CORNA E “PRO LOCO” – WOODY ALLEN TORNA CON “RIFKIN’S FESTIVAL”, L’ULTIMO FILM GIRATO IN SPAGNA E INCENTRATO SUL CLASSICO GIOCO DI RECIPROCHE INFEDELTÀ – AL PROTAGONISTA IL REGISTA AFFIDA IL RUOLO DI PROPRIO ALTER EGO, CUI ATTRIBUIRE LE CONSUETE RIFLESSIONI SULL'INSENSATEZZA DELLA VITA MENTRE SI MUOVE TRA CONTINUI RIFERIMENTI AL GRANDE CINEMA EUROPEO: “PER ME FELLINI, BERGMAN, BUÑUEL, WELLES, GODARD SONO STATI FONTE DI ISPIRAZIONE E…” - VIDEO

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Marco Consoli per “la Stampa”

 

woody allen rifkin s festival woody allen rifkin s festival

«Se vuoi che ti venga a trovare il più tardi possibile ricordati di fare un po' di esercizio fisico e di mangiare molta verdura. Ah, e mi raccomando: i grassi saturi fanno male». Così Christoph Waltz, nei panni della Morte in un divertente cameo che fa la parodia di Il settimo sigillo, appare sulla spiaggia a Mort Rifkin, professore di cinema e aspirante romanziere protagonista di Rifkin' s Festival, l' ultima commedia di Woody Allen che ha aperto il festival di San Sebastian e arriverà prossimamente in Italia distribuito da Vision.

 

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«I miei produttori mi hanno chiesto di girare in Spagna e siccome a Barcellona ero già stato mi è venuto in mente del piacevole tempo trascorso in questo festival tanti anni fa - ammette candidamente l' 85enne regista newyorkese - e così ho scritto una storia che ruota attorno al viaggio che Mort compie al seguito della moglie addetta stampa. Ci ho messo dentro i tanti aneddoti che ho vissuto in prima persona nel mondo del cinema, non solo in Europa ma anche a New York e Hollywood».

 

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Arrivato nella perla dei Paesi Baschi, fotografata con luce da tramonto perenne da Vittorio Storaro, Mort (Wallace Shawn) si accorge che la bella sposa (Gina Gershon, in passato troppo sottovalutata) si lascia ammaliare dalle lusinghe del tronfio regista francese Philippe (Louis Garrel, che ironizza un po' sul padre), convinto che i suoi film possano portare la pace nel mondo.

 

Colpito da fitte di gelosia al petto, Mort visita l' affascinante dottoressa spagnola Jo (Elena Anaya), che prima lo rassicura e poi gli rivela di essere nel mezzo di una crisi matrimoniale col pittore sciupafemmine Paco (Sergi Lopez, in un divertentissimo cameo), e se ne invaghisce, illudendosi di poterla conquistare col proprio fascino da intellettuale nonostante l' enorme differenza di età.

 

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Allen ricrea il classico gioco delle coppie a base di reciproche infedeltà, affidando a Shawn il ruolo di proprio alter ego, cui attribuire le consuete riflessioni sull' insensatezza della vita, il sarcasmo (sentendo che Philippe ha ricevuto un premio a Colonia mormora: «Non è la città dove è nato Eichmann?»), senza mancare di fare ironia sulla propria autobiografia (l' attrazione per la cognata) e rimpiangendo un mondo del cinema e i festival di una volta che non ci sono più.

 

«Oggi i festival sono molto influenzati dal cinema commerciale - dice - mentre sarebbe bello se tornassero a essere come in passato, capaci di far conoscere a un vasto pubblico quegli autori innovativi, audaci, inventivi che hanno reso immortale il cinema».

 

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Il riferimento è naturalmente al grande cinema europeo che Shawn cita più volte di fronte ad ospiti talvolta ammirati ma molto spesso annoiati (con una divertente gag su Kurosawa e il cinema giapponese, che prende in giro anche un certo snobismo culturale dei più incalliti festivalieri), e che Allen fa rivivere al suo protagonista in forma di onirico turbamento in cui scene celebri della storia del cinema si mescolano alla vita di Mort: ecco allora una reinvenzione di Quarto Potere in salsa ebraica con il famoso slittino Rosabella, memorie felliniane con tanto di suorine a passeggio, una cena borghese che cita L' angelo sterminatore di Buñuel in cui gli ospiti non riescono ad abbandonare la sala da pranzo, dialoghi sotto le lenzuola come in Fino all' ultimo respiro di Godard e la divertente reinvenzione di Persona, in cui le due protagoniste iniziano buffamente a parlare in svedese sottotitolato a Mort, prendendolo in giro proprio per il suo amore per i film coi sottotitoli.

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«Per me Fellini, Bergman, Buñuel, Welles, Godard sono stati fonte di ispirazione - dice Allen - e hanno fortemente influenzato tutto il cinema americano, per questo rimangono dei classici senza tempo allo stesso livello della grande letteratura. Li amo e volevo omaggiarli, ma con questo non intendo dire che non ci siano maestri del cinema anche oggi o che non ce ne saranno in futuro.

 

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Di sicuro, adesso come allora, gli autori faticano a finanziare i propri film (quello di Allen, oltre che da Spagna e Usa, è prodotto dall' italiana Wildside, ndr.) e hanno difficoltà ad emergere, perché il cinema commerciale ha sempre dominato la scena, anche se l' odierna prepotenza dei blockbuster è qualcosa che non si era mai vista prima. Non dobbiamo dimenticare però che molti film commerciali incassano tanto in pochi giorni e poi spariscono dagli schermi e dalla memoria degli spettatori, mentre i film d' autore sono destinati ad essere ricordati per decenni».

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