SUOCERA, MY LOVE! – “È L’ALTRA FACCIA DELLA MILF, SOGNO EROTICO DELL’ULTIMA GENERAZIONE DI MASCHI INCERTI E BISOGNOSI DI CONFERME, CHE LE COETANEE DIFFICILMENTE RIESCONO O HANNO VOGLIA DI DARE”

Uno dei tanti risvolti della crisi del sud Europa, cioè della nostra, è la nuova centrallità della suocera. C’è poco da ridere, perché mentre altrove se la cavano con le barzellette in Italia cinquant’anni di riforme sociali inadeguate ce l’hanno consegnata forte e risoluta come non mai. Bella pure, curatissima e seduttiva…

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Fabiana Giacomotti per “il Foglio

 

Uno dei tanti risvolti della crisi del sud Europa, cioè della nostra, è la nuova centrallità della suocera. C’è poco da ridere, perché mentre altrove se la cavano con le barzellette (in Inghilterra, mancando i carabinieri, pare siano loro, le mother-in-law, il bersaglio preferito), in Italia cinquant’anni di riforme sociali inadeguate ce l’hanno consegnata forte e risoluta come non mai. Bella pure, curatissima e seduttiva.

 

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Non dimenticate che la suocera è l’altra faccia della milf, sogno erotico dell’ultima generazione di maschi incerti e bisognosi di conferme che le coetanee difficilmente riescono o hanno voglia di dare, impegnate come sono in altro e innanzitutto nella corsa a ostacoli contro contratti di apprendistato di tre anni (sentita anche questa, nei giorni scorsi, in un grande albergo della costa ligure e in barba alla Fornero).

 

Le madri di questa generazione provvisoria, bene o male e di solito bene perché sono figlie del Sessantotto e del Settantasei, anni di proteste utili, dopo aver urlato nei cortei che se la sarebbero gestita da sole unendo pollici e indici nel celeberrimo triangolo isoscele, adesso che hanno tempo, modo e mezzi per farlo davvero, imperversano: toniche e tirate a lustro, portano i nipoti in visita nei musei di arte contemporanea, dichiarando civettuole di “essere le nonne” a maggior stupore altrui e gloria loro, offrono regali faraonici o comunque inavvicinabili per i contratti di apprendistato triennali di cui sopra, e dicono la loro su tutto, perfino sulle eventuali performance sessuali della nuora o del genero, che dimostrano di conoscere nel dettaglio.

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Se la dibattutissima “lettera d’estate” di Annamaria Bernardini De Pace al Giornale non era un attacco a freddo all’ex genero Raoul Bova ma, come ha dichiarato l’avvocatessa, il frutto di trent’anni di esperienza nella gestione dei conflitti di coppia, peggio mi sento. Se quella missiva è la summa letteraria di un’esperienza professionale, questo significa che c’è in giro un esercito di madri-per-legge intransigenti come Torquemada e occhiute come agenti della Stasi sotto le palpebre fresche di bisturi.

 

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E si tratta non solo di un fenomeno nuovo, ma di un caso specifico, di un’esclusiva italiana e regioni limitrofe, tutte localizzate appunto nel sud Europa, dove il welfare, quando non ha fallito, è stato orientato verso politiche poco favorevoli allo sviluppo paritetico della famiglia e dell’affermazione femminile sul lavoro.

 

Detto fuori dai denti o stringendoli, a seconda, senza mamme e suocere che lavano, stirano e curano i nostri figli, non ce la potremmo fare, e se poi si fanno dare le chiavi di casa per andare e venire a loro piacimento e piombano a casa nostra nei momenti meno opportuni non agiscono diversamente da come farebbe una qualsiasi collaboratrice filippina. O quasi.

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“Abbiamo requisito le nostre madri impiegandole in attività di carattere familiare che, in presenza di politiche sociali adeguate, si sarebbero godute altrimenti la loro seconda giovinezza”, dice infatti Giovanni Battista Sgritta, ordinario di Sociologia all’Università La Sapienza, che da tempo indaga e pubblica sul tema della vecchiaia e dell’integrazione sociale (uno degli ultimi studi, uscito per Carocci, tira meste somme sul futuro pensionistico dei giovani): “In altre condizioni, e come è in effetti avvenuto in altri paesi, la suocera sarebbe stata emarginata. Noi le abbiamo dato una funzionalità nuova” e, per molti versi, inaudita. Nella storia occidentale non si trovano precedenti minimamente paragonabili alla situazione attuale.

 

Casi sporadici, momenti specifici, ma nulla di apparentabile a un fenomeno complesso, cioè a un oggetto degno di indagine o di interventi specifici, a voler escludere i “corsi per suocere” organizzati per un certo periodo a Reggio Emilia dai Giuristi cattolici, ma forse privo di analisi di quell’elemento di deflagrazione in più che è appunto la competitività della madre-per-legge anche sul piano seduttivo.

chiara giordano con la mamma annamaria bernardini de pace allanteprima di nessuno mi puo giudicare a roma fda0 chiara giordano con la mamma annamaria bernardini de pace allanteprima di nessuno mi puo giudicare a roma fda0

 

Al secondo piano della facoltà di Lettere, fra gli istituti di storia, aprono a loro volta le braccia perché, come conferma lo storico delle religioni Alessandro Saggioro, “il maschilismo greco e la società patriarcale romana minimizzavano questa figura sul piano giuridico, politico e patrimoniale”.

 

Nell’agiografia e nella storiografia cattolica, togli sant’Anna che pare in ogni occasione una perfetta padrona di casa e santa Monica una manipolatrice, perché è probabile che l’anonima concubina lasciata da Agostino dopo dodici anni di convivenza e un figlio per trasferirsi a Milano con mammà e studiare sotto la protezione del vescovo Ambrogio non ne fosse entusiasta, episodi di suoceritudine rimarchevole sono rarissimi. Nella favolistica idem.

 

annamaria bernardini de pace annamaria bernardini de pace

D’altronde, avete mai letto di una brava suocera che bada ai nipotini nelle favole? Zero; fanno tutte le matrigne oppure le nonne che vivono in mezzo al bosco e si fanno servire a letto dalle nipoti. Della suocera, nella morfologia della fiaba manca proprio la nozione, come nella storia dell’arte: scene di vita familiare con lattanti, balie, servette, cucitrici a ore, sartine e perfino amanti minorenni col didietro per aria quante se ne vuole, ammesse addirittura le matrigne incestuose come Fedra.

 

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Ritratto di suocera fa ridere solo a dirlo, anche se è ovvio che qualche nonnina dipinta in tutto il suo reticolo di rughe e nella bocca cavernosa questo fosse: una Madame Bovary mère col fiato e l’umore ugualmente pesanti, ancorché la prima a capire che qualcosa non funzionava in quella nuora che ricamava camicini per i bambini poveri ma non rammendava gli strofinacci di casa e le camicie del povero Charles.

 

Le nuore astute, non a caso, l’hanno sempre blandita, e giustamente Valérie Trierweiler, a caccia di risarcimento pubblico in quel suo triste e tristo reportage dell’amore fallito con monsieur le président, trova modo di specificare come “François” le avesse giurato “che non l’avrebbe lasciata mai”, dopo l’abnegazione mostrata nei confronti della madre Nicole gravemente malata e t’è noto il sacrifizio ch’io consumai d’amore.

 

La carta dell’assistenza gioca di solito a maggior favore nel computo dello scambio e del sostegno reciproco e allargato che il matrimonio comporta, come ha avuto modo di ricordare Papa Francesco di recente, ma forse “François” ha la memoria corta. Dunque, se togliete dal computo generale la struttura della famiglia contadina, allargata, tre generazioni nello stesso casale, in cui la suocera non ha però un ruolo dominante essendo anche questo un modello patriarcale, si capisce che per trovare interrelazioni di dipendenza suocera- nuora-genero simili a quelle attuali nostre, e benché prive dell’elemento seduttivo, si debba andare molto, molto più a est.

annamaria bernardini de pace e laura sala moglie di mario chiesa annamaria bernardini de pace e laura sala moglie di mario chiesa

 

In India, suppergiù, dove la suocera vanta diritto di vita e di morte sulla nuora, oppure in Turchia, dove un’amica, corrispondente della principale rete televisiva, lamenta per esempio di non poter pianificare neanche una serata con gli amici perché se la madre del marito, o anche la sua, dovesse decidere di presentarsi la stessa sera a cena, sarebbe costretta a dare forfait alla compagnia per dedicarsi a lei, si intende sorridendo.

ANNAMARIA BERNARDINI DE PACE CON TRECCIA ANNAMARIA BERNARDINI DE PACE CON TRECCIA

 

In occidente, a conferma delle tesi dei suoi peggiori detrattori e delle storielle più impietose, la suocera assertiva e sexy è dunque un mutante, una sopravvissuta, una sorta di felce preistorica che il tempo ha affinato rendendola più agile, snella, elegante e forte. Talmente elegante che nessuno ha il coraggio di strapparla fino a quando, accidenti, si scopre che ha tolto tutto il nutrimento alle azalee che in apparenza le crescevano sopra.

 

Non madre ma sorella della figlia, come dice la pubblicità della tal crema per il viso e non si capisce bene che cos’abbia la più giovane da sorridere tanto, con quella mamma che le dà un sacco di punti mentre lei è lì, con la pinza nei capelli e la t-shirt slandra. Insomma, l’ultima generazione delle suocere è il più voluttuoso ammortizzatore sociale in circolazione, e non ce ne libereremo mai perché ne abbiamo bisogno.

 

Anne Bancroft Anne Bancroft

A proposito. E’ solo un’ipotesi, perché sul tema della suocera pare che nessuno sia sicuro di niente; direi però che lo snodo fra la figura della suocera amorevole ma molto presente delle commedie latine, la maneggiona settecentesca capitanata da Cecilia Weber, la madre di Constanze Mozart così tipica da sembrare un personaggio fittizio, e la seduttrice splendente dell’ultimo romanzo di Howard Jacobson, (“Prendete mia suocera”, elogio della milf santificata dal legame familiare) non sia “unless you please mrs Robinson”, la conturbante Anne Bancroft del “Laureato” perché la sua supremazia su quella patatona di Katharine Ross è davvero troppo sfacciata, ma la signora Agatina del “Bell’Antonio” di Vitaliano Brancati.

 

Una donna di mezzo, in tutti i sensi: mezza età, mezza bellezza e mezza ricchezza (le suocere ricchissime vivono lontano per definizione e hanno schiere di mariti passati, presenti, futuri e ipotetici di cui occuparsi, dunque nessun interesse, o se non altro pochissimo tempo, per le vite dei propri figli), impicciona senza esagerare, ma soprattutto sicura dei propri mezzi seduttivi a sufficienza da dare l’assalto a quel bocconcino di genero su cui la figlia ha fatto cilecca.

 

Anne Bancroft Anne Bancroft

Da mettersi in competizione con lei, mantella di pelliccia, piume, sete fruscianti fra le cosce e tutto il resto, sicura di poter riuscire dove Barbara, priva della stessa esperienza, cioè vergine per quella inspiegabile impotenza del marito, ha fallito. Quando viene respinta (“la signora Agatina non poté trattenersi dal prendergli una mano e portarsela al seno: ‘Caro’, disse, ‘non devi scoraggiarti, sei ancora tanto giovane’”) è sinceramente sorpresa. L’abbandono di Antonio da parte di Barbara viene decretato in quell’istante, senza remissioni e senza perdono.

 

La Mirrina dell’“Hecyra” di Terenzio non si sarebbe mai permessa neanche di pensare di portarsi a letto il genero, nonostante per età non dovesse essere troppo lontana dalla figlia Filumena: nella società romana rientrava senza dubbio nella categoria della matrona sull’orlo della decrepitezza, lei come la consuocera Sostrata, madre di Panfilo e donna dolcissima, una hecyra sui generis insomma, che nella stessa commedia si dichiarava pronta a ritirarsi in campagna purché la coppia ritrovasse l’armonia.

 

Che il problema, in famiglia, fosse il figlio stupratore non sembrava una questione invalidante, mentre era un dato acquisito l’indesiderabilità della mamma, un po’ come nelle “Illusioni perdute” di Balzac la rogna non è madame Chardon, che di suo continuerebbe a essere alloggiata senza troppe pretese, ma quel disgraziato del figlio Lucien che consuma tutte le magre sostanze di famiglia. Ma tant’è.

 

Anne Bancroft Anne Bancroft

Se in uno schema narrativo o drammatico degli ultimi due millenni trovate una suocera, state pur sicuri che la colpa di ogni malinteso e di ogni nefandezza sarà sua, magari in associazione con il figlio, vedi “Notorious”, quando Claude Rains e Leopoldine Konstantin si alleano per avvelenare con l’arsenico la futura sposa Ingrid Bergman (“ho voluto mostrare gente normale che si comporta in modo ragionevolmente malvagio” disse quarant’anni dopo con quel suo tono bonario Alfred Hitchcock a François Truffaut che lo intervistava).

 

Ma se sul côté maligno non vi sono mai stati dubbi di sorta, anzi la garanzia rassicurante del cliché e i romanzi di François Mauriac (massì, il cattolicesimo ha sempre saputo tutto), la suocera si è invece assicurato il lato seduttivo relativamente da poco tempo. Fino a metà del Novecento, anzi fino al Sessantotto a cui si accennava in precedenza, la madre acquisita che decideva di rivendicare un’identità sessuale a cui società e morale suggerivano di rinunciare incorreva come minimo nei motteggi perfidi di Ovidio e, casomai non avesse saputo leggere e avesse avuto bisogno di un esempio, negli scherzi atroci del marchese del Grillo e dei suoi pari.

 

Dopo donna Agatina Puglisi e dopo mrs Robinson, anche il pubblico più trasversale e bacchettone era pronto per il trio Lopez- Marchesini-Solenghi che nella parodia televisiva dei “Promessi Sposi” metteva in scena un’Agnese formosa come una pinup più che disposta a concedersi a Renzo fra le lacrime di indignazione dell’Autore e lo sconcerto della Provvidenza.

Anne Bancroft Anne Bancroft

 

Sandro Giacobbe, menestrello delle relazioni fosche, delle “signora mia” e degli “occhi di tua madre”, orchestrava nel frattempo una canzone che è un capolavoro autoassolutorio, il viatico perfetto per i maschi bamboccioni che in quell’ultimo scorcio di secolo si preparavano a godersi le future milf e non volevano rimorsi, preferendo scaricarli sulla vittima secondo uno schema riproposto anche adesso, quando imbracciano un fucile o maneggiano coltelli in famiglia: ”Mi sembrò naturale guardarla così come guardo te / Perché sei uscita, perché?”.

 

Eh già, sciocchina che mi costringi a metterti le corna con tua madre, non potevi startene a casa buona ad aspettarmi invece di lasciarmi campo libero? Non a caso, se un tempo i manuali di buona creanza consigliavano alle nuore e ai generi che cosa offrire come regalo alla suocera e come ingraziarsela (no a dolciumi o tanto meno alle creme per il viso), quelli di adesso suggeriscono piuttosto di tenersi lontani dai discorsi sulle qualità amatorie del maschio di questo inatteso triangolo, figlio/fidanzato/ genero che sia. Comunque dovesse andare, sarebbe un insuccesso.

 

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