ECCO PERCHE' BERGAMO E DINTORNI SONO STATI FALCIDIATI DAL COVID - "MOLTI IMPRENDITORI BERGAMASCHI TORNAVANO DA WUHAN E NON ANDAVANO IN QUARANTENA” - PARLA UN AUTISTA NCC: “QUANDO, CON IL LOCKDOWN, GLI AEROPORTI HANNO CHIUSO, SONO ANDATO A RECUPERARE I CLIENTI IN SVIZZERA, A ZURIGO, O A LUGANO PER I JET PRIVATI, E A NIZZA. POI IN MACCHINA FINO A BERGAMO” - NEGLI ULTIMI DIECI GIORNI DI FEBBRAIO NELLA PROVINCIA DI BERGAMO I CONTAGI S'IMPENNANO, A PARTIRE PROPRIO DA ALZANO E NEMBRO - L’INCHIESTA  


wuhan il punto da cui e partito il contagio del nuovo coronavirus

Paolo Berizzi per “la Repubblica”

 

Scandisce le parole con il tono di chi ha visto le cose e ne è rimasto impressionato. «Tra febbraio e marzo ho fatto 3mila e 700 chilometri. Ho preso imprenditori della Val Seriana di ritorno dalla Cina e li ho accompagnati dall'aeroporto a casa. Arrivavano a Orio al Serio, Linate, Malpensa. Quando, con il lockdown, gli aeroporti hanno chiuso, sono andato a recuperare i clienti in Svizzera - a Zurigo, o a Lugano per i jet privati - e a Nizza. Perché tanti clienti di rientro hanno dovuto volare su questi scali. Poi macchina fino a Bergamo».

 

BERGAMO - FOLLA ALLA CORSAROLA

Si ferma un attimo. Aggiunge: «Mi chiedevo - visto che presto si è capito che il coronavirus girava nella Bergamasca ben prima del 21 febbraio e che le aziende della Val Seriana hanno rapporti stretti con la Cina - perché queste persone, che tornavano da Pechino, Shanghai, Wuhan, Shenzhen, non venissero messe in quarantena. La stessa domanda se la sono fatta anche i miei colleghi».

 

M.C. è un autista privato: un Ncc. Fa questo mestiere da 30 anni. Ha un van da sette posti («Adesso, con il distanziamento, sono diventati quattro») e una berlina. Ma usa quasi sempre il primo. «La mia media è di 12 mila chilometri l'anno. L'80% del lavoro è sugli aeroporti. Tra i miei clienti fissi: imprenditori, uomini d'affari, dirigenti, personaggi pubblici. Anche famiglie e persone sole che vogliono essere accompagnate nelle seconde case».

 

Arrivo al cimitero di Cinisello delle salme portate da Bergamo

Il driver ha osservato e assistito alla strage orobica del Covid 19 (6mila morti, di cui 670 in città, ndr) da una prospettiva particolare: il suo posto di guida. «Non abbiamo mai smesso di lavorare». Già. Perché dalla chiusura decisa dal governo e entrata in vigore il 10 marzo era esentato anche il trasporto pubblico non di linea, taxi e Ncc. M.C. accetta di raccontare a Repubblica il suo lavoro di febbraio e di marzo: i due mesi durante i quali la falce del virus, nella Wuhan italiana con epicentro la Val Seriana, ha colpito più duro.

 

«Le aziende hanno continuato a lavorare fino al blocco delle attività non essenziali. Alcune hanno iniziato a rallentare già prima. Però per tutto febbraio ho trasportato clienti business. Tanti di ritorno dall'Oriente. Via Francoforte, Berlino, Monaco, Londra. Imprenditori della Val Seriana e che in valle abitano anche».

 

bergamo morti

Gli ultimi dieci giorni di febbraio sono quelli che decidono i giochi sulla roulette del Covid 19: nella provincia di Bergamo i contagi s' impennano, a partire proprio da Alzano e Nembro, i due paesi che tra il 5 e l'8 marzo il governo era pronto a cinturare ma poi non se n'è più fatto nulla. «Ho iniziato a prendere precauzioni: sanificazione dell'auto, niente strette di mano, distanza per quanto possibile». Lo stupore dell'autista - per come lo descrive ora - non era solo riferito ai mancati "filtri" su imprenditori e uomini d'affari di rientro dalle aree da dove il coronavirus è partito.

 

PUNTATA DI REPORT SU BERGAMO

«Ho visto tantissimi studenti, Erasmus e non, che atterravano a Orio al Serio, accolti dalle famiglie al completo. Mamme, papà, fratelli, nonni. Baci e abbracci e zero controlli». Siamo ancora a febbraio. «Ho fatto 3mila chilometri in un mese ». Il 12 marzo il governo chiude 23 aeroporti italiani. Come cambia, a quel punto, il lavoro degli Ncc che caricano clienti per 90 centesimi a chilometro? «Nizza, Zurigo, Lugano. Molti si sono fatti venire a prendere lì. Anche al confine. Un'auto dall'aeroporto. Un'altra, la mia, dal confine. Hanno rivisto i piani di viaggio in base a divieti e chiusure».

 

Quanto hanno contribuito questi "ritorni" non mappati - un combinato aereo-auto Ncc - a diffondere il virus a febbraio nelle valli bergamasche? E che succede quando i contagi impazzano? Sono alcune delle domande a cui l'inchiesta aperta dalla procura di Bergamo dovrà trovare delle risposte. Mancata zona rossa, caos Rsa, la vicenda dell'ospedale di Alzano Lombardo.

 

coronavirus bergamo

«A marzo - racconta M.C., che è stato convocato dagli inquirenti, sono già decine i lavoratori che hanno consegnato lo loro testimonianza per aiutare a far luce - ho iniziato ad accompagnare anche clienti Covid a Milano per fare esami». Anche qualche imprenditore di febbraio? «Può darsi». Il van scuro oggi ha una parete di plexiglass che separa l'autista dai clienti. «Sono stato tra i primi a mettere il sanificatore ad ozono. Il lavoro, con la crisi post covid, si è ridotto moltissimo. Oggi è il 5%. Ma se penso a chi non c'è più, ai loro familiari, e a cosa hanno passato i medici e gli infermieri, mi ritengo fortunato».