E' LEI LA DONNA DEL MISTERO?  SVOLTA NELLE INDAGINI DELLA STRAGE DI VIA PALESTRO A MILANO: I CARABINIERI HANNO FATTO IRRUZIONE A CASA DI ROSA BELOTTI, 57ENNE BERGAMASCA, ACCUSATA DI AVERE PARCHEGGIATO LA FIAT UNO ESPLOSA PER COLPIRE IL PADIGLIONE D'ARTE CONTEMPORANEA – LA SOVRAPPOSIZIONE DI UN’IMMAGINE RITROVATA NELL’ARSENALE DI ALCAMO E L’IDENTIKIT DEI TESTIMONI HANNO PORTATO ALLA “MISTERIOSA BIONDINA” VISTA SUL LUOGO DELL’ATTENTATO – MA LEI SI DIFENDE: “NON UCCIDEREI NEMMENO UNA CIMICE…”

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Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

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Quindici pistole, 6 fucili, 2 bombe a mano, 9 caricatori, oltre 10.000 cartucce tra nuove e ricaricate, 15.000 proiettili. E una fotografia. Parte da un arsenale segreto custodito da due carabinieri in Sicilia, scoperto nel 1993, dove tra le pagine di un libro era nascosta pure l'istantanea di una giovane donna, il mistero della presunta attentatrice di via Palestro a cui, dopo 29 anni, la Procura di Firenze ha dato un nome e un cognome. L'auto-bomba che nella notte tra il 27 e il 28 luglio a Milano uccise cinque persone fa parte della catena di stragi mafiose consumate sul continente un anno dopo quelle di Capaci e via D'Amelio, per ricattare lo Stato e allentare la morsa della repressione seguita alle uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

 

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Una carneficina voluta da Totò Riina e dal suo esercito corleonese (così hanno stabilito le sentenze), sulla quale ha sempre pesato il sospetto di complicità esterne e perfino istituzionali. Che ora trova un ulteriore indizio nella donna indagata per l'eccidio di via Palestro: Rosa Belotti, 57 anni, bergamasca, pregiudicata per fatti di droga e moglie di un campano considerato vicino a un clan camorristico, detenuto dopo una condanna per estorsione. Belotti è accusata di avere parcheggiato la Fiat Uno esplosa per colpire il Padiglione d'arte contemporanea.

 

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Quando polizia e carabinieri, nel settembre '93, scoprirono ad Alcamo, in provincia di Trapani, quel deposito di armi in uso a due militari dell'Arma in seguito a una «soffiata», cercavano e trovarono pure la foto di una donna di cui aveva parlato l'informatore. Che assomigliava all'identikit dell'attentatrice di Milano ricostruito sulla base di un testimone oculare, che vide «una bella ragazza bionda, sui trent' anni, che dava l'idea di un fisico ben fatto e belle gambe» scendere dall'auto-bomba esplosa poco dopo.

 

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Anche il poliziotto che aveva ricevuto la confidenza sul villino-arsenale di Alcamo aveva notato una certa similitudine tra la foto e l'identikit , ma si trattava di volti senza nome. Solo di recente il lavoro degli investigatori coordinati dai procuratori aggiunti di Firenze Luca Tescaroli e Luca Turco è riuscito a risalire a un'ipotetica identità. Come? Attraverso l'applicativo chiamato C-Robot, normalmente usato per comparare le foto segnaletiche con quelle di persone scomparse.

 

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La sovrapposizione dell'immagine trovata nel '93 con quella di Belotti al momento dell'arresto per favoreggiamento (relativo a un traffico di droga) nel luglio 1992 ha consentito ai carabinieri del Ris di riscontare «molto forti elementi a supporto della riconducibilità a un medesimo soggetto femminile». Al testimone che vide parcheggiare la Fiat Uno in via Palestro è stato mostrato un album di fotografie e quando è arrivato a quella di Rosa Belotti nel '92, ha indicato «tratti di similitudine» con la donna notata allora. Indizi che, per quanto labili, hanno portato alla perquisizione dell'altro ieri nella casa dell'indagata di Albano Sant' Alessandro, in provincia di Bergamo.

 

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Quando ha visto i carabinieri pensava fossero lì per il marito, poi s' è resa conto che invece il decreto riguardava lei, indicata come presunta «esecutrice materiale» della strage, e non voleva crederci: «È inconcepibile, io non ho niente a che fare con quelle storie, non ammezzerei nemmeno una cimice». I militari del Ros hanno portato via tutto quello che potrebbe essere interessante per l'indagine, comprese tutte le vecchie fotografie. Belotti è stata convocata in Procura a Firenze per la prossima settimana, e pare abbia tutta l'intenzione di presentarsi assieme al suo avvocato per difendersi e portare prove a discarico. A cominciare dal fatto che al tempo della strage lei era uscita di galera da pochi mesi ed era appena diventata madre.

 

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Tra il materiale sequestrato, i carabinieri avrebbero trovato una vecchia foto in cui Rosa veste un pullover che sembra uguale a quello indossato dalla donna della fotografia trovata ad Alcamo, e questo sarebbe un ulteriore indizio per un'indagine che, cercando di risalire alla presenza femminile in via Palestro segnalata anche in un documento del Sisde del 1993, dovrebbe collegare gli attentati ad ambienti extra-mafiosi. I precedenti del marito di Belotti porterebbero alla camorra, ma anche ad alcune cosche catanesi.

 

MILANO - L'ATTENTATO DI VIA PALESTRO 1993 MILANO - L'ATTENTATO DI VIA PALESTRO 1993

Tuttavia il contesto più interessante per gli inquirenti è quello che ruota intorno al deposito siciliano, dove c'erano anche armi con la matricola abrasa. Il processo a carico dei due carabinieri che avevano accesso al villino s' è chiuso con condanne lievi, senza aver accertato i reali motivi per cui i due avevano accumulato «un vero e proprio arsenale, che esula dalla semplice soddisfazione della passione del collezionista». Un enigma mai risolto che ha portato gli inquirenti a supporre che possa trattarsi di un deposito dismesso di Gladio, la struttura parallela dei Servizi segreti svelata e disciolta nel 1990.

 

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E il collegamento con le stragi del '93, attraverso la foto della donna misteriosa, darebbe nuovo vigore alle ricorrenti ipotesi di connessioni tra la mafia stragista e i cosiddetti «servizi deviati». Ma anche con la nuova indagine e le relative perquisizioni, resta tutto da provare.

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