BASSANINI VOLA ALTO: FALCE, SPORTELLO E QUALCHE MARTELLATA A D'ALEMA
DUE ANNI FA IO E AMATO DIFENDEMMO L'AUTONOMIA DI MPS. BAFFINO CE LA GIURÒ:
IO FATTO FUORI DAL PARLAMENTO, GIULIANO CACCIATO DALLA CORSA AL QUIRINALE

Renzo Rosati per "Panorama" in edicola domani


Se c'è un esponente della sinistra che vive come una vittoria personale la conquista della Banca Antonveneta a opera del Monte dei Paschi di Siena, questo è Franco Bassanini: «La migliore operazione che potessero fare. Io l'avevo suggerita già due anni fa» dice a "Panorama" l'ex ministro ds. «Purtroppo sia il partito con Massimo D'Alema, sia la finanza rossa con l'Unipol di Giovanni Consorte, sia la Banca d'Italia con Antonio Fazio erano in altri progetti affaccendati».

Bassanini è tornato in grande spolvero dopo l'ostracismo deciso da D'Alema: è stato chiamato da Jacques Attali nella commissione bipartisan di esperti europei per la riforma dello stato francese voluta da Nicolas Sarkozy; e l'ascesa di Walter Veltroni lo ha rilanciato in Italia, dove il segretario del Pd ha imposto a Romano Prodi il bassaniniano cavallo di battaglia della riduzione dei ministeri.

Bassanini si schermisce un po' ma alla fine non nega che su Mps-Antonveneta ci sia l'impronta del Pd: «Difficile dirlo, ma indubbiamente esistono storie personali e professionali che ci accomunano». Tende ad allontanare da Veltroni sospetti di coinvolgimento diretto: «Sta bene attento a tenersi a debita distanza dai giochi finanziari, lui. E d'altra parte l'Mps, a differenza dell'Unipol di Consorte, tutto vuole tranne che connotarsi come banca rossa». Ma...

«Ma non posso dimenticare ciò che accadde due anni fa: Antonio Fazio impedì l'opa del Monte sulla Bnl per favorire l'Unipol; dopodiché Consorte e D'Alema fecero un pressing su Siena perché si alleasse con Consorte. Chi difese l'autonomia del Monte, come me e Giuliano Amato, venne emarginato».

Veramente Amato è ministro dell'Interno. «Sarebbe diventato presidente della Repubblica, votato anche dal centrodestra. D'Alema pur di farlo fuori scese in campo personalmente». Insomma, è una lettura molto politica quella che finisce per offrire Bassanini, anche se l'operazione Siena-Padova appare soprattutto come una brillante operazione di mercato.

D'altra parte chi può negare che tutte e tre le grandi banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredito-Capitalia e ora Mps-Antonveneta) siano ormai un misto di mercato e potere ulivista? Tutti i numeri uno, Giovanni Bazoli dell'Intesa, Alessandro Profumo dell'Unicredit Group e Giuseppe Mussari del Monte dei Paschi il 14 ottobre si sono messi in fila ai seggi delle primarie del Partito democratico. Così come nel 2005 Profumo e Corrado Passera erano accorsi ai gazebi per le primarie di Romano Prodi.

E così come Mussari ha attivamente condotto la campagna di Veltroni in Toscana. Anzi, a Siena e dintorni il kombinat veltroniano ha lavorato come una macchina da guerra: con Walter è il sindaco Maurizio Cenni, azionista della Fondazione Mps. Il segretario senese del Pd, Simone Bettini, risponde direttamente all'ex responsabile della Quercia, Franco Ceccuzzi. Il presidente della Fondazione, Gabriello Mancini, del Ppi, è uomo di fiducia di Alberto Monaci, capogruppo del Pd alla Regione Toscana. E l'accordo Ceccuzzi-Monaci ha fatto definitivamente fuori Rosy Bindi, che è di Sinalunga e a Siena ha la base elettorale.

L'altro player dell'operazione Mps è Francesco Gaetano Caltagirone, costruttore, editore del "Messaggero" e del "Gazzettino", socio forte delle Generali. Le chiacchiere dicono che proprio lui abbia informato Veltroni, con il quale ha rapporti costanti.

Forse non casualmente il matrimonio tra Azzurra Caltagirone e Pier Ferdinando Casini si è celebrato a Siena, nel Palazzo Pubblico, sotto l'Allegoria del buon governo di Ambrogio Lorenzetti; mentre il ricevimento si è tenuto a Palazzo Pagnoccheschi d'Elci, antica sede del municipio, che il «Calta» ha recentemente comprato da Andrea D'Elci, ultimo rampollo della dinastia.



Qualcuno ha voluto scorgerci il presagio di altre imminenti nozze, stavolta politiche: quelle tra il Pd veltroniano e l'Udc casiniano, benedette dai poteri forti bancari e imprenditoriali. E ricorda che la nuova superbanca avrà in fondo buoni rapporti con l'Intesa di Bazoli e con molti altri potentati.

Tra gli anelli di congiunzione, oltre a Caltagirone, il finanziere Romain Zaleski, presente sia in Intesa sia in Mps, nonché in Generali, Mediobanca e Telecom. «In questo quadro l'Mps ci sta a pennello» commenta sconsolato Giampiero Cantoni, economista e banchiere, oggi senatore di Forza Italia.

«Sono abbastanza sicuro che il Pd di Veltroni stia già cercando di ridisegnare la mappa del potere economico, magari in modo meno arrembante di quanto ha tentato di fare D'Alema, e con meno protagonismo di Prodi. Se guardiamo al prezzo, il Monte dei Paschi ha pagato per l'Antonveneta un'enormità al Banco Santander. Ma dal punto di vista strategico l'operazione è buona, perché integra due aree ricche d'Italia e soprattutto punta sul Nord-Est».

Lo sfondamento dei senesi nel Veneto sta già seminando malumore nella Lega e in Forza Italia, dove c'è chi accusa il centrodestra, e Silvio Berlusconi in persona, di scarsa attenzione per il potere bancario. Un disagio del quale per ora si fa interprete, dietro le quinte, qualche outsider: come l'ex sindaco di Padova Giustina Destro, oggi deputata di Forza Italia, e un drappello di parlamentari del Carroccio.

Scenari che lasciano perplesso Nicola Rossi, economista e parlamentare ex ds, chiamato da Veltroni nel proprio pensatoio subito dopo l'abbandono della Quercia. «L'operazione Mps la giudicherà il mercato» commenta con "Panorama". «La politica se ne tenga alla larga se non vuole ripetere gli errori di due anni fa. Certo, mi rendo conto che la tentazione è irresistibile».

Ci sono però almeno un paio di aspetti che stanno a cuore al liberal Rossi: «Il progetto Mps-Antonveneta è interessante, ma si tratta di chiarire prezzi e costi. E indubbiamente nessun giudizio neutro può essere dato se il Monte dei Paschi non diventa una banca come le altre, contendibile come tutte. Se insomma non modifica il proprio assetto azionario».

L'economista non nasconde che, anche se esistesse la volontà, sarebbe un processo lungo perché nel Monte non ci sono solo le istituzioni rosse di Siena, un peso ce l'hanno per esempio anche le coop. «Si potrebbe partire da qui. Ho già detto due anni fa, ai tempi della scalata Unipol, che il ruolo delle cooperative deve essere diverso dalla finanza».

Resta il peso della politica, locale e nazionale. Con il super- Walter proiettato sul risiko finanziario. «È vero solo per l'assetto azionario del Mps. Oppure lei crede che i grandi capi del Santander, per mettere in vendita l'Antonveneta, disfarsi di un investimento da oltre 6 miliardi di euro e guadagnarci sopra un bel po' abbiano atteso con ansia l'esito delle primarie del Pd?». Possibile. Resta il fatto che la sinistra bancaria incassa un altro successo. Che il centrodestra non tocca palla. E che Veltroni riesce dove D'Alema (e non solo lui) aveva parecchio pasticciato.

BASSANINI SMENTISCE "PANORAMA" SU D'ALEMA E MPS-ANTONVENETA
 
Riceviamo e pubblichiamo:
 
"Da una anticipazione di Radiocor - ha dichiarato l'ex ministro Franco Bassanini - apprendo alcune affermazioni che Panorama mi attribuisce e che differiscono sostanzialmente da quanto ho detto a chi mi ha intervistato per conto di quel settimanale. In particolare: 1. I riferimenti all'intervento di Fazio concernevano il progetto di merger fra Montepaschi e BNL del 2003, assai precedente alla discesa in campo di Unipol. MPS perse allora - per effetto del veto del Governatore - l'occasione di acquisire il controllo di BNL a un prezzo pari a poco più della metà di quello pagato poi da BNP-Paribas.
 
2. Non ho detto di avere "suggerito io due anni fa il merger con Antonveneta"; ho invece ricordato che  "in un'intervista a Paola Pilati dell'Espresso avevo manifestato l'opinione che le sinergie con Antoneveneta fossero per MPS migliori che quelle con Capitalia, che molti allora volevano sposare con Montepaschi, compresi esponenti del mio partito".
 
3. Ho ricordato che Amato fu inserito nella rosa dei candidati al Quirinale che il centrodestra era disposto a votare, e ho espresso l'opinione che la sua difesa dell'autonomia di MPS abbia avuto un qualche peso nel rifiuto di accettare questa disponibilità. Non ho detto, e non penso affatto, che "D'Alema sia sceso in campo personalmente per farlo fuori". Anche perché mi sono noti gli eccellenti rapporti fra Amato e D'Alema"
 
Roma, 15 novembre 2007


Dagospia 15 Novembre 2007