Maurizio Molinari per "La Stampa"
Al Pacino - Copyright Pizzi Colloquiando di fronte a una finestra su Central Park innevata, Al Pacino e Philip Roth concordano di portare sullo schermo "The Humbling", il romanzo in cui lo scrittore newyorkese racconta la parabola di un attore che in età avanzata scopre di non saper più recitare ma si risolleva nell'eros. Sciarpa grigia, giaccone nero, jeans e barba incolta, Al Pacino arriva al party natalizio al 251 di Central Park West - il salotto del docente di cinema alla New York University Antonio Monda dove spesso Hollywood parla italiano - assieme a Lucille, una ventenne bellezza argentina dai capelli lunghi e neri.
Philip Roth È la prima volta che l'attore incontra di persona Roth, e gli dice subito di riconoscersi molto nel protagonista di "The Humbling". Fra le due star è quasi amore a prima vista, sanno che i reciproci agenti tentano da qualche tempo di suggellare il connubio e colgono l'occasione per concretizzarlo: per la regia il nome è quello di Barry Levinson, autore di "Rain Man", mentre per la sceneggiatura si parla di Buck Henry, che firmò "Il laureato".
lbmnd12 antonio monda Avviene tutto in maniera quasi improvvisata e in una cornice famigliare. Jacquie Monda, padrona di casa, serve piatti di cucina italo-giamaicana. Sul divano Nathan Englander dialoga con Isabella Rossellini, mentre al party continuano ad arrivare ospiti illustri in abiti rigorosamente casual: i registi Jonathan Demme e James Ivory, l'attore Jeff Goldblum, gli scrittori Daniel Mendelsohn e Patrick McGrath.
rossellini isabella Al Pacino e Roth continuano a parlare fitto fitto, con l'attore che guarda in basso e lo scrittore che non smette di scrutarlo incuriosito. Ad accordo fatto, si salutano con un «ci sentiamo presto», ma Al Pacino non fa in tempo a girare le spalle che si rende conto di essersi dimenticato qualcosa di importante: «Non ho il suo numero telefono».
Michael Stuhlbarg Per prendere l'appunto adopera la carta intestata del padrone di casa e poi si dirige con Lucille verso la tavola imbandita di dolci, dove il più gettonato è un tiramisù con le fragole. In un ambiente dove si conversa in libertà e le star di Hollywood non si sentono osservate, pochi si accorgono che squilla il telefono. È Paul Schrader, regista di "American gigolò" andato via solo pochi minuti prima, che chiama per chiedere di parlare in gran fretta con uno dei presenti, ovvero quel Michael Stuhlbarg protagonista dell'ultimo film dei fratelli Cohen, "Serious man". E lo scrittura all'istante.
