QUANTO CI MANCA UGO TOGNAZZI – LA CASA DEL CINEMA CELEBRA OGGI I 100 ANNI DELLA NASCITA DI UNO DEI COLONNELLI DELLA COMMEDIA ALL’ITALIANA CON I “MOSTRI” IN UNA VERSIONE ESTESA CON DUE EPISODI INEDITI – SISTI: “TOGNAZZI FU L'UNICO A NON PRESTARSI (COME FECE PER ESEMPIO IL CELENTANO ATTORE) ALLA DOMINANTE LINGUA DEL CINEMA: IL ROMANESCO. NON PER OPPOSIZIONE, MA PER CONVENIENZA” – FOFI RICORDA "LA GENEROSITA'" DI  TOGNAZZI CHE LO SALVO' DA UNA QUERELA - VIDEO

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Enrico Sisti per “la Repubblica - Roma”

 

 

TOGNAZZI

Un uomo particolare con una vita fatta di giornate particolari, un'altra gemma composita, viso, intonazioni, smorfie, degli anni in cui il cinema italiano era veramente l'isola dei giganti, comici nati comici, comici pescati nel drammatico, comici perché funzionava così, comici per il grande schermo, la televisione, la rivista, comici con una vena drammatica che li rendeva ancora più speciali.

 

Tognazzi era, in quello scenario, una specie di inviato dal nord sempre pronto a vivere in diretta e ad arricchire le battute e le ambientazioni in cui, fatalmente, prevaleva il romanesco dei suoi compagni di viaggio, da Vittorio Gassman, che poi era nato a Genova, a Nino Manfredi e Alberto Sordi. Quel Tognazzi così stilisticamente ancorato alla sua terra, scelse però di riposizionarsi qui da noi, a Velletri e a Torvajanica.

 

TOGNAZZI I NUOVI MOSTRI

Sui colli crebbe la sua vita privata e sentimentale, lì divenne padre a ripetizione, lì aprì la villa alle feste. Sulla riva del mare esplorò la cucina con una vena di velleitarismo e di lucida consapevolezza: una gastronomia amata, la sua, discussa, a volte sbeffeggiata, sicuramente "usata", che ha portato alla deificazione controversa di un personaggio reale totalmente alternativo all'attore.

 

VIANELLO TOGNAZZI

Sino alla creazione, quasi inevitabile, del celebre "Villaggio Tognazzi". Cremonese, tifoso del Milan, incapace di rispettare le regole e, nel contempo, incline a inventarne di nuove, Tognazzi fu l'unico a non prestarsi (come fece per esempio il Celentano attore) alla dominante lingua del cinema: il romanesco. Non per opposizione, ma per convenienza. I suoi personaggi, parlando quel " nordico" generico, tra lumbard e veneto, proponevano qualcosa di esotico che si incastrava a meraviglia nel contesto delle sceneggiature di Cinecittà e nel gramelot televisivo (pensate alla coppia Tognazzi- Vianello).

 

ugo tognazzi monica vitti l’anatra all’arancia

Tre esempi: in Io la conoscevo bene, l'attore fanfarone Biaggini si contrappone con la sua burbera calata settentrionale alla verace sostanza romanaccia del produttore Cianfanna (Manfredi). I personaggi erano Tognazzi, non il contrario. Il Mascetti di Amici miei chi era se non lui stesso, sfrontato, cinico, fatalista e spiritoso? Tognazzi avvicinava tra di loro le piccole produzioni e i film di maggior spessore, favorendo l'impressione che tra Totò nella luna e Romanzo popolare, tra Psycosissimo e L'udienza, tra I tromboni di Fra' Diavolo e La tragedia di un uomo ridicolo, tra Il federale ("buca buca con acqua!") e Il petomane non vi fosse alcuna differenza.

 

VANONI TOGNAZZI

E sempre sul contrasto fra alto e basso, sull'armonia di dialetti diversi, puntava lo spettacolare Nell'anno del Signore di Magni, dove il Cardinal Rivarola/ Tognazzi è all'opposto di tutto, incluso il Papa che egli stesso serve. Epica la scena nella seconda metà del film. Scoperto che il ciabattino Cornacchia (Manfredi) non è analfabeta ma sa leggere e scrivere (è lui Pasquino!), a Roma comincia a circolare la voce e tutti mormorano: "Bono a sapesse!".

 

ugo tognazzi edwige fenech cattivi pensieri

Ma il Cardinal Rivarola, ripreso in quel momento soltanto dal collo in su, scandendo la corretta pronuncia proprio con l'intenzione di sollevarsi dal misero e corrotto mondo della ribellione, non si adegua e dice: "Buono a sapersi!". Ecco: Tognazzi è questa ostinata, poetica diversità. Che tutti difesero. Perché era chiaramente una marcia in più. E non su Roma. Ma con Roma.

 

 

 

 

 

UGO GRAN GENEROSO

Goffredo Fofi per “Avvenire”

 

ugo tognazzi venga a prendere il caffe… da noi

Tognazzi era cremonese, e ci teneva. Alle tre T che tradizionalmente caratterizzavano, nella Padania, quella città - Torre, Torrone e Tette - aggiungeva volentieri la sua, di Tognazzi.

 

Aveva esordito in tempo di guerra nel teatro di varietà, e si fece strada molto lentamente, più lentamente di altri comici, perché era di una verve diversa, meno esplicita ed esteriore, con qualcosa perfino di introverso. I suoi inizi cinematografici furono nel gruppo di comici minori, dialettali o semi- dialettali, cui ricorreva Mario Mattoli, maestro nei "telefoni bianchi" e nei "film che parlano al vostro cuore", capo-comico e regista tra i più acuti nello scoprire a teatro e portare nel cinema minore nuovi talenti (da De Sica a Totò, da Billi e Riva a Franchi e Ingrassia.

 

Fa, una lunga storia dimenticata). Oltre alla rivista, in teatro, fece coppia in cime dapprima con Raimondo Vianello, finché Luciano Salce non riuscì a imporlo con Il federale e La voglia matta, a fianco nel primo con un grande del teatro francese, Georges Wilson. Dopo di allora, tutto gli fu più facile, e diventò uno dei "colonnelli" della commedia all'italiana, pari a Mastroianni e Sordi e a Monica Vitti, e al meno simpatico, tuttavia assai bravo sia come attore che colme regista Nino Manfredi.

ugo tognazzi venga a prendere il caffe… da noi 1

 

L'interpretazione che forse preferisco, delle tante, fu quella per Venga a prendere il caffè da noi, feroce commedia di vita provinciale scritta di Chiara e diretta da Lattuada: conteso tra tre sorelle, abile a costruirsi una sorta di grottesco harem.

 

Ma sono tanti i film che andrebbero ricordati, insieme ad alcune sue prerogative: sentirsi grande chef maestro di gastronomia; e accettare di buon grado di prender parte a strambe beffe politiche, come quando la rivista "Il Male", di estremismo comico di sinistra, lo indicò nel pieno del terrorismo come il «grande vecchio» a capo delle Brigate Rosse.

 

ugo tognazzi casa 2

Ma voglio ricordare Tognazzi, grande attore e ottima persona, per un episodio che mi riguarda. Con Franca Faldini lo intervistammo per la nostra Avventurosa storia del cinema italiano, che lui volle presentare insieme a noi e a Mario Monicelli in una libreria romana, e in quel libro era raccolta la testimonianza di un attore che diceva di un certo produttore-regista che era il produttore più avaro e il regista più antipatico con cui avesse lavorato. Quel tale ci querelò e voleva un mucchio di soldi, una cifra assurda, ma Tognazzi lo seppe e, siccome avrebbe dovuto fare un film con quel tale, gli disse che se non calava la cresta quel film non lo avrebbe fatto. E quel tale ridusse le sue pretese a quasi niente (che gli dette la Faldini, ché io non ero proprio in grado). Caro, generoso, e bravissimo Tognazzi!

FOFI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PANATTA TOGNAZZI

 

TOGNAZZI CAPO BR IL MALE

   

  

    

ugo tognazzi e margarete robsahm

 

 

 

    

raimondo vianello ugo tognazzi i tromboni di fra diavolo

 

    

 

ugo tognazzi ilaria occhini il mantenuto

    

ugo tognazzi family

 

     

    

stefania sandrelli ugo tognazzi dove vai in vacanza?

 

 

 

ugo ricky tognazzi pat o'hara

   

tognazzi 6

    

   

ugo tognazzi la bambolona

 

 

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ugo tognazzi 6
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