“ALL'INIZIO HO TEMUTO VOLESSE AMMAZZARCI ENTRAMBE. POI CREDO ABBIA REALIZZATO CHE ERO SUO FIGLIA” – PARLA IMMACOLATA, LA RAGAZZA AGGREDITA A SALERNO DAL PADRE CHE NON ACCETTAVA LA SUA OMOSESSUALITÀ: “MAMMA NON HA PROVATO A FERMARLO, ANZI, QUANDO ERAVAMO IN STRADA HA BLOCCATO FRANCESCA PER AIUTARLO, IO LE DICEVO CHE SI STAVA ACCANENDO SU UNA DONNA, MA LEI MI HA ALLONTANATA” – “CI HA CHIESTO DI USCIRE PER PRENDERE UN CAFFÈ E CI SIAMO ACCORTE CHE AVEVA UN COLTELLO CON SÉ. ABBIAMO INIZIATO AD AVERE PAURA. POI, QUANDO LA MIA FIDANZATA MI HA ABBRACCIATO…”

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Antonio E. Piedimonte per “La Stampa”

 

IMMACOLATA E FRANCESCA

La figlia abbraccia la fidanzata e lui cerca di accoltellare entrambe con l'aiuto della moglie. Una serata da incubo quella vissuta da due ragazze gay lo scorso 6 agosto ma resa pubblica solo ieri, un'aggressione che ha rischiato di trasformarsi in tragedia. Immacolata e Francesca, 23 e 39 anni, dopo la violenza subita si sono rifugiate a Crotone, la città natia della più grande. Ancora provate, dicono di non voler parlare con i cronisti, ma attraverso il tramite del consigliere regionale di Europa Verde Francesco Borrelli - che ha divulgato la notizia - rispondono a qualche domanda della Stampa.

 

Cominciamo dall'inizio, come è nata la vostra storia d'amore? «Con Francesca ci siamo conosciute su TikTok, grazie ad un'amica, circa un anno fa, e poi...». Dunque una relazione non recente, in qualche modo già metabolizzata, come spiega la reazione di suo padre? «Non so dirle. Di recente eravamo state a Napoli da loro per alcuni giorni e non era successo niente. Non avevo notato nessuna anomalia, nessun atteggiamento violento».

 

LE ESCORIAZIONI SUBITE DAL PADRE DI IMMACOLATA

Poi, invece, la situazione è degenerata quando vi siete ritrovati vicino a Salerno, a Castel San Giorgio. «Eravamo nella casa di una parente perché di lì a qualche giorno avrei cominciato lavorare in un negozio della città. Quella sera abbiamo notato che lui appariva alterato dall'alcol. Ci ha chiesto di scendere. A un certo punto ha preso a dire che era pronto a «prendersi 30 anni di carcere (la pena massima dopo l'ergastolo per il reato di omicidio, ndr). Ma conoscendolo, non abbiamo dato peso alle sue parole». E invece le cose hanno preso un'altra piega.

 

«A un certo punto - continua la ragazza - ci ha chiesto di uscire per prendere un caffè e ci siamo accorte che aveva un coltello con sé. Abbiamo iniziato ad avere paura. Poi, quando la mia fidanzata mi ha abbracciato, lui ci ha preso da parte ripetendo ancora "voglio fare 30 anni di carcere". Infine ci ha chiesto: "voi volete morire insieme? Allora è arrivato il momento". E ha estratto il coltello».

 

E sua madre cosa ha detto o fatto? «Mamma non ha provato a fermare mio padre, anzi. Quando eravamo in strada ha bloccato Francesca per aiutarlo, io le dicevo che si stava accanendo su una donna, ma lei mi ha allontanata».

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Suo padre voleva davvero uccidervi? «All'inizio ho temuto volesse ammazzarci entrambe. Poi credo abbia realizzato che ero suo figlia e si è fermato un attimo, in quel momento, quando ho capito che non mi avrebbe ucciso, mi sono buttata davanti per evitare che accoltellasse Francesca».

 

A quel punto le due ragazze, nonostante le botte, sono riuscite a scappare ma l'uomo ha continuato a minacciarle e a dar loro la caccia, fino all'arrivo dei carabinieri, il cui intervento non ha però calmato la furia dell'uomo. Infine immobilizzato, è stato perquisito (nessuna traccia del coltello che avrebbe brandito poco prima) e quindi condotto in caserma, mentre ancora indirizzava insulti alla figlia e alla compagna.

 

le ferite riportat dalle due donne

Sotto choc le due ragazze, nonostante le dolorose ferite (compresi due denti rotti) hanno preferito allontanarsi il più possibile e sono andate nella città di Francesca, Crotone, dove i medici dell'ospedale hanno refertato a entrambe diversi traumi, escoriazioni e lievi tagli. A una settimana dai fatti la tensione non si è ancora placata, alla domanda sul futuro Immacolata risponde senza incertezze ma con una nota incrinata nella voce: «Ora siamo qua. Per adesso restiamo in Calabria. Tornare a Napoli? Eh, sì certo, se trovassimo un lavoro...».

 

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Che lavoro? «Io so fare di tutto. Ho lavorato come cameriera, come scaffalista, ho fatto tante cose e la mia ragazza pure». Intanto, il papà violento è ai domiciliari e la Procura di Nocera dovrà fare piena luce su tutto. Il resto è nella solidarietà di tanti e nella immediata disponibilità espressa dall'Arcigay Salerno: «Siamo pronti a dichiararci parte civile in un eventuale processo», ha detto ieri il presidente, Francesco Napoli, offrendo alle due giovani supporto legale e psicologico. Un modo per ricominciare a non aver paura. -