CENTRO DI RECUPERO MILAN - DOPO RIVALDO E RONALDO, ARRIVA QUEL FENOMENO A PEZZI DI RONALDINHO - FARÀ LA FINE DEGLI ALTRI DUE PALLONI (D'ORO) S-GONFIATI? - UNA SQUADRA DI FOCHE TRAVESTITI DA GIOCATORI?...
Luca Mastrantonio per "Il Riformista"
Ronaldo, Ronaldinho, Rivaldo, Baggio e Rui Costa. Ecco la mia personale top five, per dirla con Nick Hornby, decrescente per delusione, dei Palloni d'oro s-gonfiati (il portoghese non l'ha vinto e Ronaldinho mi auguro smentisca i foschi presagi). Questi cinque campioni, con il numero 10 tatuato sulla schiena anche senza maglietta, hanno piedi sopraffini, divini, ma al Milan, di colpo, diventano di stagno.
La colpa? Allenatori terribili, una forma fisica "sfortunata", approcci mentali errati, entropia del talento... quello che volete! Restano, Ronaldinho compreso, giocatori che o sono amanti della bella vita o sono vittime di una saudade che dal Brasile arriva al Portogallo passando per Caldone.
Con Ronaldinho possono essere cinque i passi indietro del Milan, ormai lontano parente della «squadra perfetta» di Sacchi, dalla quasi invincibile armada di Capello, dalla gioiosa macchina da guerra del primo Ancelotti. Il Milan, oggi, oscilla tra essere una squadra di beach volley da erba, sorta di allegro Porto Ticinese o paolista Atletico Ambroginho, che ti fa godere con gli occhi ma venire il latte alle ginocchia, e l'essere la squadra a 11 di Villa Speranza ACR - associazione calcistica di riabilitazione. Per disintossicarsi, rimotivarsi, dimagrire. Dove ti pagano, e tanto, per venire ricoverato.
L'acquisto del "bis-cotto" Ronaldinho rispetto al giovane togolese Adebayor tradisce il sogno d'eterna giovinezza del Cavaliere. La tecnica tricologica del riporto e l'elogio della follia rubato ad Erasmo. Per questo dico un grazie, al presidente. Non lo doveva fare. Con Ronaldinho emerge tutto il suo spirito paternalistico.
Amante delle belle donne e dei bei giocatori, ma con un debole per i figliol prodighi - il ritorno di tanti allenatori, di Sheva, etc... - e geneticamente predisposto a vendere sogni, più che solide realtà. L'acquisto di Ronaldinho corona questa china che ha preso il Milan berlusconiano. Presidente a cui, da milanisti, non si può non essere grati fino all'intimo del proprio midollo calcistico (né bisogna fare i moralisti anti-milionari che gridano vergogna per i 20 milioni che Berlusconi sborsa per un giocatore).
Ma proprio perché il sistema nervoso rimane buono, non si può non avvertire una certa fitta di dolore all'idea che il Milan 2008-2009, costretto a inseguire uno scudetto che non è più nel dna di molti giocatori e a farsi il mazzo in un'Europa minore ma non meno dura, si riveli squadra di giocolieri travestiti da giocatori. Globetrotter in campi di periferia. Icone del calcio buone per il circo.
Tornando a Nick Hornby, quando è venuto in Italia, aveva predetto al Riformista che Adebayor non avrebbe lasciato l'Arsenal. «Meglio così - aggiunge - avreste solo avuto un altro Luther Blisset». Forse ha ragione, ma la maggior parte dei tifosi milanisti, stando a Radio Bar Sport e ai sondaggi sui siti, tra cui mi iscrivo, preferisce Adebayor. Il giocatore che ha impressionato San Siro, che Ancelotti voleva perché gli serviva - ci serviva - per fare quello che nel calcio resta la musa di ogni epica: il goal.
Servono marcatori, non funamboli che impressionano per quante volte colpiscono la traversa, come il nuovo Ronnie - anche nel nome c'è un déjà-vu - nel celebre video. Autentico o taroccato che sia. Tanto al giorno d'oggi, non fa più differenza. Contano gli sponsor, gli spot, i numeri anche senza risultato.
Dagospia 16 Luglio 2008
Ronaldo, Ronaldinho, Rivaldo, Baggio e Rui Costa. Ecco la mia personale top five, per dirla con Nick Hornby, decrescente per delusione, dei Palloni d'oro s-gonfiati (il portoghese non l'ha vinto e Ronaldinho mi auguro smentisca i foschi presagi). Questi cinque campioni, con il numero 10 tatuato sulla schiena anche senza maglietta, hanno piedi sopraffini, divini, ma al Milan, di colpo, diventano di stagno.
La colpa? Allenatori terribili, una forma fisica "sfortunata", approcci mentali errati, entropia del talento... quello che volete! Restano, Ronaldinho compreso, giocatori che o sono amanti della bella vita o sono vittime di una saudade che dal Brasile arriva al Portogallo passando per Caldone.
Con Ronaldinho possono essere cinque i passi indietro del Milan, ormai lontano parente della «squadra perfetta» di Sacchi, dalla quasi invincibile armada di Capello, dalla gioiosa macchina da guerra del primo Ancelotti. Il Milan, oggi, oscilla tra essere una squadra di beach volley da erba, sorta di allegro Porto Ticinese o paolista Atletico Ambroginho, che ti fa godere con gli occhi ma venire il latte alle ginocchia, e l'essere la squadra a 11 di Villa Speranza ACR - associazione calcistica di riabilitazione. Per disintossicarsi, rimotivarsi, dimagrire. Dove ti pagano, e tanto, per venire ricoverato.
L'acquisto del "bis-cotto" Ronaldinho rispetto al giovane togolese Adebayor tradisce il sogno d'eterna giovinezza del Cavaliere. La tecnica tricologica del riporto e l'elogio della follia rubato ad Erasmo. Per questo dico un grazie, al presidente. Non lo doveva fare. Con Ronaldinho emerge tutto il suo spirito paternalistico.
Amante delle belle donne e dei bei giocatori, ma con un debole per i figliol prodighi - il ritorno di tanti allenatori, di Sheva, etc... - e geneticamente predisposto a vendere sogni, più che solide realtà. L'acquisto di Ronaldinho corona questa china che ha preso il Milan berlusconiano. Presidente a cui, da milanisti, non si può non essere grati fino all'intimo del proprio midollo calcistico (né bisogna fare i moralisti anti-milionari che gridano vergogna per i 20 milioni che Berlusconi sborsa per un giocatore).
Ma proprio perché il sistema nervoso rimane buono, non si può non avvertire una certa fitta di dolore all'idea che il Milan 2008-2009, costretto a inseguire uno scudetto che non è più nel dna di molti giocatori e a farsi il mazzo in un'Europa minore ma non meno dura, si riveli squadra di giocolieri travestiti da giocatori. Globetrotter in campi di periferia. Icone del calcio buone per il circo.
Tornando a Nick Hornby, quando è venuto in Italia, aveva predetto al Riformista che Adebayor non avrebbe lasciato l'Arsenal. «Meglio così - aggiunge - avreste solo avuto un altro Luther Blisset». Forse ha ragione, ma la maggior parte dei tifosi milanisti, stando a Radio Bar Sport e ai sondaggi sui siti, tra cui mi iscrivo, preferisce Adebayor. Il giocatore che ha impressionato San Siro, che Ancelotti voleva perché gli serviva - ci serviva - per fare quello che nel calcio resta la musa di ogni epica: il goal.
Servono marcatori, non funamboli che impressionano per quante volte colpiscono la traversa, come il nuovo Ronnie - anche nel nome c'è un déjà-vu - nel celebre video. Autentico o taroccato che sia. Tanto al giorno d'oggi, non fa più differenza. Contano gli sponsor, gli spot, i numeri anche senza risultato.
Dagospia 16 Luglio 2008