FOLLYWOOD! - TU RIFIUTI QUEL FILM ED IO DIVENTO UNA STAR: DA REAGAN PER "CASABLANCA" A TOM SELLECK PER "INDIANA JONES".

Antonio Monda per la Repubblica


Quando arrivò sulla scrivania di Jack Warner il copione di "Everybody comes at Rick" non aveva nulla di particolarmente attraente. La commedia era stata rifiutata da numerosi impresari teatrali, e non c´era nessuno tra i produttori della sua casa di produzione che ne caldeggiasse l´adattamento cinematografico: il sottofondo politico era considerato arrischiato per l´incertezza della guerra in corso e noioso per un pubblico in cerca di evasione, mentre l´ambientazione nordafricana aveva fatto inorridire tutti i lettori per la scelta di privilegiare le psicologie sui paesaggi esotici.

Ma Warner, che aveva costruito il proprio impero grazie ad un fiuto straordinario per i copioni scartati dalla concorrenza e l´abilità di sedurre le star più ritrose, intuì che in quella vicenda ambientata in un locale notturno del Marocco c´era nascosta una storia d´amore e di rinuncia nella quale si potevano identificare gli spettatori di tutto il mondo, e, soprattutto, che il triangolo di protagonisti era ideale per un gruppo di attori che aveva sotto contratto. Acquistò il testo teatrale per ventimila dollari, commissionò una sceneggiatura ai fratelli Julius e Philip Epstein, ed affidò la produzione ad Hal B. Wallis, chiedendo di cambiare il titolo in Casablanca.

Iniziò quindi la scelta del cast, per il quale aveva delle idee chiarissime: Rick non poteva essere che Ronald Reagan, mentre il ruolo della protagonista femminile era perfetto per Ann Sheridan. Nessuno degli executive osò contraddire il capo, ma Wallis, che non era uno yesman, obiettò che c´era soltanto una star ad Hollywood in grado di interpretare Rick: George Raft. Tra la sorpresa generale, il mogul si lasciò sedurre dal suo produttore, il quale ebbe gioco facile ad evidenziare la differente qualità recitativa dei due attori ed il rispettivo risultato ottenuto sino ad allora al botteghino.

Un comunicato stampa avvertì i giornalisti che la coppia Reagan-Sheridan sarebbe stata utilizzata in una prossima produzione, ma pochi giorni dopo Raft rinunciò al ruolo del protagonista, spiegando che Rick aveva un cuore troppo tenero per i ruoli che aveva interpretato fino ad allora e, cosa ancora più grave, «doesn´t get the girl», non conquista la ragazza. Wallis comprese immediatamente che non ci sarebbe stato modo di spiegare a Raft che era Rick il vero vincitore morale della vicenda, e nella speranza di prevenire l´ira funesta di Warner, ritornò frettolosamente da Reagan, il quale rispose sdegnosamente che ormai aveva accettato il ruolo da protagonista di Million Dollar Baby. Rimise quindi ogni decisione al capo dello studio, il quale spiegò senza perdere la calma che è sempre meglio scritturare attori sotto contratto, e scelse con una punta di perfidia la star emergente che aveva sostituito Raft in occasione di un analogo rifiuto per il Mistero del Falco.

Humphrey Bogart comprese immediatamente che il ruolo si sposava perfettamente alla sua immagine disincantata e romantica, ma la produzione venne rinviata quando gli Epstein consegnarono un copione che prevedeva una protagonista femminile non americana, a cui avevano dato il nome di Ilsa. Scartata Ann Sheridan, assolutamente inadatta a recitare con un accento straniero, la scelta cadde su Hedy Lamarr e poi su Michele Morgan, fin quando Warner incontrò ad un party una splendida attrice svedese che era reduce da un successo internazionale intitolato Intermezzo ed aveva appena girato con Gary Cooper la versione cinematografica di Per chi suona la campana.
La mattina successiva, la Warner Bros annunciò il cast definitivo, con Ingrid Bergman a fianco di Humphrey Bogart ed Otto Preminger nel ruolo che venne poi interpretato da Claude Rains. Soltanto allora si cominciò a pensare al regista, per cui venne chiamato quel meraviglioso mestierante ungherese che aveva diretto Angeli dalla faccia sporca dopo aver americanizzato il proprio nome da Mihali Kertesz in Michael Curtiz.

La vicenda di Casablanca rappresenta soltanto una delle infinite storie che hanno caratterizzato sin dai primordi le scelte hollywoodiane, evidenziando clamorosi episodi di miopia, scelte fortuite ed intuizioni folgoranti che consentono di ripercorrere l´intero percorso del cinema americano attraverso il riflesso di una improbabile quanto suggestiva storia virtuale.

Steven Spielberg aveva scelto con assoluto entusiasmo Tom Selleck per il ruolo di Indiana Jones, ma l´attore ritenne che il regista, reduce dal fiasco di 1941, avesse perso il tocco magico, e preferì continuare ad indossare i panni di Magnum P.I. Il rifiuto che avrebbe cambiato radicalmente la sua carriera ebbe un seguito paradossale: quando iniziò la preparazione di Witness, Peter Weir decise di scritturarlo per il ruolo dell´investigatore che si infiltra nella comunità degli Amish. Con il fiuto che lo aveva contraddistinto all´epoca dei Predatori dell´arca perduta, Selleck rifiutò ancora una volta, e Weir decise di rivolgersi all´attore che lo aveva sostituito nel film di Spielberg. Dopo essere diventato una star planetaria con Indiana Jones, Harrison Ford ebbe proprio grazie a Witness la sua nomination all´Oscar.



È lunghissima la lista di attori che hanno passato la propria vita a rimpiangere incredibili rifiuti (un esempio per tutti: James Caan scartò sia Qualcuno volò sul nido del cuculo che Kramer contro Kramer), ed è ancora più lunga la lista di attori che sono stati imposti per esigenze produttive a dispetto della volontà dei registi: David Lean lottò per avere Marlon Brando in Lawrence d´Arabia, e George Cukor fu costretto ad accettare l´imposizione di Audrey Hepburn al posto di Julie Andrews in My Fair Lady, inglese come richiedeva il copione, e reduce da un trionfo a Broadway in un celebre allestimento dello spettacolo.

La storia del cinema ci insegna che molte di queste sostituzioni hanno dato luogo a risultati eccellenti che lasciano tuttavia inalterato il piacere di immaginare cosa sarebbe successo se si fossero concretizzate le idee originarie dei registi e dei produttori: Jonathan Demme aveva in mente Sean Connery e Michelle Pfeiffer quando cominciò a preparare Il silenzio degli Innocenti, e James Ivory ereditò da Mike Nichols il progetto di Quel che resta del giorno con Jeremy Irons e Meryl Streep nei ruoli del maggiordomo e della donna di servizio che passano l´intera vita nascondendo a se stessi i propri sentimenti.

Martin Sheen vesti´ i panni del capitano Willard in «Apocalypse Now» dopo che Harvey Keitel era stato licenziato nella prima settimana di riprese, mentre Michael J.Fox subentro´ ad Eric Stoltz dopo ben tre settimane sul set di «Ritorno al futuro». La vicenda di Keitel (che fu in seguito rimpiazzato da Sidney Pollack durante la lavorazione di «Eyes wide shut») diviene ancora piu´ sintomatica se si pensa che Coppola aveva offerto la parte in precedenza a Steve McQueen e a Jack Nicholson.

Anche in Italia si sono avuti cambiamenti dell´ultimo momento e sostituzioni clamorose (per il ruolo del principe di Salina nel «Gattopardo», Visconti aveva in mente Nikolai Cherkasov e in seconda battuta Laurence Olivier), ma e´ certamente nel cinema americano che le scelte sottolineano la forza ed i limiti di una concezione puramente industriale. Il personaggio di Harry Callaghan era appetibile per tutte le star dei primi anni settanta, ma il ruolo venne immortalato da Clint Eastwood dopo che tre attori di prima grandezza avevano declinato l´offerta con motivazioni diversissime: John Wayne rifiutò quando capì che la storia non poteva essere trasformata in un western, Frank Sinatra quando non riuscì ad imporre una riscrittura del personaggio che lo avrebbe reso più ironico, mentre Paul Newman addusse motivazioni prettamente politiche.

Ben Kingsley deve più alla somiglianza fisica che all´indubbio talento il fatto di essere stato scelto per interpretare Gandhi: all´epoca era un attore sconosciuto al grande pubblico, e fu scelto con molta trepidazione dei produttori dopo i rifiuti consecutivi di Dirk Bogarde, Peter Finch, Anthony Hopkins, Albert Finney, Alec Guinness e Tom Courtenay. Oggi risultano impensabili Thelma & Louise con Meryl Streep e Goldie Hawn, Nato il 4 luglio con Al Pacino, e A qualcuno piace caldo con Danny Kaye, Bob Hope e Mitzi Gaynor, ma tutti questi film devono unicamente all´interesse degli attori in questione il fatto che siano stati messi in produzione dai rispettivi finanziatori: come è avvenuto in molteplici altri casi, l´intera preparazione è stata eseguita con l´idea di poter contare su questi talenti, con tanto di scelte creative operate con in mente una fisicità o un modo di recitare che non si è mai concretizzata sullo schermo.

Sono passate alla leggenda hollywoodiana le battaglie per i personaggi principali di Via col vento (Bette Davis e la Hepburn, rivali per il ruolo di Scarlett, furono costrette a cedere il posto all´inglese Vivian Leigh) e Fronte del Porto (il cast originale prevedeva Frank Sinatra e Grace Kelly), ma tra i moderni titani hollywoodiani è certamente Francis Ford Coppola colui che si è scontrato in maniera frontale con tutti coloro che cercavano di imporre unicamente la logica del mercato: per il ruolo di Michael Corleone riuscì a convincere la Paramount della necessità di scritturare un italo-americano soltanto dopo il rifiuto di Robert Redford, e fu costretto a combattere una seconda battaglia per far cadere l´idea di Warren Beatty dopo il disastroso provino sostenuto da Al Pacino.

Ancora più complicato il discorso relativo al ruolo di don Vito: il capo della produzione Robert Evans gli comunicò che Laurence Olivier aveva già accettato, ma di fronte all´ostinazione di Coppola sul nome di Marlon Brando vennero proposti Anthony Quinn, Ernest Borgnigne, Raf Vallone e perfino Carlo Ponti. Coppola riuscì a spuntarla chiedendo a Brando di sottoporsi all´umiliazione di un provino, e regalò alla settima arte una delle interpretazioni più memorabili della storia del cinema.

(1 - continua)


Dagospia.com 26 Agosto 2003