''L'ARTE PUÒ ESSERE IMMORALE E ANTIFEMMINISTA'' - ELISABETTA SGARBI CONTRO LE REGOLE DEGLI OSCAR: ''BISOGNA DECIDERE UNA VOLTA PER TUTTE SE L'ARTE DEVE ESSERE 'MORALE' E 'GIUSTA' OPPURE NO. NESSUN ARTISTA DEGNO DI TALE NOME POTREBBE, NEL PROCESSO CREATIVO, TENERE CONTO DI REGOLE ESTERNE. POTREBBERO IMPORGLIELE, MA QUESTO SI CHIAMA VIOLENZA. PECCATO PER GLI STATI UNITI CHE…''

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Elisabetta Sgarbi per il ''Corriere della Sera''

 

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Bisogna decidere una volta per tutte se l' arte deve essere «morale» e «giusta» oppure no.

La civiltà europea, a partire dai greci, si è battuta per un' arte che avesse libertà assoluta, anche di essere degenerata, sbagliata, immorale e contro il sistema di giustizia di volta in volta vigente. Abbiamo nella nostra storia accresciuto una sensibilità che oppone l' arte ai decreti del potere, anche se questi sono considerati giusti in quel determinato frangente storico. E la nostra civiltà europea dovrebbe avere acquisito anche un' altra consapevolezza, che i valori morali e le norme di legge hanno una valore storico, non sono legge di Dio.

 

Gli Stati Uniti sono una civiltà relativamente giovane, e non hanno questa consapevolezza. Peccato per loro.

Ma io, da donna, rivendico la possibilità dell' arte di essere immorale e ingiusta, anche maschilista e antifemminista: e lo rivendico perché rivendico la libertà dell' arte e la mia di essere donna come voglio io e non come è «giusto» che sia.

 

Peraltro, nessun artista degno di tale nome potrebbe, nel processo creativo, tenere conto di regole esterne. Potrebbero imporgliele, ma questo si chiama violenza. Bisogna essere vigili, e dobbiamo esserlo soprattutto noi donne. Cedere a questa lusinga del potere, oggi, potrebbe significare legarsi le mani e la mente per il futuro.

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Con il mio film, da me diretto e prodotto, presentato alle Giornate degli autori della Mostra del Cinema di Venezia, Extraliscio - Punk da balera, ho avuto l' onore di ricevere il «Premio Siae». Ho abbracciato la band di soli uomini su cui ho fatto il film, convinti che sia stato giudicato il nostro lavoro non il nostro genere. Ho pensato di avere avuto un premio per la qualità del mio lavoro, non perché sono donna.

 

Altro discorso è quanto promosso dalla Berlinale. Mi sembra anch' esso una concessione al politically correct, ma in fondo diventa un premio alla qualità della interpretazione e poco importa se maschile o femminile. Quindi ci può stare.

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