WE WANT QUANT! MOSTRE E SERATE A TEMA: TORNA LA “SWINGING LONDON” - ANIMA E MOTORE DEI FAVOLOSI ‘60, CON LA SUA MINIGONNA RIVOLUZIONARIA, MARY QUANT VIENE CELEBRATA AL VICTORIA&ALBERT MUSEUM: “IN QUEGLI ANNI CAMBIARE LOOK SIGNIFICAVA CAMBIARE ESISTENZA” - IN TEMPI DI "BREXIT" LONDRA HA COSÌ PAURA DI NON ESSERE PIÙ IL CENTRO DEL MONDO CHE SI AGGRAPPA AGLI ANNI D’ORO IN CUI LO È DIVENTATA…- VIDEO

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Giulia Zonca per “la Stampa”

 

Londra ha così paura di non essere più il centro del mondo che si aggrappa agli anni in cui lo è diventata.

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Celebrano ovunque la «Swinging London»: mostre, dibattiti, serate musicali ed è insieme il bisogno di rimuovere il minaccioso presente e pure il tentativo di affidarsi a un' epoca in cui, anche se l' Europa era un' idea vaga, la controcultura inglese arrivava in ogni dove. Senza essere tassata, fermata al porto, privata dei fondi comunitari, spopolata dalla residenza degli artisti.

Senza tutti gli incubi che venano le chiacchiere della City.

 

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Ci si appende alle gonne, corte, di Mary Quant celebrata al Victoria&Albert Museum in foto e abiti e memorabilia di stagioni in movimento. Chiamarla moda sarebbe riduttivo, è un concentrato di idee frizzanti decisamente made in London però ormai del tutto internazionali. Un legame e una rassicurazione: la prova che quanto di buono verrà pensato quando i confini saranno di nuovo chiusi potrà comunque uscire. Hanno diffuso il colore e l' energia e possono rifarlo ora che la gente guarda ai cantieri di Vauxhall con inquietudine, chiedendosi chi riempirà i grattacieli in costruzione lungo il Tamigi.

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Da quelle parti contano gli amici che partono: banchieri asiatici, creativi di varia natura, stranieri che si erano abituati a sentirsi di casa e adesso preferiscono non rischiare di rimanere incastrati nella burocrazia pronta a cambiare. Per lenire l' ansia di certe conversazioni, gli short di taffetà turchese sfoggiati da Twiggy, davanti alla Union Jack nel 1966, sono un inno alla possibilità.

 

Guardano dietro, al tempo in cui lì erano davvero re, e anche avanti, al futuro in cui bisognerà di nuovo inventarsi una rivoluzione sociale per essere ancora protagonisti.

 

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Come costruire un Habitat Il Fashion and Textile Museum titola la mostra in corso «Swinging London. A lifestyle revolution» e non potrebbero essere più espliciti. Copiare dal passato o ripassare da quell' incrocio è un' opzione concreta anche se la globalizzazione ha cambiato tutto. Non la forza del cambiamento che nel dopoguerra intento a proporre una vita semplice, una casa sicura, ha partorito Habitat e ha messo i salotti in vetrina. All' angolo tra Sloane Square e Fulham Road, nel cuore di Chelsea, l' 11 maggio 1964 hanno inaugurato un negozio che ha stravolto lo stile di vita, lifestyle appunto.

 

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Oggi il termine racconta tutto quanto si mangia, si indossa, il modo di passare il tempo libero, ma non esisteva una sola parola per identificare un atteggiamento, non c' era un solo posto che scatenava la fantasia fino a che Habitat e Baazar non l' hanno modellato. Negozi che erano luoghi di incontro. Ancora Quant, anima e motore e il marito Alexander Plunket Greene in un binomio dove in pieni «Sixties» era lui a stare dietro le quinte. E poi Terence Conran, designer, restauratore di mobili e prospettive. Certo, c' erano i Beatles e i Rolling Stones a far gridare le ragazzine. Gruppi copertina, uomini da palco che avevano dietro centinaia di punti di riferimento, di spinte al progresso e alla felicità, di donne decise a non stare a casa, di voglia di liberà. Prima che di trasgredire, sarebbe successo dopo, di scoprire e mescolare.

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Non era la Londra multietnica che oggi si sente snaturata dalla Brexit mai votata, però conteneva ogni particella della città che sarebbe diventata, del nucleo in continua espansione conosciuto oggi.

 

«Nessuno è mai riuscito a definire cosa fosse davvero il "Chelsea set" in quel periodo, ma non è sbucato dal nulla, è cresciuto nell' aria che si opponeva al sistema, a chi comandava. Cambiare look significava cambiare esistenza», nella sua autobiografia (stracitata ultimamente), Mary Quant spiega quel che può e senza saperlo evoca un punto di ritorno. Siamo ancora lì, al bisogno di rompere in qualche modo vivace e rumoroso. Di essere brillanti e allora si impara da chi lo è già stato in letture che ricordano il fascino «swinging» e serate a tema, l' ultima «Bring me in your mini skirt», portami nella tua minigonna. E non c' è nulla di ambiguo: è un porto sicuro.

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