CHE FACCIAMO CON LOMBARDIA E PIEMONTE: LE RIAPRIAMO O NO? VENERDÌ I DATI PER DETERMINARE LA LINEA SUGLI SPOSTAMENTI TRA REGIONI DAL 3 GIUGNO – DAL SUD (SARDEGNA E SICILIA IN TESTA) LA MINACCIA DI VIETARE L’ACCESSO, IL GOVERNO CERCA DI MEDIARE. POSSIBILI I LIMITI PER LOMBARDIA E PIEMONTE CHE RISCHIANO DI STARE CHIUSI UNA O DUE SETTIMANE IN PIÙ…

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Fiorenza Sarzanini e Monica Guerzoni per corriere.it

 

 

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«Velocità diverse concordate con i governatori»: è questa ora la linea di Palazzo Chigi in vista del 3 giugno. Di fronte alla posizione drastica dei presidenti delle Regioni del Centro-Sud — Sardegna e Sicilia in testa — che minacciano di vietare l’accesso e agli allentamenti invocati da quelli del Nord, si cerca una difficile mediazione.

 

«Il numero dei nuovi contagiati continua a scendere, se i dati del monitoraggio di venerdì saranno buoni come ci aspettiamo troveremo una soluzione che vada bene a tutti», spiegano dal ministero della Salute. E dunque se dovessero esserci alcuni punti ancora «critici» è possibile che si decida di ritardare l’apertura dei confini di alcune regioni — Lombardia e Piemonte, forse anche l’Emilia-Romagna — per una settimana, due al massimo, in modo da poter poi concedere spostamenti liberi nel corso dell’estate.

 

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Il monitoraggio

Venerdì mattina arriverà l’esito del monitoraggio del ministero della Salute che assegna a ogni regione il livello di rischio rispetto all’epidemia da coronavirus calcolando il numero dei tamponi effettuati, quello dei malati, dei guariti, dei deceduti, ma soprattutto la tenuta delle strutture sanitarie. Si tratta di una serie di indicatori elaborati con due algoritmi. Sulla base dell’esito il governo dovrà decidere se attuare il decreto in vigore che consente spostamenti liberi in tutta Italia dal 3 giugno, oppure porre alcune limitazioni. E dovrà farlo in accordo con i governatori, ai quali proprio il provvedimento demanda il pieno potere di decisione.

 

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La sfida sarda

Ieri il governatore della Sardegna Christian Solinas ha ribadito la propria linea: «La Regione ha ben chiaro cosa bisogna fare per tutelare la salute dei sardi e dei turisti, senza incertezze né titubanze. La curva dei contagi è a zero da giorni e i soli casi registrati provenivano da fuori regione.

 

Per questo siamo pronti, come ho già detto, ad abbracciare i turisti, ma chiediamo una cautela in più. Il certificato di negatività non è una patente di immunità e su questo non accetto strumentalizzazioni. Abbiamo fatto la nostra parte, per riaprirci al turismo in sicurezza, proponendo il certificato di negatività. Se il governo o qualche scienziato ha un’alternativa la indichi. Perché finora l’alternativa proposta è stata nulla».

 

Il Sud

Posizione condivisa dal governatore della Sicilia Nello Musumeci. In vista dell’estate al Sud — anche Puglia e Campania hanno espresso dubbi sulla piena libertà per i turisti — si teme l’arrivo di persone provenienti dalle aree che hanno avuto il maggior numero di malati. L’obiettivo è contrastare chi parte da Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna senza essere controllato e dunque senza poter escludere che sia positivo ma asintomatico. Ecco perché si pensa a ordinanze di chiusura dei confini e proprio per scongiurare questa possibilità il governo sta pensando di limitare l’apertura di quelle regioni dove ancora ci sono nuovi contagi.

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Macchia di leopardo

Tra le contestazioni che vengono mosse dai governatori del Sud ce n’è una che riguarda proprio i 21 punti del monitoraggio. Perché il report incrocia tutti gli indicatori, ma al fine di valutare l’opportunità di far spostare le persone l’unico dato ritenuto importante è quello dei nuovi contagi e dunque della circolazione del virus ancora attiva. Da qui l’ipotesi di procedere con apertura a macchia di leopardo, ritardando la piena libertà di spostamento. Se ne discute all’interno del governo ed è la soluzione di cui si parlerà nel corso della conferenza Stato-Regioni che si riunisce ogni settimana. E la prossima sarà certamente quella decisiva.

 

 

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