L’ULTIMO GIROTONDO DI PAUL GINSBORG – SE NE VA A 76 ANNI LO STORICO INGLESE CHE HA RIVOLUZIONATO LA STORIOGRAFIA ITALIANA CON I SUOI STUDI, TRA CUI IL FONDAMENTALE ''STORIA DELL'ITALIA DAL DOPOGUERRA AD OGGI'' (1989) - CRITICO DELL'AFFARISMO POLITICO DI BERLUSCONI, PARTECIPO’ ALLA STAGIONE DEI “GIROTONDI” – “DETECTIVE” DEI VIZI ITALIANI, SVELÒ IL NOSTRO INNATO FAMILISMO AMORALE “CIOÈ L'USO DELLE RISORSE DELLO STATO PER INTERESSI PRIVATI CHE GUIDA LE RELAZIONI CON I POTENTI” – IL RITRATTO DI MIRELLA SERRI

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Mirella Serri per “la Stampa”

 

PARDI GINSBORG BINDI PARDI GINSBORG BINDI

Signorile, elegante nelle giacche di tweed, spesso sorridente, comunque sempre gentile e raffinato, lo storico Paul Ginsborg, nato a Londra e naturalizzato italiano, si è spento ieri dopo una lunga malattia a 76 anni nella sua amatissima Firenze.

 

Grande lavoratore e metodico ricercatore, ha rivoluzionato la storiografia italiana lasciando un segno profondo con i suoi studi dedicati alla Penisola, tra cui il fondamentale Storia dell'Italia dal dopoguerra ad oggi (edito da Einaudi nel 1989).

 

Con questa opera in due volumi ha innovato il modo di raccontare le vicende storiche italiane: oltre che alle dinamiche politiche, la sua visione ha avuto la peculiarità dell'attenzione alle mentalità, al costume, ai rapporti familiari, alle trasformazioni della società civile.

paul ginsborg cover paul ginsborg cover

 

Ginsborg si sentiva italianissimo, anche se continuava a mantenere un'inconfondibile inflessione anglosassone. Il suo interesse per le traversie storiche dello Stivale lo condusse a scavare nel retroterra storico a partire da uno dei maggiori protagonisti del Risorgimento: lo fece con lo studio dedicato a Daniele Manin e alla rivoluzione veneziana del 1848-49. In questa sua prima avventura «italiana» si cimentò con uno dei temi a lui più congeniale, quello del conflitto tra le ragioni dell'individuo, della libertà, e quelle del potere rappresentato dall'impero austro-ungarico contro cui combattè l'eroe lagunare.

 

Ginsborg aveva studiato all'università di Cambridge.

 

Dopo la laurea era stato chiamato dall'ateneo britannico a tenere corsi presso la facoltà di Scienze Sociali e Politiche. Negli Anni 80 fece il grande cambiamento. Si trasferì in Italia.

 

SILVIO BERLUSCONI SILVIO BERLUSCONI

Proprio per la sua grande disponibilità e per il rigore fu molto seguito dagli studenti delle facoltà nelle quali tenne cattedra: prima a Torino, poi a Siena e, dal 1992, a Firenze come docente di Storia dell'Europa contemporanea a Lettere.

 

In Italia (dove sono nati i suoi tre figli, Ben, Lisa e David), il professore trovò molti dei suoi punti di riferimento intellettuali. Illustri e insostituibili «maestri» furono per lui l'economista Paolo Sylos Labini con le sue analisi dedicate ai ceti medi urbani italiani, Vittorio Foa (che Paul andava a visitare in reverente e amichevole pellegrinaggio nella casa vicino a Formia, dove il leader politico si era trasferito) e Norberto Bobbio (con cui si ritrovava a Torino).

 

Queste furono le sue principali figure di riferimento sia dal punto di vista della riflessione etica, sociologica e filosofica che della sua battaglia politica (che s' intrecciò, fin dall'inizio, con le iniziative dell'associazione Libertà e Giustizia, di cui divenne presidente nel 2019).

 

Le sue opere sono numerosissime, da Storia d'Italia 1943-1996. Famiglia, società, Stato (Einaudi, 1998) a Famiglia Novecento. Vita familiare, rivoluzione e dittature 1900-1950 (Einaudi, 2013).

paul ginsborg paul ginsborg

 

A queste si aggiunge la cura del volume Stato dell'Italia (Il Saggiatore, 1994) e Storia d'Italia. Annali, XXII, Il Risorgimento (con Alberto Mario Banti, Einaudi, 2007). Per Ginsborg ricerca storica e prassi politica andavano a braccetto e s' integravano l'una con l'altra. Al centro della sua produzione lo studioso pose due concetti che gli stavano a cuore. Innanzitutto quello di «ceto medio riflessivo», con il quale indicava quel variegato complesso di intellettuali, esponenti dell'associazionismo e dei sindacati che si mostravano come i più interessati al destino collettivo della società.

 

Tutte persone capaci di «bridging», di costruire «ponti verso gli altri». Si trattava, come spiegava lo stesso Ginsborg, «di quel ceto medio attivo nelle professioni socialmente utili, formato anche da insegnanti, studenti, impiegati donne sempre più istruite». Proprio la convinzione che questo «ceto medio» fosse dotato di un forte potenziale civico portò lo storico a divenire una delle voci più ascoltate delle manifestazioni del 2002 contro le leggi ad personam del premier Silvio Berlusconi.

 

Le dimostrazioni presero avvio il 24 gennaio a Firenze con la «marcia dei professori», di cui Ginsborg fu uno dei principali animatori assieme al professore Francesco Pardi, detto Pancho. Un corteo di circa 15mila persone sfilò per difendere la «democrazia in pericolo» e poi, a Milano, fu creata una catena umana che costituì il primo girotondo italiano.

pancho pardi paul ginsborg pancho pardi paul ginsborg

 

Successivamente Ginsborg aderì alle dimostrazioni organizzate dall'antiberlusconiano popolo Viola, nel 2009 e nel 2010. Un altro concetto che Ginsborg usò di frequente per decodificare la realtà italiana fu quello «familismo amorale» o «immorale», come preferiva definirlo. Bollò così i governi italiani, da Berlusconi a Renzi, a suo avviso dominati, secondo la prassi propria della società italiana, da una smisurata attenzione, spesso esclusiva, «all'istituto familiare».

 

Il malgoverno e i tanti scandali erano dovuti, secondo il docente, non solo alla mancanza di un ethos comunitario ma pure alla priorità spesso data all'obiettivo di «garantire» e arricchire figli e consanguinei. E in questa disamina aveva come guida proprio il pensiero di Bobbio, il quale spiegava che «l'Italia è stata caratterizzata storicamente da un accentuato individualismo, da una società civile debole...

 

paul ginsborg paul ginsborg

Per cui per le famiglie si sprecano impegno ed energie ma ne rimane poco per la società e per lo Stato». E Ginsborg a sua volta osservava che: «Il familismo, assai contiguo al clientelismo, cioè l'uso delle risorse dello Stato per interessi privati, guida le relazioni con i potenti... Cosa che non ha niente a che vedere con cittadinanza, diritti e democrazia». Gli obiettivi per cui per tutta la vita lo storico si è battuto.

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