ALBERTO STASI PUÒ USCIRE DAL CARCERE – L’ASSASSINO DI CHIARA POGGI HA SCONTATO CINQUE ANNI E MEZZO DEI 16 A CUI È STATO CONDANNATO E GLI AVVOCATI VOGLIONO FARE RICHIESTA PER PERMETTERGLI DI LAVORARE NELLE ORE DIURNE – CHISSÀ COME HA PRESO LA NOTIZIA LA FAMIGLIA DI CHIARA, NEL GIORNO DEL QUATTORDICESIMO ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE – LE RICHIESTE DI REVISIONE DEL PROCESSO E LE DUE ASSOLUZIONI

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Cristina Bassi per “il Giornale”

 

CHIARA POGGI ALBERTO STASI

Un lavoro fuori dal carcere nelle ore diurne. È il desiderio di Alberto Stasi, per la giustizia l'assassino della fidanzata Chiara Poggi, che ha scontato cinque anni e mezzo di detenzione dei 16 che gli sono stati inflitti in via definitiva.

 

Il delitto della giovane di Garlasco risale a quattordici anni fa, il 13 agosto 2007. Stasi, che oggi ha 38 anni, è detenuto nel carcere di Bollate, poco fuori Milano, dal 12 dicembre 2015. È arrivato il momento per lui di ricominciare a vivere una porzione di vita normale lontano dalla cella.

 

alberto stasi

«I tempi sono maturi per la richiesta di lavoro all'esterno - spiega all'Agi il difensore, l'avvocato Laura Panciroli - è nei termini di legge per essere ammesso, ovviamente dopo la necessaria valutazione del Tribunale della sorveglianza. Ci stiamo attivando su questo». La procedura quindi è avviata.

 

Certo, ammette il legale, non sarà semplice trovare le condizioni adatte: «Non è facile trovare una soluzione con le caratteristiche giuste. Ci vuole un datore di lavoro motivato vista l'attenzione mediatica su questa vicenda. Una soluzione che sia rispettosa per lui e anche per chi lavorerebbe con lui».

CHIARA POGGI GARLASCO

 

Stasi sta scontando una pena arrivata alla fine di un lungo complesso iter giudiziario, che ha visto anche due sentenze di assoluzione. In carcere tiene un atteggiamento che l'avvocato definisce «equilibrato e razionale». Vale a dire: «Un modo di affrontare le cose che lo aiuta, basato su oggi faccio questo, domani quest' altro, senza pensare agli anni che mancano per la libertà».

 

L'avvocato Panciroli aveva firmato l'ultima richiesta di revisione del processo, poi bocciata dalla Cassazione nel marzo scorso. Il 38enne si era laureato in Economia a pieni voti un anno dopo il delitto. L'estate del delitto era intento a scrivere la tesi. Negli anni della detenzione ha acquisito inoltre una grande competenza giuridica.

 

ALBERTO STASI

Fin dall'inizio dell'indagine passava ore con i propri legali a studiare le carte e le strategie di difesa. «Ora - continua Panciroli, che ha assunto la difesa di Stasi di recente, subentrando al professor Angelo Giarda - utilizza queste sue conoscenze prodigandosi per essere utile a chi in carcere ha meno strumenti di lui, dando consigli o aiutandoli a scrivere le istanze».

GENITORI DI CHIARA POGGI

 

Al momento, dopo il no della Suprema corte alla riapertura del caso, la legale spiega che non sono previsti altri passaggi, come potrebbe essere ad esempio il ricorso alla Corte europea. Per la famiglia di Chiara Poggi il 13 agosto è stato l'ennesimo anniversario doloroso.

 

Quello della morte violenta di una figlia di 26 anni, da poco laureata in Economia, una «ragazza senza nuvole», come la chiamò uno dei primi testimoni ascoltati nell'inchiesta. I Poggi non hanno dubbi che l'assassino di Chiara sia Alberto, il ragazzo cui era legata da quattro anni.

 

ALBERTO STASI

«Lo dico come mamma di Chiara. So che il colpevole è già stato trovato dal Tribunale», aveva detto Rita Preda alla Provincia Pavese nel commentare la richiesta di revisione della sentenza avanzata da Alberto Stasi. «C'è una sentenza definitiva della Cassazione e per me vale quella. Dopo tutto quello che c'è stato, dopo indagini così accurate non credo ci sia più niente da scoprire».

 

Poi confessava: «Non sono cose piacevoli, anche se sono passati quasi 13 anni dalla morte di mia figlia. Ci vorrebbe un po' di tranquillità e questa non arriva mai». Al lavoro esterno al carcere, beneficio previsto dall'Ordinamento penitenziario, possono accedere (con alcune eccezioni) i detenuti che abbiano scontato almeno un terzo della pena.

LA LETTERA DI ALBERTO STASI A LE IENE