NON UN STINCO DI SINTO -  UN NOMADE 36ENNE SPOSA UNA 13ENNE E POI LA METTE INCINTA. MA PER LA FAMIGLIA DELLA GIOVANE "È NORMALE, SIAMO SINTI" – LUI E’ STATO CONDANNATO CON IL RITO ABBREVIATO A 5 ANNI PER ATTI SESSUALI CON UNA MINORENNE – LA MADRE DELLA RAGAZZINA: "ANCHE IO MI SONO SPOSATA PRESTO, AVEVO TREDICI ANNI E MEZZO…”

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Da leggo.it

 

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Lui 36 anni, lei 13. La sposa e poi la mette incinta. Ma per la famiglia della giovane "è normale, siamo Sinti". Come racconta Marco Aldighieri su Il Gazzettino, la vicenda è avvenuta a Vicenza. Protagonista è Luca Caari, un nomade 36enne con precedenti per furto, che dopo quasi un anno di convivenza con la sua sposa bambina l'ha messa incinta. La ragazzina ha portato avanti tutta la gravidanza, e lo scorso 16 novembre è nata una bambina, già data in adozione ad un'altra famiglia. Il Gup di Padova ieri mattina, 12 febbraio, ha condannato Caari con il rito abbreviato a 5 anni per atti sessuali con una minorenne.

 

 

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La giovane madre ora vive in una comunità protetta, ed è riuscita grazie al suo avvocato Erika Gaigher ad ottenere un risarcimento danni di 30mila euro. Le indagini, tuttavia, non sono ancora concluse. Inoltre, la madre della tredicenne ha protestato: "Voglio sapere dov'è mia figlia, ce l'hanno portata via senza dirci nulla. Lo so che è molto giovane, ma dovete capire che la nostra usanza è questa anche se la legge italiana è diversa. Per noi Sinti è normale. Devono riportarcela!"

 

Proprio a causa dei genitori sinti di lei le indagini proseguono. Gli atti sono stati trasferiti in Procura e i genitori della ragazzina sono accusati di atti sessuali con minorenne in concorso con il condannato Luca Caari. Gli inquirenti ipotizzano infatti che dietro il matrimonio ci sarebbe una compravendita. Ci sarebbe inoltre stato un rituale in riva al fiume Brenta per ufficializzare l'accordo. I genitori avrebbero quindi manipolato la figlia per venderla in cambio di denaro al condannato. In attesa del risultato delle indagini, i due devono anche affrontare un procedimento per la decadenza della responsabilità genitoriale.

 

Le indagini sono iniziate lo scorso ottobre, quando la ragazzina è andata all’ospedale di Cittadella nel reparto di Ginecologia e Ostetricia per alcuni controlli sulla sua gravidanza ormai in stato avanzato. Appena scoperta l'età della piccola, i medici hanno immediatamente allertato i Servizi sociali. Così la giovanissima mamma è finita in una struttura protetta, e lì ha raccontato la sua storia, il matrimonio e come è rimasta incinta.

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La prima denuncia per il 36enne è arrivata dai carabinieri di Rosà (Vicenza), che hanno poi trasferito gli atti ai colleghi di Cittadella (Padova). Quando il 16 novembre è nata la bambina, Caari ha ammesso la paternità di fronte agli assistenti sociali e agli inquirenti. E' inoltre emerso che la giovanissima madre è analfabeta, perché i suoi genitori non l’hanno mai mandata a scuola, perciò non sa scrivere né contare, e si esprime a fatica. Gli assistenti sociali hanno dichiarato che ha lo stato mentale di una bambina di 5 anni. La vicenda è ancora più agghiacciante se si conta che la ragazzina ha 10 fratelli e due sorelle che, come lei, sarebbero diventate madri ben prima di compiere la maggiore età.

 

Le dichiarazioni della madre della ragazzina, una 40enne, rendono l'idea del tipo di mentalità in cui ha vissuto questa famiglia. «Anche io mi sono sposata presto, avevo tredici anni e mezzo, e mio marito 22. Ho undici figli, il più grande è già sposato mentre il più piccolo ha un anno e mezzo, noi siamo abituati così. Mia figlia ha conosciuto il suo fidanzato che già conoscevamo anche noi. Il loro è amore, lui non le fa mancare nulla. Noi ci siamo assicurati che si vogliano bene e quando ci ha confermato che lo voleva sposare abbiamo acconsentito».

 

La famiglia allargata della 13enne si sposta lungo il fiume Brenta, vive di lavoretti saltuari e solidarietà, e per le loro usanze sposarsi e avere figli da minorenni rientra nella sfera della normalità. Per la legge italiana invece è l'esatto opposto. L'avvocato di Caari, Andrea Zambon del foro di Treviso, ha però dichiarato: «Non ci aspettavamo una condanna tanto dura e aspetterò le motivazioni della sentenza per capire. Ma è certo che presenterò ricorso in Appello». Il condannato per ora ha ricevuto la misura restrittiva del divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla  moglie minorenne. In questi mesi di indagini, non si è mai presentato in aula, ha rifiutato l'interrogatorio del Gip e non ha avuto più contatti con la famiglia della tredicenne.

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