PRODI È ANDATO IN CINA PER OCCUPARSI FINALMENTE DI TELECOM - DOMENICA, CONFINDUSTRIA HA DISERTATO LA CENA D'ONORE ALL'AMBASCIATA ITALIANA DI PECHINO, A CAUSA DI UNO SCONTRO TRA MONTEZEMOLO E I PRODIANI SULL'INSUFFICIENTE VALORIZZAZIONE DELLA FIAT.
1 - PRODI È ANDATO IN CINA PER OCCUPARSI FINALMENTE DI TELECOM
Beppe Grillo per www.beppegrillo.it
Prodi è andato in Cina per occuparsi finalmente di Telecom. Per non rischiare troppo tra un viadotto dell'autostrada e l'altro. Sotto la protezione dei servizi segreti cinesi ha potuto finalmente esprimersi. Non parlava così da anni. E si è capito pure cosa diceva. Un'altra persona. Rinato. In Italia balbettava, lì invece le ha cantate chiare e forti.
I cinesi non erano granché interessati alla Telecom e alla vendita della Tim, ma hanno dovuto sciropparsele. E' come se il primo ministro cinese venisse a Roma per una settimana e si piazzasse in Confindustria per tenere conferenze stampa sul fiume Giallo dalla mattina alla sera.
Prodi è stato assistito dal suo fido consigliere, l'ex giocatore di pallacanestro Rovati che dopo l'entusiasmo sollevato in Patria dalle sue dichiarazioni e dalla memoria 'artigianale' fatta avere in gran segreto al tronchetto si è dovuto dimettere. E questa è sicuramente una buona notizia per il Governo che potrà fare a meno dei suoi consigli.
Prodi rientra in Italia da trionfatore anche se nessuno ha capito esattamente cosa ha fatto in Cina insieme ai circa mille politici e imprenditori. E chi ha pagato loro biglietto, vitto e alloggio. Prodi dovrà ora recarsi in Parlamento a riferire, non sulla Cina, ma su Tronchetti. Farà il suo solito discorso che risulterà incomprensibile al largo pubblico, ma molto rassicurante.
Il quasi ottuagenario Guido Rossi è ora presidente di Telecom, beati i Paesi che non hanno bisogno dei pensionati. Carlo Buora, il dito medio della mano sinistra di Tronchetti è vice presidente operativo. Insomma, va tutto bene, non è cambiato niente. L'opposizione chiede le dimissioni di Prodi senza vergognarsi di aver consentito a Tronchetti di tutto e di più per cinque anni. Ma forse sono solo manovre di Berlusconi per comprare la rete fissa in nome dell'italianità. Il rovesciamento delle parti operato dai giornali in tutta questa vicenda è sensazionale. Tronchetti è la vittima e Prodi il carnefice. La verità è più terra terra: le vittime sono, come sempre, gli italiani.
2 - PRODI PARTE DALLA CINA CON UNA VALIGIA DI LITI E CON POCHI RISULTATI.
Da "Il Foglio"
Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha lasciato ieri la Cina con destinazione New York, dove - a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite - incontrerà il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad. La politica estera è stata al centro dei colloqui conclusivi di Prodi con la leadership cinese, che però non ha concesso molto sul piano economico. Nella sua prima tappa a Nanchino, Prodi era stato accolto dal China Daily con un supplemento dedicato all'amicizia sino-tedesca, suggellata dall'annuncio dell'apertura di una nuova fabbrica Daimler Chrysler in Cina.
Il giorno successivo a Canton, sulla prima pagina dello stesso quotidiano capeggiava una foto del primo ministro cinese, Wen Jiabao, con il premier britannico, Tony Blair: mentre Prodi promuoveva le piccole e medie imprese - un giro d'affari di qualche milione di euro - Jiabao era a Downing Street per sottoscrivere un contratto da 425 milioni di sterline tra Rolls-Royce e Air China. Qualche giorno prima, a Helsinki, Wen aveva annunciato un lucroso accordo con il gigante della telefonia finlandese Nokia. Mentre l'Italia arrivava in pompa magna in Cina e annunciava che grazie a Prodi "l'Italia sarà presente" nella nuova potenza mondiale, il premier Wen scorrazzava per "l'Europa che conta" a firmare contratti e fare business.
Rispetto agli altri paesi europei "l'Italia è in ritardo", ha ammesso più volte il ministro per il Commercio internazionale, Emma Bonino. A Nanchino, dove è presente con diversi stabilimenti, il gruppo Fiat ha lanciato ambiziosi obiettivi industriali. Ma per le strade della Cina le automobili Fiat e i furgoni Iveco si contano sulle dita di una mano: le migliaia di taxi di Canton, Pechino e Shangai sono Volkswagen e Hyundai, mentre la nuova borghesia compra tedesco, americano e coreano. "Non abbiamo Airbus", ha spiegato Bonino, per cui l'Italia punta sulla risorsa delle piccole e medie imprese e cerca di diventare la "porta della Cina" per le merci da esportare in Europa: cinquemila incontri organizzati dall'Ice tra imprenditori italiani e cinesi e la promessa di porti efficienti nella penisola.
Ma tutta questa "insalatona non serve a niente" - hanno lamentato al Foglio diversi imprenditori - perché l'Ice "è troppo burocratica" e le pmi preferiscono "fare da sé". Quanto ai porti per accedere all'Europa, gli enti locali italiani non riescono a superare i pregiudizi sui metri cubi di cemento e gli investimenti cinesi rischiano di essere dirottati verso Grecia e Spagna.
Quello che Prodi vende come "sistema paese" si è sfaldato nel corso della sua prima importante missione extraeuropea. Il presidente del Consiglio si è "auto-oscurato" con la maldestra gestione politica e mediatica del caso Angelo Rovati, che ha monopolizzato l'attenzione fino all'annuncio di dimissioni a pochi istanti e a pochi metri dalla conferenza stampa con il premier cinese. Domenica, Confindustria ha disertato la cena d'onore all'ambasciata italiana di Pechino, a causa di uno scontro tra il presidente, Luca Cordero di Montezemolo, e i prodiani sull'insufficiente valorizzazione della Fiat.
Ieri, negli incontri con il premier Wen e il presidente Hu Jintao, Prodi ha scelto di rifugiarsi nella politica estera. Ha parlato "a lungo" di diritti umani, ottenendo "rassicurazioni" di rito. Ha annunciato che "guarda con favore all'abolizione dell'embargo sulle armi" imposto dopo Tienanmen - con il resto della delegazione accigliata - ed è toccato a Federico Rampini ricordargli che l'Europa ha cambiato idea dopo la legge antisecessione con cui Pechino minaccia di attaccare Taiwan. "Sui problemi che riguardano l'umanità, la Cina non può non assumersi le proprie responsabilità", ha spiegato Prodi, salvo scordarsi il dossier dei missili della Corea del nord, su cui non ha "notato fatti nuovi".
Del nucleare iraniano si è accennato perché "non è che si possa pensare di parlare di medio oriente senza parlare di Iran". I cinesi "hanno ribadito la loro tradizionale posizione" contro le sanzioni, ieri rafforzata dalle parole del presidente francese, Jacques Chirac, che ha chiesto di non fare pressioni sul Consiglio di sicurezza - come sta facendo Washington - mentre sono in corso le negoziazioni.
Dagospia 19 Settembre 2006
Beppe Grillo per www.beppegrillo.it
Prodi è andato in Cina per occuparsi finalmente di Telecom. Per non rischiare troppo tra un viadotto dell'autostrada e l'altro. Sotto la protezione dei servizi segreti cinesi ha potuto finalmente esprimersi. Non parlava così da anni. E si è capito pure cosa diceva. Un'altra persona. Rinato. In Italia balbettava, lì invece le ha cantate chiare e forti.
I cinesi non erano granché interessati alla Telecom e alla vendita della Tim, ma hanno dovuto sciropparsele. E' come se il primo ministro cinese venisse a Roma per una settimana e si piazzasse in Confindustria per tenere conferenze stampa sul fiume Giallo dalla mattina alla sera.
Prodi è stato assistito dal suo fido consigliere, l'ex giocatore di pallacanestro Rovati che dopo l'entusiasmo sollevato in Patria dalle sue dichiarazioni e dalla memoria 'artigianale' fatta avere in gran segreto al tronchetto si è dovuto dimettere. E questa è sicuramente una buona notizia per il Governo che potrà fare a meno dei suoi consigli.
Prodi rientra in Italia da trionfatore anche se nessuno ha capito esattamente cosa ha fatto in Cina insieme ai circa mille politici e imprenditori. E chi ha pagato loro biglietto, vitto e alloggio. Prodi dovrà ora recarsi in Parlamento a riferire, non sulla Cina, ma su Tronchetti. Farà il suo solito discorso che risulterà incomprensibile al largo pubblico, ma molto rassicurante.
Il quasi ottuagenario Guido Rossi è ora presidente di Telecom, beati i Paesi che non hanno bisogno dei pensionati. Carlo Buora, il dito medio della mano sinistra di Tronchetti è vice presidente operativo. Insomma, va tutto bene, non è cambiato niente. L'opposizione chiede le dimissioni di Prodi senza vergognarsi di aver consentito a Tronchetti di tutto e di più per cinque anni. Ma forse sono solo manovre di Berlusconi per comprare la rete fissa in nome dell'italianità. Il rovesciamento delle parti operato dai giornali in tutta questa vicenda è sensazionale. Tronchetti è la vittima e Prodi il carnefice. La verità è più terra terra: le vittime sono, come sempre, gli italiani.
2 - PRODI PARTE DALLA CINA CON UNA VALIGIA DI LITI E CON POCHI RISULTATI.
Da "Il Foglio"
Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha lasciato ieri la Cina con destinazione New York, dove - a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite - incontrerà il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad. La politica estera è stata al centro dei colloqui conclusivi di Prodi con la leadership cinese, che però non ha concesso molto sul piano economico. Nella sua prima tappa a Nanchino, Prodi era stato accolto dal China Daily con un supplemento dedicato all'amicizia sino-tedesca, suggellata dall'annuncio dell'apertura di una nuova fabbrica Daimler Chrysler in Cina.
Il giorno successivo a Canton, sulla prima pagina dello stesso quotidiano capeggiava una foto del primo ministro cinese, Wen Jiabao, con il premier britannico, Tony Blair: mentre Prodi promuoveva le piccole e medie imprese - un giro d'affari di qualche milione di euro - Jiabao era a Downing Street per sottoscrivere un contratto da 425 milioni di sterline tra Rolls-Royce e Air China. Qualche giorno prima, a Helsinki, Wen aveva annunciato un lucroso accordo con il gigante della telefonia finlandese Nokia. Mentre l'Italia arrivava in pompa magna in Cina e annunciava che grazie a Prodi "l'Italia sarà presente" nella nuova potenza mondiale, il premier Wen scorrazzava per "l'Europa che conta" a firmare contratti e fare business.
Rispetto agli altri paesi europei "l'Italia è in ritardo", ha ammesso più volte il ministro per il Commercio internazionale, Emma Bonino. A Nanchino, dove è presente con diversi stabilimenti, il gruppo Fiat ha lanciato ambiziosi obiettivi industriali. Ma per le strade della Cina le automobili Fiat e i furgoni Iveco si contano sulle dita di una mano: le migliaia di taxi di Canton, Pechino e Shangai sono Volkswagen e Hyundai, mentre la nuova borghesia compra tedesco, americano e coreano. "Non abbiamo Airbus", ha spiegato Bonino, per cui l'Italia punta sulla risorsa delle piccole e medie imprese e cerca di diventare la "porta della Cina" per le merci da esportare in Europa: cinquemila incontri organizzati dall'Ice tra imprenditori italiani e cinesi e la promessa di porti efficienti nella penisola.
Ma tutta questa "insalatona non serve a niente" - hanno lamentato al Foglio diversi imprenditori - perché l'Ice "è troppo burocratica" e le pmi preferiscono "fare da sé". Quanto ai porti per accedere all'Europa, gli enti locali italiani non riescono a superare i pregiudizi sui metri cubi di cemento e gli investimenti cinesi rischiano di essere dirottati verso Grecia e Spagna.
Quello che Prodi vende come "sistema paese" si è sfaldato nel corso della sua prima importante missione extraeuropea. Il presidente del Consiglio si è "auto-oscurato" con la maldestra gestione politica e mediatica del caso Angelo Rovati, che ha monopolizzato l'attenzione fino all'annuncio di dimissioni a pochi istanti e a pochi metri dalla conferenza stampa con il premier cinese. Domenica, Confindustria ha disertato la cena d'onore all'ambasciata italiana di Pechino, a causa di uno scontro tra il presidente, Luca Cordero di Montezemolo, e i prodiani sull'insufficiente valorizzazione della Fiat.
Ieri, negli incontri con il premier Wen e il presidente Hu Jintao, Prodi ha scelto di rifugiarsi nella politica estera. Ha parlato "a lungo" di diritti umani, ottenendo "rassicurazioni" di rito. Ha annunciato che "guarda con favore all'abolizione dell'embargo sulle armi" imposto dopo Tienanmen - con il resto della delegazione accigliata - ed è toccato a Federico Rampini ricordargli che l'Europa ha cambiato idea dopo la legge antisecessione con cui Pechino minaccia di attaccare Taiwan. "Sui problemi che riguardano l'umanità, la Cina non può non assumersi le proprie responsabilità", ha spiegato Prodi, salvo scordarsi il dossier dei missili della Corea del nord, su cui non ha "notato fatti nuovi".
Del nucleare iraniano si è accennato perché "non è che si possa pensare di parlare di medio oriente senza parlare di Iran". I cinesi "hanno ribadito la loro tradizionale posizione" contro le sanzioni, ieri rafforzata dalle parole del presidente francese, Jacques Chirac, che ha chiesto di non fare pressioni sul Consiglio di sicurezza - come sta facendo Washington - mentre sono in corso le negoziazioni.
Dagospia 19 Settembre 2006