IO TI HO DATO LA VITA E IO TE LA TOLGO – È PEGGIO DI UNA TRAGEDIA GRECA LA STORIA DELLA 47ENNE DI COMO, MALATA DI TUMORE: PER SOPRAVVIVERE HA BISOGNO DELL’AIUTO DELLA MADRE BIOLOGICA CHE, PERÒ, SI È RIFIUTATA DI REGALARLE UNA CHANCE DI SOPRAVVIVENZA – LA 70ENNE AVREBBE DOVUTO SOTTOPORSI A UN ESAME DEL SANGUE: UN PICCOLO GESTO CHE SAREBBE BASTATO PER FAR INIZIARE, A QUELLA CHE FIGLIA CHE NON HA MIA VOLUTO, UNA…

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Viola Ardone per "la Stampa"

 

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Daniela vive come stando "in parete", sospesa a un filo, allo stesso modo di quando da ragazza faceva la scalatrice e risaliva in arrampicata versanti scoscesi. Quel filo che la sostiene oggi però non è una corda ma un cordone, il "cordone ombelicale" che la lega alla sua madre biologica, l' unica a poterla portare in salvo. Questione di vita e di morte, come sempre accade tra genitori e figli.

 

Adottata a due anni in orfanotrofio, dove era stata accolta dopo che la madre aveva rinunciato ad allevarla, Daniela cresce con la famiglia adottiva senza aver mai notizia di colei che l' aveva messa al mondo. Poi, da adulta, si ammala di una forma tumorale resistente alle cure tradizionali. I medici le spiegano che una via di salvezza esiste e che risiede proprio in quel "cordone ombelicale" immaginario, che va risalito a ritroso alla ricerca della madre biologica, il cui esame del sangue permetterebbe di avviare una terapia sperimentale che necessita della mappa genetica di uno dei genitori biologici.

 

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Daniela si inoltra nell' indagine come l' eroina di una tragedia greca, destinata a scontrarsi con quel grande enigma che è l' animo umano, fatto di incongruenze, di paure e di zone d' ombra spesso difficili anche solo da immaginare. E, proprio come in una tragedia greca, la ricerca della madre, tormentosa e irta di ostacoli, miracolosamente riesce: dalle carte dell' archivio dell' Ospedale Sant' Anna di Como spunta la cartella clinica della donna, viene fuori il suo nome. Daniela si sente vicina alla vetta, e il traguardo è duplice perché con quel nome ritrova insieme chi le ha dato la vita e chi gliela può restituire.

Ma questa non è una commedia hollywoodiana, è una tragedia greca, quella in cui siamo messi di fronte a un fato imponderabile e insensato.

 

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Alla richiesta di sottoporsi, in forma anonima e senza alcun coinvolgimento della sua attuale famiglia, a un prelievo di sangue, quella donna faticosamente rintracciata dice no. Così Daniela rimane appesa a un filo, letteralmente. Il suo destino è nelle mani di chi la vita gliel' ha data e che ora rischia di negargliela. In un crudele gioco di corsi e di ricorsi, quella donna rinuncia a essere madre una seconda volta e alla possibilità di rigenerare quella figlia, di riportarla letteralmente in vita.

 

 Daniela non riesce a comprendere il motivo del rifiuto, nessuno può. Non c' è risposta a questo enigma, se non quella che i grandi drammaturghi della Grecia antica avevano compreso meglio di chiunque altro: gli uomini sono dominati da paure oscure e irrazionali, abitati talvolta da demoni inconfessabili foraggiati da senso di colpa e da vergogna. Perché la rimozione di traumi non risolti genera mostri, perché ritrovarsi dopo tanti anni di fronte a una figlia che ti chiede, per la seconda volta, una vita che ti è costato dolore abbandonare può essere a suo modo devastante.

 

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Questo può avvenire nell' antro oscuro dell' uomo che si chiama cuore. Però dentro quell' antro abita anche un altro demone, quello che più di ogni altra cosa ci rende umani, il demone dell' amore. Per questo voglio sperare, insieme a Daniela, che quella madre disperata riesca a infrangere il suo voto di indifferenza e risalendo dal verso opposto quel cordone ombelicale si consacri a un gesto d' amore che la porti fuori dal regno del tragico e la restituisca ai vivi. Come Daniela, che si aggrappa al suo filo di speranza e resta in parete, senza mollare mai.

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