voi, giornalisti della tv, più dei politici. E' cosi?
«Meno male che gli organizzatori non erano i politici. Io comunque ho fatto una passeggiata, me ne sono andato quando ho sentito Onida dire che Feltri è un grande giornalista».
Le sembra giusto andar via da una manifestazione sulla libertà di espressione perché non condivide un'opinione?
«Ero lì per sentir parlare di libertà di espressione, non per sentir elogiare Feltri che aveva appena titolato "Chiudete Annozero". Ero sconcertato. Per me grandi giornalisti sono Montanelli, Biagi, Pintor».
Il Riformista scrive che Montanelli non sarebbe sceso in piazza: i giornalisti che si schierano tradiscono il mestiere.
«Poveri sciocchini. Montanelli quando fondò La Voce organizzò a Milano una manifestazione sulla libertà di informazione, il 12 luglio 1994. Berlusconi, con le sue tv, era diventato premier e aveva appena preso in mano la Rai. La cosa faceva ancora effetto».
Minzolini direttore del Tg1. Che ne pensa?
«Deve essere posseduto. Non è certo il Minzolini cronista irriverente e spettegolante che una volta origliava dai palazzi. Io comunque non invoco censura. Spero anzi che vada in onda tutti i giorni così anche i più duri capiranno perché sta lì».
Editoriale fazioso del Tg1bilancia quello di Travaglio?
«Io non sono fazioso. Dico cose vere, che caso mai "non andrebbero dette", e comunque poi sono lì a rispondere alle contestazioni. Il Tg1 è sempre stato il tg dei poteri forti. Oggi è un tg proprietario. Una Pravda personale».
MENTANA MORDI E FUGGI - "SONO ANDATO ALLA MANIFESTAZIONE MA ME NE SONO ANDATO QUANDO HO VISTO I POLITICI. MANIFESTARE INSIEME A LORO È LA NEGAZIONE DELLA PROPRIA AUTONOMIA PROFESSIONALE" - "IN PIAZZA C'ERA ANCHE CHI HA APPENA FINITO DI LOTTIZZARE IN RAI" ...
Alessandro Calvi per "il Riformista"
VELTRONI FERREROIn piazza Enrico Mentana c'era. Ma è durata poco. «Ho visto i simboli di partito e sono tornato indietro». Eppure, dice, «le ragioni della manifestazione le condivido fino in fondo». Ma quella di ieri aveva tutta l'aria di essere «una manifestazione di parte». Insomma, quella che poteva essere una opportunità, se non addirittura «una necessità», è stata una occasione persa, con una categoria che ha finito per mettersi sotto la tutela di un parte politica la cui latitanza, spiega il giornalista, è tra le cause della situazione attuale, nella quale è un giornale a fare politica.
WALTER VELTRONIMa Mentana non sembra neppure troppo sorpreso: «Se uno degli obiettivi era quello che fossero ritirate le citazioni contro Repubblica e Unità, non è un caso che è l'unica cosa della quale non si è parlato».
Allora Mentana, come è andata la manifestazione?
Ci sono stato. Ho visto che c'erano i simboli dei partiti esono tornato indietro. C'erano tutti. Anche chi aveva appena finito di lottizzare la Rai. Ho a cuore la libertà di informazione ma ritengo che manifestare insieme ai leader politici sia la negazione in radice della propria autonomia professionale. Io avrei preferito una manifestazione professionale, questa mi è sembrata una manifestazione dell'opposizione.
Ritiene che in Italia la libertà di informazione sia minacciata?
Penso che ci siano dei problemi, dei problemi grossi, enormi. La manifestazione aveva un senso, eccome. Se guardiamo a giornali e televisioni la sensazione è quella di una forte pressione del governo. Ed è vero che c'è più conformismo, cautela, reticenza.
Oggettivamente ci sono segnali di uno squilibrio di forze che si traduce in una ipoteca sugli orientamenti dei giornali. Proprio per questa ragione, quello sulla libertà di informazione è un discorso che sarebbe stato meglio affrontare solo come fatto professionale.
ROBERTO MORIONE E GIULIETTIE ieri questo non è avvenuto.
Ho trovato condivisibile quello che ha detto Saviano. Ma altri interventi sembravano relazioni a un congresso di partito. Il vero problema, oggi, è che la politica la fa una parte sola mentre l'altra è così debole da aver bisogno di essere surrogata dai giornali nella battaglia contro Berlusconi. Se il Pd non fosse così ripiegato su se stesso, però, non sarebbe stata Repubblica a fare quella campagna. E la questione sarebbe stata incanalata su binari più politici e meno guardonistici.
Che un giornale faccia una campagna, però, fa parte del gioco. Dall'altra parte, poi, c'è Berlusconi che se ne esce con quel «farabutti».
Quello che fa Repubblica giornalisticamente ci sta, è ovvio. Mi preoccupa però questa situazione nella quale i giornali sembrano partiti politici. Per questo, gli ultimi che dovevano essere in piazza solo coloro i quali, con la loro latitanza, hanno contribuito a creare questa situazione. E invece è accaduta l'ultima cosa che mi sarei augurato: anche questo che doveva essere un momento importante si è trasformato nella solita contrapposizione tra Guelfi e Ghibellini, risucchiando in solido l'informazione italiana.
Cosa si sarebbe augurato, invece?
Avrei voluto ascoltare giornalisti con le proprie storie, con i propri nomi. Avrei voluto ascoltare il racconto dei problemi veri della informazione. È possibile che il Tg1 cambi linea col cambiare delle maggioranze? Cosa dicono i giornalisti che lavorano in quella redazione?
Ce l'ha con Minzolini anche lei?
Le sue scelte sulla vicenda D'Addario sono state sbagliate. Ma molte testate si sono fatte progressivamente più caute. Io credo che ci si debba esporre in prima persona. Santoro, ad esempio, ha rischiato. Poi forse avrà sbagliato. Di questo si potrà anche discutere. Ma almeno ha dimostrato che, rischiando, c'è la libertà di fare cose coraggiose. È così che si mantiene la libertà, non perché te la garantisce l'editore. E lo dice uno che è a spasso perché sa bene che, quando si deve rischiare, si rischia in proprio e non per contratto.
Minzolini e Santoro a parte, nell'occhio del ciclone c'è finito anche Vespa con quella trasmissione sull'Abruzzo.
Io non concepisco che una trasmissione si faccia in quel modo, ma ha raccontato molto più di quello che si è detto. Quando Berlusconi ha fatto la sua intemerata sui «farabutti» davanti a sé aveva soltanto giornalisti. E non è volata una vespa. Nessuno ha difeso i «farabutti», nessuno ha detto: come si permette? Questa ormai è una categoria divisa tra apocalittici e integrati ma è una cosa che dovremmo scrollarci di dosso.
E in Mediaset lei era apocalittico o integrato?
Ho sempre lavorato liberamente perché ho messo le cose in chiaro da subito. Non faccio il martire né mi piace farlo, e tra l'altro vedo in giro molti martiri che a fine mese vanno a ritirare la busta paga. Però la situazione nella quale mi trovo ora la devo al mutamento delle condizioni politiche, e anche al fatto che esiste una forte maggioranza e una debole minoranza, al di là dei dati numerici.
A proposito di minoranza. Era circolato il suo nome per la conduzione del confronto tra i tre candidati alla segreteria del Pd.
Già, me lo hanno proposto. Ma francamente sarebbe strano che a intervistare i tre candidati fosse uno che non è un elettore del Pd. Ho chiesto che ne tenessero conto e di darmi piena libertà. Non ho più sentito nessuno.