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"Ci sputano nel piatto, ci chiamano infami. Una volta mi hanno messo un chiodo dentro il dentifricio. Ci stanno i bravi e ci stanno quelli non bravi, le merde". Sono queste le parole, riportate da la Repubblica, che Marco Bianchi ha detto al fratello durante un colloquio in carcere, intercettato dai carabinieri. I tre ragazzi accusati della morte di Willy Monteiro Duarte che dal giorno dell'omicidio si trovano in carcere, non starebbero passando un bel periodo. Mario Pincarelli, e i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, sarebbero infatti presi di mira dagli altri detenuti. Insulti, minacce di morte, screzi, e anche botte.
A passarsela peggio sarebbe Mario Pincarelli. Al padre, durante un colloquio, ha detto: "Che cazzo mi frega a me che mi picchiano". Il ragazzo ha raccontato che alcuni gli avrebbero urlato di impiccarsi e che lui avrebbe effettivamente pensato di farlo. A essere toccato nei colloqui, è anche il tema degli insulti social che sono arrivati sulle pagine di tutti e quattro gli imputati nel processo. Migliaia di commenti alle loro foto, insulti e minacce di morte. Mentre sarebbero sei milioni i messaggi arrivati solo a Gabriele Bianchi sul suo profilo privato, "figlio di puttana, tutte le peggio cose".
Il processo per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte continua ad andare avanti. Nelle scorse udienze sono stati ascoltati i numerosi testimoni che hanno assistito al massacro e che hanno indicato nel gruppo di Artena gli autori del pestaggio che ha portato alla morte del 21enne di Paliano. "Dopo il primo calcio ho provato a soccorrere Willy per portarlo via, ma appena ho provato ad afferrarlo mi è arrivato un calcio alla gola. Ho alzato anche le mani. Lui mentre era a terra veniva picchiato e ogni volta che provava a rialzarsi continuavano a picchiarlo con calci e pugni. Tutti e quattro picchiavano".
Queste le parole di un amico di Willy che la notte tra il 5 e il 6 settembre era insieme a lui in piazza Oberdan. Il ragazzo si riferisce a tutti e quattro gli imputati nel processo: Marco e Gabriele Bianchi, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, l'unico del gruppo a trovarsi ai domiciliari. Tutti e quattro devono rispondere dell'accusa di omicidio volontario: rischiano l'ergastolo.
Lo spaccio base del tenore di vita dei Bianchi
Non erano personaggi sconosciuti alle forze dell'ordine i quattro di Artena. Soprattutto i fratelli Marco e Gabriele Bianchi erano noti per diverse aggressioni compiute negli anni e soprattutto per essere a capo di un giro di spaccio non solo ad Artena, ma anche nei comuni limitrofi.
I due sono stati condannati in primo grado a cinque anni e quattro mesi per spaccio e lesioni nell'ambito di un'indagine condotta dai carabinieri di Colleferro dal 2019. Secondo quanto emerso nella fase investigativa, la loro fonte di sostentamento principale era lo spaccio di droga. I due si sarebbero mantenuti vendendo hashish, cocaina ed eroina e non avrebbero avuto altre entrate, tanto che entrambi non avrebbero mai presentato la dichiarazione dei redditi.
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