NAPOLI, IL SET D'ITALIA - NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI SONO STATI GIRATI SOTTO IL VESUVIO CIRCA MILLE TITOLI, TRA FILM, SERIE TV E SPOT - MAURIZIO DE GIOVANNI: "NAPOLI HA UN'AREA METROPOLITANA DI 3,5 MILIONI DI PERSONE. HA UN CENTRO STORICO ANGUSTO, IL PIÙ ESTESO D'EUROPA MA PIENO E FITTO, PERCHÉ PER I NAPOLETANI ALLONTANARSI DAL MARE È UNA SCONFITTA, QUINDI LE PERIFERIE SONO FRUTTO DI UNA DEPORTAZIONE E CIÒ SPIEGA IL DEGRADO DI GENTE CHE NON SI È MAI RICONOSCIUTA CITTADINA DI QUEL LUOGO..."

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Sabina Minardi per "L'Espresso"

 

MAURIZIO DE GIOVANNI

Rinascimento napoletano è un'espressione che non piace a nessuno: «Napoli rimane una città complicatissima», puntualizzava l'attore Toni Servillo, a margine del Festival del cinema di Venezia, di cui è stato volto simbolo: «Nasce e muore in un ciclo di esperimento sociale continuo, che ne fa forse la vera metropoli italiana» (la Repubblica). Però così tanti napoletani - registi, interpreti, compositori - non si erano mai visti tutti insieme sul red carpet della città lagunare. Col risultato di proiettare sul grande schermo la città dalle mille identità, la Napoli "è mille culure", e i suoi protagonisti, in una dozzina di film.

 

paolo sorrentino vince il leone d'argento 7

Tre quelli con Servillo: "Qui rido io" di un altro napoletano doc, Mario Martone, sulla vita del commediografo Eduardo Scarpetta; "È stata la mano di Dio", di Paolo Sorrentino, il ritorno alla Napoli anni Ottanta in cui il regista ha il suo appuntamento col destino, col volto di Diego Armando Maradona. E "Ariaferma" di Leonardo Di Costanzo, racconto carcerario sospeso tra responsabilità e compassione, con Silvio Orlando, che a sua volta a Venezia ha fatto il bis con "Il bambino nascosto" di Roberto Andò: storia di un professore di pianoforte alle prese con un ragazzino figlio di un camorrista, nel quartiere Forcella.

 

mario martone

Un bambino con tutta la vita davanti, e poche chances per conquistarla: come il protagonista del romanzo "La vita davanti a sé" di Roman Gairy, che l'attore sta per portare in tournée da ottobre, e che ha appena anticipato alla Cerimonia di assegnazione del Premio letterario Neri Pozza. E non ci sono solo i film in concorso a farsi portavoce di napoletanità, attrici come Serena Rossi, Luisa Ranieri, Teresa Saponangelo, Marina Confalone, o il premio Kinea al regista Antonio Capuano, per "Il buco in testa".

 

diego armando maradona santo 3

Napoli riaffiora anche dove non te l'aspetti: nell'esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal, per esempio, stregata dalle verità pericolose de "La figlia oscura" di Elena Ferrante. «Per farsi un'idea delle dimensioni: negli ultimi cinque anni sono stati girati a Napoli circa mille titoli, tra film, serie tv e spot: un numero monstre che ne fa il primo set d'Italia», ragiona lo scrittore Peppe Fiore, che distingue tra un prima e un dopo "Gomorra" sull'ultimo numero di The Passenger (Iperborea, in uscita il 22 settembre), non a caso dedicato al capoluogo campano.

 

qui rido io

E l'elenco potrebbe continuare: con "Naviganti" di Donpasta, alle Giornate veneziane degli autori, "Coriandoli" di Maddalena Stornaiuolo, "Il turno" di Chiara Marotta e Loris Giuseppe Nese, "La Santa Piccola" di Silvia Brunelli, "Californie" di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, "Lovely boy" di Francesco Lettieri, "Il silenzio grande" di Alessandro Gassmann, con Massimiliano Gallo, girato a Posillipo e tratto dalla pièce di Maurizio de Giovanni. Che con i suoi libri tradotti in 43 Paesi, 2 milioni e mezzo di copie vendute in Italia, tre serie tv dalle sue opere , "I bastardi di Pizzofalcone", "Mina Settembre" e "Il Commissario Ricciardi", è il più indicato per riflettere sul boom partenopeo. Napoli, con le sue tante identità, soggetto d'opera: in tv, nei romanzi, al cinema.

 

È incantesimo napoletano?

I BASTARDI DI PIZZOFALCONE 2

«C'è un'evidente concentrazione di produzioni, e non posso che esserne felice: sono espressioni di questa città-mondo, che offre punti di vista forti, diversi, e tutti legittimi. Ma non credo che sia un fenomeno magico attuale. Da Totò ai De Filippo, da Giacomo Furia a Nino Taranto fino a De Crescenzo, straordinari talenti hanno contrassegnato la cinematografia. Siamo in perfetta continuità. Sono cambiate le modalità di esprimersi: grazie a stampa, festival, social».

diego armando maradona allo stadio san paolo

 

Quanto conta che al centro ci sia Napoli?

«È decisivo: è la peculiarità napoletana a portare questi risultati. In un tempo nel quale la globalità finisce per esaltare il local, le peculiarità emergono con chiarezza. Questa città non assomiglia a nessun'altra città al mondo: è un luogo assolutamente unico».

 

Sempre più spesso lei interviene sulla sua città, in termini di responsabilità.

«Una decina di anni fa mi capitò di essere intervistato dal Tg3 a Napoli, in prossimità di un palazzo in cui immaginavo che vivesse Ricciardi, il mio personaggio più famoso. Mentre la troupe mi stava microfonando, si avvicinò un gruppo di ragazzi e mi disse: "Dottò, potete dire per favore che qua non c'è lavoro?".

 

eduardo peppino e titina de filippo

Questa cosa mi colpì al punto che quando cominciai l'intervista dissi: "Primariamente vorrei dire che in questo quartiere non c'è lavoro". Ovviamente il giornalista mi guardò come se fossi pazzo, ma io avevo sentito un dovere di rappresentanza: dovevo essere il megafono di quei ragazzi. Tutti quelli che hanno un microfono in mano, a qualunque titolo, cantanti calciatori politici, hanno il dovere di esprimere le cose con chiarezza: per esempio che prima della pandemia a Napoli c'era il 34 per cento di dispersione scolastica, oggi i dati sono drammaticamente peggiorati. Ci rendiamo conto di cosa significhi questo, di un ragazzo della scuola dell'obbligo che non frequenta la scuola e nessuno se ne preoccupa?

 

Stazione Duomo di Napoli 5

È manovalanza immediatamente reclutabile dalla delinquenza. Il crimine è figlio del disinteresse istituzionale. Questa è la terza città di uno dei sette Paesi più industrializzati del mondo. Ed è ancora più ignobile che in alcuni quartieri la polizia non entri senza permesso. Anche uno scrittore di narrativa popolare come me ha il dovere di mettere l'indice su ciò che non va».

 

Cosa intende per scrittore popolare?

manifestanti g20 napoli

«Cultura significa coltivazione. E la coltivazione dà luogo ad alimenti che vanno bene per tutti. Non esiste una cultura per pochi, di nicchia, e sempre di più la lettura è strumento necessario per l'esercizio dell'immaginazione. Davanti a uno schermo non siamo attivi ma passivi. Quando leggiamo un libro lo costruiamo. Un libro è al cinquanta per cento dello scrittore, al cinquanta per cento del lettore. Sciascia diceva che mentre un film è un film, chiunque lo veda rimane uguale, un libro diventa un libro nel momento in cui viene letto. Se non lo leggi il libro non è mai esistito».

 

napoli foto di mario de biasi

"Una sirena a settembre" è considerato il più napoletano dei suoi libri. Perché?

«Ho perso mia madre il 6 settembre dell'anno scorso. Mia madre era una di quelle donne meravigliose che esprimono il loro modo di amare attraverso due gesti ancestrali: fare da mangiare e raccontare storie. Con questo libro ho voluto immaginare una storia incentrata su una donna, più o meno misteriosa, all'origine della città di Napoli, la Sirena, che nutre raccontando storie e facendo da mangiare. È intimamente napoletano questo libro. Ed è ambientato nei Quartieri spagnoli, luogo simbolo del ventre materno».

 

La sua formidabile capacità di raccontare viene da sua madre, dunque?

«Ho una capacità di narrare largamente inferiore alla sua. Lei è stata una maestra elementare. La sua attitudine a parlare, a spiegare, a essere immaginifica era fantastica: raccontando storie faceva le facce, muoveva le mani, imitava le voci, ascoltarla era un teatro unipersonale straordinario. Lei viveva nel discorso diretto. Ho dedicato a lei questa storia perché ho ingoiato i racconti che mi dava. Era cibo anche quello, napoletano».

 

pastiera di napoli

Come arrivano a lei le storie che scrive?

«Prendo pezzi di realtà, frammenti, impressioni, una parola, una frase, una pagina di un libro, poi da lì tesso la mia ragnatela».

 

È metodico nella scrittura?

«Sufficientemente. Quando l'idea si è formata compio ricerche estremamente rigorose. Appena sono pronto scrivo per 8-10 ore al giorno. Giusto con gli intervalli necessari a prendere fiato. Scrivo da un minimo di dieci a un massimo di venti cartelle al giorno. E chiudo il libro entro un mese. Dal primo capitolo all'ultimo, senza tornare indietro».

 

Non torna indietro a rileggere ed eventualmente a modificare: è così sicuro da considerare la prima stesura definitiva?

«È un tributo alla verosimiglianza. Se incontri un personaggio biondo a pagina 3 non è che se dopo ti serve che sia bruno cambi: non puoi, è già successo. È il contrario della sicurezza. È totale delegazione alla storia». Sta dicendo che scrivere è trascrivere? «Io sono uno affacciato alla finestra che racconta a chi è dentro ciò che vede. Provo a interpretare, non posso cambiare».

 

MURALES NAPOLI CAMORRA

La Sirena lega i fili delle storie. E sovrappone gli strati sociali della città.

«Napoli ha un'area metropolitana di 3 milioni e mezzo di persone, il che implica situazioni diversissime. Ha un centro storico angusto, il più esteso d'Europa ma pieno e fitto, perché per i napoletani allontanarsi dal mare è sempre stata una sconfitta, quindi le periferie sono frutto di una deportazione e ciò spiega il degrado di gente che non si è mai riconosciuta cittadina di quel luogo.

 

Il centro della città prevede la coesistenza forzata di molti strati sociali: nello stesso condominio abitano persone estremamente diverse. Questo accade soltanto qui. La mescolanza, i confronti, i contrasti, generano storie. La convivenza è complicata, ma per un autore è l'avvio di storie di una bellezza senza uguali».

NAPOLI VORAGINE 9

 

Cosa può salvare una città come Napoli?

«La bellezza. E Napoli ne ha fin troppa. Questa bellezza fatalmente vincerà, nel senso che, col decadere di tutte le vocazioni industriali che non abbiamo mai avuto, rimarrà l'utilizzo della bellezza, che è in sé un'industria. Del resto, un'area di 50 chilometri che ha al suo interno Capua, Ischia, Capri, Procida, Positano, Amalfi, la reggia di Caserta, Ercolano e Pompei, i Campi Flegrei solo citando i dintorni, e poi una città antica quanto Roma, con dentro tutto e il contrario di tutto, è davvero un posto irrinunciabile».

 

NAPOLI - CODE DAVANTI ALLA CARITAS

Ma se la bellezza non è curata? Non crede che questa attrattività venga meno?

«È sempre più curata. Sono sempre di più i giovani che lavorano sul territorio, nel turismo, nell'enogastronomia. Credo che le cose stiano cambiando. Smartworking e e-commerce rappresenteranno opportunità nuove. Questa è la città di Elena Ferrante, Roberto Saviano, Valeria Parrella, Lorenzo Marone, Diego De Silva, Domenico Starnone, Patrizia Rinaldi, e potrei continuare con altri autori straordinari che vivono qui, e qui lavorano e sono tradotti all'estero e sono tra gli scrittori più venduti d'Italia...».

 

Eppure?

napoli ricorda maradona 5

«Eppure non c'è un'industria culturale che li promuova. E potrei dire la stessa cosa per la musica: manca la distribuzione. Siamo privi di una grande imprenditoria culturale».

 

Ma lei ha ancora fiducia nella politica?

«Ho una progressiva maggiore fiducia nella politica. Credo che oggi sia sempre più difficile fare brogli, rubare. Oggi il controllo è maggiore. Siamo alle porte dell'arrivo di un'enorme quantità di denaro. Io ricordo cosa successe dopo il terremoto, con i soldi in larga parte confluiti nelle casse della camorra. Oggi la politica ha maggiore trasparenza».

 

Napoli è alla vigilia delle elezioni comunali. Lei si è apertamente schierato.

«Ho dato il mio appoggio a Gaetano Manfredi, ex rettore dell'Università Federico II. Ma ci tengo a dire che tutti i candidati che si presentano a Napoli sono degni di fiducia, li conosco direttamente e nessuno di loro ha zone d'ombra. Però penso che Manfredi abbia più di altri una connessione istituzionale che in questo momento serve alla città».

 

traffico a napoli

I poveri e i nobili, i devoti a San Gennaro e gli scettici, i luoghi di una bellezza commovente e i più degradati. Ogni cosa e il suo opposto convivono a Napoli. C'è una peculiarità che accomuna tutti?

«Eduardo De Filippo diceva che in una giornata si deve piangere almeno una volta e ridere almeno una volta. Penso che questa sia una modalità tipica del nostro modo di raccontare: non troverai mai un libro così nero da non avere dentro un sorriso, né uno così comico da non avere dentro una lacrima. Perché entrambe le cose fanno parte della nostra vita: se non ho pianto o riso almeno una volta, che ho vissuto a fare la mia giornata?».

Borgo marinari Napoli