VATICANO E LONDRA, CHIESE PIÙ VICINE - 36 VESCOVI ANGLICANI DISPOSTI A SOTTOMETTERSI AL PAPA - LE ALTE GERARCHIE TACCIONO, MA I FEDELI SEMBRANO ANDARE OLTRE LE DIVISIONI E I RAPPORTI NON SONO MAI STATI MIGLIORI DI ADESSO .

Marcello Sorgi per "La Stampa"


Un documento di trentasei vescovi anglicani e cattolici di Tanzania e Dar es Salaam, mirato a un riavvicinamento della due Chiese sotto il primato del Papa, e pubblicato ieri dal «Times», ha dato corpo all'ipotesi della riunificazione e del superamento dello scisma che le divise nel 1533.

L'ipotesi, va detto subito, è ben lontana dalla realtà, e sia gli uffici dell'Arcivescovo di Canterbury Rowan Douglas Williams, capo spirituale degli anglicani (governati formalmente dalla Regina Elisabetta), sia quelli della Nunziatura apostolica del Vaticano a Londra retta da mons. Faustino Sainz Munoz, si rifiutano di commentarla.

L'iniziativa dei 36 vescovi anglicani prende le mosse dal messaggio che il Papa inviò, per sottolineare il suo appoggio, all'ala ortodossa della Chiesa Episcopale americana che si era opposta all'ordinamento del vescovo gay Gene Robinson. Ad oggi, l'apertura della gerarchia anche ad omosessuali dichiarati, basata su un'interpretazione liberale delle Sacre scritture non esclusa dall'Arcivescovo di Canterbury, è il punto che più divide i cattolici dagli anglicani. Altro argomento di divisione è l'ordinamento di donne prete e la possibilità, ventilata, che anche queste in futuro possano ricoprire ruoli vescovili. Mentre non rappresenterebbe un ostacolo insuperabile - non è un punto di dottrina, ma un problema di disciplina - il fatto che i preti anglicani siano liberi di sposarsi e convivere con le loro mogli.

I vescovi non si nascondono le difficoltà, ma sono convinti che «esista un terreno comune» e di fronte al risultato storico di una riunificazione delle due Chiese e di un ritorno degli Anglicani a pieno titolo sotto il Papa, anche la loro ala più radicale, che preme per le più audaci aperture alla società civile, finirebbe con l'accettare il compromesso. Una visione del genere nasce probabilmente dal lavoro fianco a fianco che in zone come la Tanzania gli anglicani si trovano a fare con i cattolici, e da una valutazione critica delle difficoltà che la Chiesa anglicana ormai incontra nel suo territorio e in un Paese come l'Inghilterra, dove i credenti sono ormai una minoranza: pochi giorni fa è emerso che in Scozia e Galles, grazie al crescente numero di immigrati, il numero dei cattolici ha superato quello dei fedeli anglicani.



In linea con questa visione, il passaggio fondamentale del documento dei vescovi riconosce che per la prima volta dopo la ribellione del XVI secolo, «alcuni anglicani cominciano a vedere il valore di un ministero universale che potrebbe essere esercitato dal vescovo di Roma su una Chiesa riunificata». «È un gran passo - osserva l'arcivescovo Francesco Gioia, esperto di dialogo interreligioso in Vaticano -. La sola ipotesi del riconoscimento del ministero petrino rappresenta una svolta rispetto all'arroccamento tenuto finora. Ed anche se resta il nodo del sacerdozio femminile, è la conferma che con questo Papa le relazioni con le Chiese inglese e americana stanno migliorando, in linea con gli auspici di Giovanni Paolo II, che denunciò lo «scandalo delle divisioni tra cattolici»

Quanto possano pesare gli antiscismatici sull'insieme di una Chiesa, come quella inglese, che ha consolidate tradizioni liberali e si confronta con una delle più moderne e aperte società civili, è difficile dirlo. Il cammino è lungo, ammettono i firmatari del documento. Che proprio per questo, tuttavia, suggeriscono di intensificare le iniziative a favore del riavvicinamento, organizzare riunioni comuni tra anglicani e cattolici, studiare una possibile integrazione delle differenti liturgie, favorire viaggi di vescovi anglicani in Vaticano, accompagnati e ricevuti da colleghi italiani, lavorare insieme nelle scuole, fino alla possibilità di marciare uniti in pellegrinaggi e processioni.

Ma se il sentimento dei parrocchiani anglicani, secondo i loro pastori, va oltre le divisioni al vertice della loro stessa gerarchia, e spinge «a sanare l'antica e secolare ferita» tra le due Chiese, le reazioni ufficiali, anzi le non-reazioni, all'iniziativa dei vescovi lasciano capire quanto la strada della riunificazione sia in salita. Dal palazzo dell'arcivescovo di Canterbury una telefonata ieri ha raggiunto la nunziatura apostolica del Vaticano, per chiedere una valutazione delle indiscrezioni dei giornali che ovviamente, in tempi così brevi, non può esserci.

Sul piano ufficiale, tutto è fermo alle ricerche fatte in questi anni da commissioni miste per arrivare a una concezione comune del ruolo di Maria Vergine. L'ecumenismo procede bene. I rapporti non sono mai stati migliori di adesso. Ma è difficile in questo momento pensare a una ricucitura dello scisma, mentre in Inghilterra si continua a parlare di vescovi gay e donne prete, e in Italia i vescovi, per non dire il Papa in prima persona, sono impegnati in una ferma opposizione ai «Dico» e al riconoscimento legale esteso anche alle coppie omosessuali.


Dagospia 20 Febbraio 2007