L'ITALIA NON E' IL FAR WEST - CI VOLEVA IL GIUDICE DI FIRENZE PER STABILIRE UN PRINCIPIO DI MINIMA DECENZA: NON SI PUÒ CHIUDERE UNA FABBRICA SENZA DISCUTERNE CON I LAVORATORI, NÉ SI PUÒ LICENZIARE CON UNA MAIL, COME ACCADUTO AI 422 OPERAI DELLA "GKN" DI CAMPI BISENZIO - MA IL GRUPPO "MELROSE INDUSTRIES", CHE CONTROLLA LO STABILIMENTO, HA RISPOSTO CHE I PIANI NON CAMBIANO E SI ANDRA' ALLA CHIUSURA - LA FIOM: "IL GOVERNO FACCIA LA SUA PARTE: INTERVENGANO CONTRO LE DELOCALIZZAZIONI"

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Gabriele De Stefani per "la Stampa"

 

gkn di firenze gkn di firenze

Non si può chiudere una fabbrica senza discuterne con i lavoratori, né si può licenziare con una mail. Da ieri non è più solo la posizione dei sindacati, ma un punto fermo sancito da un tribunale: i giudici fiorentini hanno accolto il ricorso della Fiom Cgil, che chiedeva il blocco dei 422 licenziamenti della Gkn di Campi Bisenzio. Per i lavoratori è un punto pesante, anche simbolicamente, all'interno di una partita che però è ancora tutta da giocare: la fabbrica di semiassi per automobili per ora resta ferma e poche ore dopo la sentenza l'azienda controllata dall'inglese Melrose Industries ha fatto sapere che i programmi non cambiano e si andrà ugualmente alla chiusura.

 

Nei piani della proprietà, insomma, non cambia il traguardo, ma solo il percorso: una vertenza tradizionale anziché una pratica liquidata con una comunicazione per posta elettronica.

 

la gkn a firenze la gkn a firenze

LA POSIZIONE DEI GIUDICI

La Fiom aveva denunciato l'azienda dopo l'arrivo delle lettere di licenziamento lo scorso 9 luglio. Il tribunale ha riconosciuto il comportamento antisindacale per aver «impedito al sindacato stesso di interloquire, come sarebbe stato suo diritto, nella delicata fase di formazione della decisione di procedere alla cessazione totale dell'attività di impresa». Gkn era tenuta a informare il sindacato che il quadro economico «stava conducendo i vertici aziendali ad interrogarsi sul futuro dell'azienda stessa».

 

Chistopher Miller GKN Chistopher Miller GKN

L'8 giugno, appena un mese prima del licenziamento collettivo, l'azienda aveva comunicato ai sindacati l'intenzione di tagliare solo 29 posti, senza fare riferimento all'ipotesi di dire addio allo stabilimento fiorentino, finita all'ordine del giorno del consiglio di amministrazione convocato pochi giorni dopo. Per questo il giudice ha condannato Gkn a «revocare la lettera di apertura della procedura», e a «porre in essere le procedure di consultazione e confronto» previste sia dal contratto nazionale, sia da un accordo aziendale del luglio 2020.

 

Secondo il giuslavorista Francesco Seghezzi, presidente di Adapt, la sentenza dimostra che «il sistema ha funzionato e ha protetto i lavoratori, punendo l'azienda che aveva violato il contratto collettivo di riferimento. Nuove regole? Si apre una fase di grandi cambiamenti, anche imprevedibili: serve più spazio per le parti sociali».

 

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LE PROSSIME TAPPE

L'azienda ha annunciato ricorso contro la sentenza, ma intanto ha convocato Rsu e sindacati per avviare già oggi le consultazioni imposte dal giudice: segno che le intenzioni sono di arrivare alla chiusura in fretta. Governo e sindacati proveranno a tenere viva la fabbrica: «Abbiamo vinto perché avevamo ragione - dice Francesca Re David, segretaria generale della Fiom -. Ora il presidente del Consiglio e il ministero dello Sviluppo economico facciano la loro parte: intervengano contro le delocalizzazioni e trovino una soluzione che garantisca la ripresa produttiva e l'occupazione nello stabilimento per i lavoratori di Campi Bisenzio e di tutto l'indotto».

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La politica è compatta nell'accogliere favorevolmente la sentenza e il leghista Giancarlo Giorgetti sottolinea che «l'Italia non è il Far West, le regole ci sono». Un modo per prendere le distanze dalla linea del collega Andrea Orlando e della vice Alessandra Todde, che rilanciano il decreto antidelocalizzazioni a cui avevano lavorato nelle settimane scorse, con un impianto che non era piaciuto al ministro dello Sviluppo economico, che lo aveva considerato troppo severo con le aziende.

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