IL GRATTACIELO DI MUSSOLINI CHE NESSUNO VIDE MAI – NEL 1924 SUL TAVOLO DEL DUCE ARRIVÒ UN PROGETTO PER COSTRUIRE LA MOLE LITTORIA NEL CENTRO DI ROMA, TRA IL CORSO E VIA DI RIPETTA: DOVEVA INNALZARSI PER 88 PIANI, RICOPERTI DI BIANCO MARMO DI CARRARA. LE CUPOLE DELLA CAPITALE NE SAREBBERO STATE SOGGIACIUTE E LO “SKYLINE” ASSOLUTAMENTE SCONVOLTO – UNA "FOLLIA" CHE NON VIDE MAI LA LUCE DOPO CHE…

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Fabio Isman per "Il Messaggero"

 

MOLE LITTORIA

Si chiamava Giacomo Palanti ed era un architetto milanese, d'origini cremonesi. Nasce nel capoluogo lombardo nel 1885, e vi muore nel 1978. Dal 1909, è in Argentina, e fa fortuna a Buenos Aires e a Montevideo: costruisce molto, con criteri alquanto eclettici; spesso, una torre in cima agli edifici.

 

Nel 1924, torna in Italia. E propone a Mussolini l'immobile più elevato al mondo, da costruire, s'intende, a Roma. La Mole Littoria doveva innalzarsi per 88 piani: 330 metri, una superficie di 70 mila metri quadrati, ricoperta di bianchissimo marmo di Carrara. Le cupole della Capitale ne sarebbero state soggiaciute; e lo «skyline», assolutamente sconvolto. Il bello, però, è che dapprima, il duce è assolutamente entusiasta dell'idea; la vede, ed esclama: «Veramente impressionante e formidabile», concedendo alla pubblicazione la propria prefazione, nonché un tronfio e manoscritto «alalà».

 

IL NOME, I NEMICI Anche il nome dell'edificio è un'invenzione mussoliniana: quello originale, invero non troppo modesto, era «Eternale». In pieno centro: tra il Corso e via di Ripetta; nell'immenso emiciclo alla base, previste «4.500 stanze, 100 grandi saloni»: il Parlamento, il governo, sale conferenza, palestre, una stazione telefonica e telegrafica, e pure un osservatorio astronomico.

MOLE LITTORIA

 

Palanti pubblica il progetto nel 1926: 136 pagine, con 44 tavole; all'inizio, sotto una propria foto, Mussolini scrive che Palanti «conosce gli ardimenti latini e romani della costruzione»: voleva spostare sull'altro lato dell'Oceano «la celebrità degli edifici americani». Però, Marcello Piacentini, allora un nume tutelare (pur se, per il Palazzo di Giustizia di Milano, reclamava il dieci per cento del costo dei marmi) decreta: «Mai un grattacielo a Roma».

 

Così, l'architetto riduce le misure: da 330 metri, a trecento, a 130; infine, appena 80. Ma tutto è inutile: non se ne farà (per fortuna) nulla: il progetto, già spostato a viale Aventino, sarà alla fine surrogato dalla Farnesina, ora il ministero degli Esteri. Esiste pure un «rendering», e mostra la follia, per non dir peggio, dell'idea.

 

MOLE LITTORIA

I SUOI SIMILI A Buenos Aires, sull'Avenida de Mayo, Palanti aveva già innalzato Palacio Barolo, il più alto in Argentina; poi, ad esempio, a Mosca si sarebbero costruite le «sette sorelle» di Stalin: altrettanti falansteri, dai ministeri degli Esteri e degli Interni, all'Università, di 36 piani e alta 240 metri (il più alto edificio d'Europa fino al 1990); o l'Hotel Ucraina, di 34 piani e 206 metri.

 

E presto, tutt' Italia sarebbe stata cosparsa di Torri Littorie: quella di Torino, del 1933, è ora la Reale Mutua, 109 metri su piazza Castello: fino al 1940, il più alto immobile italiano; e quella milanese, coeva e ideata da Gio Ponti, 108 metri, è invece diventata la Torre Branca, nel parco Sempione: per edificarla in ferro, bastarono 66 giorni.

MOLE LITTORIA

 

IL FASCIO A ROMA La sede nazionale del partito fascista non era certo un grattacielo: dal 1943, Palazzo Wedekind, a piazza Colonna, che già aveva ospitato le Poste del papa; dopo l'Unità, diverrà il ministero dell'Educazione; e più tardi, sede della «Difesa della razza»: massima rivista antisemita del regime. Quella del fascio era stata a Palazzo Vidoni e andrà alla Farnesina. Quella romana, invece, era nell'ultimo palazzo papale della Città eterna, voluto dai Braschi (Pio VI): in grosse difficoltà economiche, nel 1871 lo cedono allo Stato.

 

Fortunatamente, è ora il Museo di Roma. Un'immagine iconica del regime lo mostra agghindato per le elezioni del 1934: l'immenso faccione del duce è circondato da infiniti «sì». Ma non era soltanto Palanti a nutrire idee faraoniche: Armando Brasini (1879 - 1965), nemico del razionalismo, suo ad esempio ponte Flaminio, pensava all'Urbe massima: città di archi e monumenti di «inaudite dimensioni», anche una «piramide dantesca» di 160 metri; e a una «Via Imperiale» dalla Flaminia all'Appia: in centro, il Foro Mussolini, spazzando via tutto da piazza Colonna al Pantheon. Ma per fortuna, questi edifici «monstre» (o mostri?) non hanno mai visto la luce.

mosca
MOLE LITTORIA