BULLETTO ALLO SPIEDO – BRUXELLES VUOLE SEGUIRE L’ESEMPIO DELL’AUSTRALIA E FARE LA GUERRA AI COLOSSI DEL WEB: GOOGLE HA SCELTO L'OPZIONE NEGOZIALE ANCHE IN AUSTRALIA, LASCIANDO A FACEBOOK LA VIA DELLA RAPPRESAGLIA. IL RISULTATO? IL SOCIAL DI MARK ZUCKERBERG HA OSCURATO TUTTI I MEDIA, NAZIONALI E INTERNAZIONALI, IN AUSTRALIA, E QUELLI AUSTRALIANI NEL RESTO DEL MONDO. E A RIMETTERCI SONO I LETTORI…

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Gabriele Rosana per "Il Messaggero"

 

GOOGLE FACEBOOK SI DIVIDONO IL MONDO GOOGLE FACEBOOK SI DIVIDONO IL MONDO

L'Australia suona la carica, il resto del mondo - Europa in testa - risponde. La battaglia contro i giganti del web iniziata dall'altro capo del pianeta entra nel vivo e i leader globali, dal canadese Justin Trudeau all'indiano Narendra Modi, scendono in campo a fianco di Scott Morrison, il premier australiano che ha visto Facebook spegnere le news dalle home page dei suoi cittadini in risposta a un tentativo di regolamentazione delle piattaforme online. Anche il Parlamento europeo, dov' è in discussione un articolato pacchetto di riforma dei servizi digitali presentato a dicembre, è dalla parte di Canberra: un esperimento da guardare con interesse, perché potrebbe indicare la strada maestra.

 

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All'origine della contesa fra Australia e Facebook c'è la proposta di legge attualmente in discussione in Parlamento che impone a Big Tech di negoziare e pagare un equo compenso per la pubblicazione dei link ai siti d'informazione. In caso di mancato accordo, la decisione è rimessa a un arbitrato obbligatorio fra le piattaforme e gli editori. Da qui la ritorsione del social di Mark Zuckerberg, che ha oscurato tutti i media, nazionali e internazionali, in Australia, e quelli australiani nel resto del mondo. Il modello normativo di Canberra, però, fa scuola e - assicura Morrison - aspira a diventare globale: «Tutti ci guardano. Ne ho parlato con il presidente francese Emmanuel Macron e so che anche il premier britannico Boris Johnson è interessato alla nostra iniziativa».

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Dal Canada arrivano i rinforzi: «Siamo in prima linea. E presto avremo molti altri grandi Paesi che adotteranno regole simili; a un certo punto l'approccio di Facebook diventerà del tutto insostenibile», secondo il ministro di Cultura e media Steven Guilbeault. Occhi puntati sull'Australia anche a Bruxelles. «Ciò che sta accadendo dimostra quanto le nostre società dipendano dalla Rete. Mi piace il coraggio degli australiani, può insegnare qualcosa a noi europei», ha twittato Alexandra Geese, eurodeputata tedesca dei Verdi e tra i nomi più influenti sul dossier digitale.

 

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Di «precedente importante» ha parlato anche il socialista maltese Alex Agius Saliba, che nell'Aula Ue è stato primo relatore della proposta di un Digital Services Act. «L'Australia sta testando le acque per tentare di risolvere il grande sbilanciamento contrattuale fra giganti del web ed editori». Più cauta, per ora, la reazione della Commissione europea. In collegamento con la Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ieri, la presidente Ursula von der Leyen si è detta convinta che «non possiamo lasciare decisioni che hanno un impatto enorme sulle nostre democrazie alla Silicon Valley. La decisione di Facebook in Australia è solo l'ultima prova di ciò. Ciò che è illegale offline deve esserlo anche online».

 

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LA REAZIONE Da parte sua, fanno sapere dall'esecutivo, però, «l'Ue ha già un forte strumento in dotazione ed è la direttiva sul copyright» approvata nel 2019 e per il cui recepimento nelle legislazioni nazionali c'è tempo fino ai primi di giugno (l'Italia, nonostante il via libera del Senato a novembre, non l'ha ancora fatto). «Nell'Ue, la situazione è differente. I primi risultati della riforma del copyright si vedono già, come dimostra il recente accordo raggiunto tra Google e i rappresentanti della stampa francese» secondo cui il colosso pagherà per le notizie online. Google ha scelto l'opzione negoziale anche in Australia, lasciando a Facebook la via della rappresaglia e concordando con i maggiori editori un accordo finanziario.

 

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La risposta della Commissione non convince tutti in Parlamento. «L'idea alla base della riforma del copyright era quella di dare più potere ad autori ed editori», spiega Andrus Ansip, ex commissario europeo responsabile del file e oggi eurodeputato liberale. «Ma se serve, dobbiamo usare il nuovo pacchetto digitale per fare chiarezza». A sollecitare una coraggiosa iniziativa dell'Ue in questo senso anche i rappresentanti europei degli editori, secondo cui la prossima normativa europea dovrà prevedere l'arbitrato obbligatorio come in Australia.

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